-  Mazzon Riccardo  -  12/01/2016

DELAZIONE EREDITARIA: DIFFERENZE TRA MERO CHIAMATO ED EREDE A TUTTI GLI EFFETTI - Riccardo MAZZON

la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede

è, a tale effetto, necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione

quest'ultima può avvenire tramite una dichiarazione di volontà, per effetto di un comportamento obiettivamente acquiescente ovvero per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c.

Il chiamato all"eredità diviene erede a tutti gli effetti con l"acquisto vero e proprio dell"eredità medesima, acquisto che si ha con la c.d. accettazione – cfr., amplius, il capitolo terzo del volume "MANUALE PRATICO PER LA SUCCESSIONE EREDITARIA", Riccardo MAZZON 2015)-, con effetto, peraltro, che retroagisce, risalendo al momento nel quale si è aperta la successione (cfr. paragrafo 1.1., capitolo primo del volume citato).

Diverso, invece, il caso del legato (cfr., amplius, il capitolo quindicesimo del volume citato): ecco perché, ad esempio, il notaio che pubblica un testamento con legato immobiliare ha il duplice obbligo, civile e deontologico, di provvedere alla trascrizione, proprio in quanto il legato si acquista senza necessità di accettazione (mentre tale obbligo non sussiste, ovviamente, per il testamento con istituzione di erede "ex re certa", in quanto l'acquisto dell'immobile che il testatore ha incluso nella quota ereditaria richiede, per l"appunto, l'accettazione dell'istituito (così, recentemente, anche Cass. sez. II 25 febbraio 2014 n. 4485, GCM, 2014).

In effetti, la qualità ereditaria è consequenziale alla vocazione - testamentaria o legale - nella universalità dei beni o in una quota di essi; ciò in quanto tale vocazione, attualizzandosi, comporta la messa a disposizione, a favore del chiamato, di quella universalità o di quella quota ed è coeva al corrispondente momento, che è quello stesso dell'apertura della successione (cfr. il paragrafo 1.1. del volume "MANUALE PRATICO PER LA SUCCESSIONE EREDITARIA", Riccardo MAZZON 2015, nel senso che essa precede l'acquisto dell'eredità, che, avvenendo con l'accettazione di questa, perfeziona la successione ereditaria); così, ad esempio, l'acquisto di qualsivoglia titolo non può che ricollegarsi all'accettazione dell'eredità, dovendo essere riconosciuta, anche ad esempio

"in sede di voltura di precedente autorizzazione al commercio su aree pubbliche" (T.A.R. Genova sez. II 11 giugno 2010 n. 4491, FATAR, 2010, 6, 2008),

la possibilità, per il chiamato, di verificare la sussistenza di elementi positivi o negativi tali da indurlo a procedere - o meno - all'accettazione dell"eredità medesima.

In altri termini, in tema di successioni mortis causa, la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione: (1) mediante aditio – ossia una dichiarazione di volontà -, oppure (2) per effetto di pro herede gestio - ossia un comportamento obiettivamente acquiescente (a tal proposito, non sussiste, ad esempio, il difetto di legittimazione attiva del figlio che fa valere giudizialmente un credito del genitore defunto per il solo fatto che egli non se ne affermi anche erede, in quanto il chiamato all'eredità, qual è necessariamente il figlio del defunto ai sensi dell'art. 536 c.c., agendo giudizialmente nei confronti del debitore del de cuius per il pagamento di quanto dichiaratamente al medesimo dovuto, compie un atto che, nella consapevolezza della delazione dell'eredità, presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, così realizzando il paradigma normativo dell'accettazione tacita dell'eredità di cui all'art. 476 c.c.: Cass. sez. III 13 giugno 2008 n. 16002 GCM, 2008, 6, 943) -, oppure (3) per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c. (l'art. 485 c.c. contempla un'ipotesi di accettazione "ex lege" dell'eredità configurandosi come un'eccezione alla regola stabilita dagli art. 459 e 474 c.c., secondo la quale l'eredità si acquista con l'accettazione - espressa o tacita -; tale regola, infatti, subisce appunto l'eccezione prevista dall'art. 485 c.c., determinando, per il chiamato che è nel possesso dei beni ereditari, e che non ha ottemperato alla redazione dell'inventario nei termini, l'acquisto dell'eredità "ope legis" indipendentemente da ogni successiva rinuncia all'art. 519 c.c.; cfr., amplius, i capitoli terzo e quinto del presente lavoro, nonché Trib. Reggio Calabria 26 settembre 2003, GM, 2004, 1138).

Numerose le conseguenze: ad esempio, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità (Cass. sez. lav. 30 aprile 2010 n. 10525, GCM, 2010, 4, 640).

Ancora, sempre in ambito processuale, nel giudizio di appello relativo a cause inscindibili, qualora uno dei destinatari dell'impugnazione sia deceduto, è nulla la notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio effettuata in persona del chiamato all'eredità che non abbia assunto la qualità di erede - o vi abbia rinunciato prima della notifica stessa -, in quanto la legitimatio ad causam non si trasmette dal de cuius al chiamato all'eredità per effetto della semplice apertura della successione, ma soltanto a seguito dell'acquisto della qualità di erede,

"gravando su chi agisce in giudizio l'onere quanto meno di dedurre che tale acquisto si è verificato" (Cass. sez. I 12 settembre 2008 n. 23543, GCM, 2008, 9, 1349).

L"importanza dell"assunto descritto nel presente paragrafo è intuitiva; si pensi ad esempio, all"accertamento, da parte di una commissione tributaria, della qualità di eredi in alcuni soggetti, che, in quanto tali, siano da considerarsi legittimamente destinatari di un avviso di accertamento di redditi non dichiarati dal de cuius: in tal caso, la delazione ereditaria ed il possesso dei beni ereditari da parte del chiamato, pur non risultando sufficienti ai fini dell'acquisto della qualità di erede (in quanto la prima ne costituisce soltanto il presupposto, mentre il secondo non presuppone di per sé la volontà di accettare l'eredità), rappresentano tuttavia, secondo la Suprema Corte, circostanze valutabili - unitamente alla mancata redazione dell'inventario - ai fini dell'accertamento di un'eventuale accettazione ex lege, di cui sono

"elementi costitutivi, appunto, l'apertura della successione, la delazione ereditaria, il possesso dei beni ereditari e la mancata tempestiva redazione dell'inventario" (Cass. sez. trib. 19 luglio 2006 n. 16507 GCM, 2006, 7-8, 32).

Ulteriormente, con riferimento ad esempio all'onere di provare la proprietà del bene locato - gravante sul soggetto che agisce in giudizio in qualità di erede del locatore -, è stata dichiarata incensurabile la sentenza di merito che aveva accertato "che il cespite era pervenuto agli attori sulla base dei certificati integrali di famiglia e di copia della dichiarazione di successione presentata all'ufficio del registro competente con relativo albero genealogico", atteso che (1) i certificati di famiglia sono idonei a provare il grado di parentela tra il defunto e gli attori (fonte della successione legittima: cfr., amplius, il capitolo undicesimo del presente lavoro), mentre (2) la denunzia di successione, pur avendo finalità fiscali, è idonea a fornire elementi probatori sulla avvenuta successione (Cass. sez. III 12 luglio 2005 n. 14605, GCM, 2005, 7/8).

 




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