-  Mazzon Riccardo  -  22/12/2015

DILIGENZA E CORRETTEZZA NEL CONTRATTO: LAVORO SUBORDINATO E ATTIVITA' PROFESSIONALI - Riccardo MAZZON

tanto il debitore quanto il creditore debbono comportarsi secondo le regole della correttezza: entrambi devono usare la diligenza del buon padre di famiglia

nelle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale tale diligenza deve essere valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata

rapporto di lavoro subordinato e attività professionali

Così, lo svolgimento di altra attività lavorativa, da parte del dipendente assente per malattia, potrà giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici (cfr., amplius, "RISARCIMENTO DEL DANNO PER INADEMPIMENTO CONTRATTUALE", Riccardo Mazzon, Rimini 2014)

"obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà" (App. Roma, sez. lav., 27 marzo 2013, n. 2824, www.dejure.it);

sarà, ad esempio, legittimo il licenziamento intimato al dipendente che, durante l'assenza per malattia, svolga attività lavorativa di addetto al servizio ai tavoli e alla riscossione alla cassa presso un locale pubblico, in orario notturno; la circostanza può essere infatti, di per sé, sufficiente a far dubitare della stessa esistenza della malattia (o quanto meno di una sua gravità tale da impedire l'espletamento di un'attività lavorativa) ma, soprattutto, (detta circostanza) è stata comunque considerata, anche recentemente, dalla Suprema Corte indice di una scarsa attenzione del lavoratore alle esigenze di cura della propria salute e ai connessi doveri di non ostacolare o ritardare la guarigione,

"considerato anche l'impegno fisico richiesto dall'espletamento di tale attività" (Cass. Civ., sez. lav., 29 novembre 2012, n. 21253, GDir, 2013, 2, 73).

Quanto alle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, esse sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato e non a conseguirlo: ne deriva che l'inadempimento del professionista non può essere desunto, senz'altro, dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza, per la valutazione del quale trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale, fissato dall'art. 1176, comma 2, c.c., in quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata (Cass. Civ., sez. II, 16 novembre 2012, n. 20216, DeG, 2012); così, ad esempio, l'opera professionale del notaio non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell'atto, ma si estende alle attività preparatorie e successive, affinché sia assicurata la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto e del risultato pratico perseguito dalle parti: sulla base di tali considerazioni, in fattispecie relativa alla vendita di una casa, che si era poi scoperto oggetto di ipoteca, la Suprema Corte ha potuto conseguentemente chiarire come il notaio, quand'anche sia stato esonerato dalle visure - essendo comunque tenuto all'esecuzione del contratto di prestazione d'opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all'art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede -, qualora non osservi tali obblighi

"risponde ex contractu per inadempimento della obbligazione di prestazione di opera intellettuale" (Cass. Civ., sez. III, 19 giugno 2013, n. 15305, DeG, 2013).

Analogamente, la diligenza esigibile dal medico nell'adempimento della sua prestazione professionale, pur essendo quella "rafforzata" di cui al comma 2 dell'art. 1176 c.c., non è sempre la medesima, ma varia col variare del grado di specializzazione di cui sia in possesso il medico e del grado di efficienza della struttura in cui si trova ad operare: pertanto, dal medico di alta specializzazione ed inserito in una struttura di eccellenza è esigibile una diligenza più elevata di quella esigibile, dinanzi al medesimo caso clinico, da parte del medico

"con minore specializzazione od inserito in una struttura meno avanzata" (Cass. Civ., sez. III, 09/10/2012, n. 17143, Giardino e altro c. Gestione liquid. Usl n. 1 Ariano e altro, GCM, 2012, 10, 1190).




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