-  Barizza Matteo  -  12/04/2012

DEQUALIFICAZIONE DIPENDENTE PUBBLICO: SI AL DANNO ESISTENZIALE – Trib. Brindisi, 10.2.2012 – Matteo BARIZZA

La lavoratrice, dipendente pubblica, dopo essersi assentata dal posto di lavoro a seguito di una lunga malattia, lamentava di essere ritornata all'amministrazione di appartenenza, ma di aver subito un demansionamento ed una dequalificazione professionale che l'avevano costretta ad pensionamento anticipato e che le avevano provocato, a suo dire, un disturbo depressivo cronico comportante un'invalidità permanente del 10%, con conseguenti e connesse sofferenze psicofisiche e significative alterazioni delle abitudini e delle scelte di vita.

A seguito dell'illegittimo comportamento datoriale, infatti, la lavoratrice non aveva più guidato l'auto, non aveva più coltivato le vecchie amicizie, parlava solo di problemi di lavoro, rifiutando ogni altro tipo di dialogo.

Ella chiedeva, pertanto, che il Giudice del lavoro condannasse l'amministrazione di appartenenza al risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale subiti.

Il giudice del lavoro di Brindisi, istruita la causa, al fine di decidere sulle richieste risarcitorie avanzate dalla lavoratrice, ha dapprima valutato se il nuovo reparto di assegnazione fosse corrispondente alla professionalità acquisita, concludendo che, successivamente al rientro della ricorrente dal lungo periodo di malattia, fosse provato che le mansioni affidatele in concreto non corrispondessero a quelle assegnatele precedentemente.

Al fine del risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale lamentati dalla ricorrente, il tribunale ha, quindi, affermato, in consonanza con quanto statuito dalla S.C. con la sentenza n. 19785 del 17.9.2010, che in tema di demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo.

Il danno esistenziale, in particolare, prosegue il Tribunale, deve essere dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni.

A tal proposito, la prova testimoniale espletata ha permesso al giudice di accertare che effettivamente l'illegittimo comportamento datoriale era stato causa di importanti alterazioni nella sfera relazionale della lavoratrice: ella realmente non aveva più guidato l'autovettura, si faceva sempre accompagnare dal marito al lavoro, non coltivava più amicizie di alcun genere, era sempre taciturna ed introversa.

Quanto alla quantificazione di tale voce di danno, il tribunale di Brindisi giunge alla conclusione che la situazione di mortificazione e frustrazione in termini di disagio oggettivo che consegue all'inadempimento datoriale ben può essere "misurata" attendibilmente facendo riferimento alla retribuzione, quest'ultima essendo indice anche dell'apprezzamento della professionalità, in senso lato, del lavoratore, e non solo del "prezzo" della prestazione resa.

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Tribunale di Brindisi, sez. Lavoro, sentenza 10 febbraio 2012, n. 561
Giudice Raffaella Brocca

In fatto e in diritto




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