-  Mazzon Riccardo  -  30/05/2013

DISTANZE, CONFINI E POSSESSO: COSE FUORI COMMERCIO, COMPOSSESSO, SUCCESSIONE EREDITARIA E CONDOMINIO - RM

L'articolo 1145 del codice civile prevede, al primo comma, che il possesso delle cose di cui non si può acquistare la proprietà sia senza effetto.

Tuttavia, prosegue al secondo comma l'articolo in commento, nei rapporti tra privati è concessa l'azione di spoglio rispetto ai beni appartenenti al pubblico demanio e ai beni delle province e dei comuni soggetti al regime proprio del demanio pubblico; inoltre, precisa il terzo ed ultimo comma, qualora trattasi di esercizio di facoltà, le quali possono formare oggetto di concessione da parte della pubblica amministrazione, è data altresì l'azione di manutenzione:

"il possesso dei beni appartenenti al pubblico demanio e di quelli delle province e dei comuni soggetti al medesimo regime è tutelato in via eccezionale nonché per ragioni di ordine pubblico, nei rapporti tra privati, con l'azione di spoglio, quando sui beni stessi si esplichi un potere che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, mentre l'azione di manutenzione è data se si tratta di esercizio di facoltà, le quali possono formare oggetto di concessione da parte della p.a." Cassazione civile, sez. II, 30/05/1994, n. 5281 Crisci c. Trani e altro Foro it. 1995, I,1575 – conforme- Cassazione civile, sez. II, 05/03/1986, n. 1388 Pizzichemi c. Manti Mazzacuna Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 3 - vedi, amplius, IL POSSESSO - Usucapione, azioni di reintegrazione e di manutenzione, denuncia di nuova opera e di danno temuto-, Cedam, Padova 2011 -. 

L'art. 1145, comma 2, del codice civile, in particolare, non pone alcuna limitazione nel riconoscere l'azione di reintegrazione, nei rapporti fra privati, riguardo a beni demaniali, sicché:

  • non serve che l'esercizio del possesso corrisponda ad una situazione soggettiva individuale quale si rinviene nell'uso speciale o in quello eccezionale del bene demaniale;
  • non rileva che il godimento del bene sia esercitato in mancanza di un provvedimento amministrativo (concessorio o autorizzatorio);
  • occorre pur sempre che ricorrano, in concreto, gli estremi soggettivi, oggettivi e temporali, previsti in via generale dagli articoli 1168 e 1170 del codice civile e cioè che il possesso si manifesti in un'attività corrispondente all'esercizio di diritti reali, senza limitarsi all'uso comune, costituito soltanto dalla fruizione dell'interesse collettivo del bene stesso o della servitù di uso pubblico.

Le precisazioni sopra evidenziate implicano, in materia di azioni possessorie, il divenire, la questione in ordine alla natura demaniale o meno del bene, del tutto ininfluente sul "thema decidendum".

Parimenti, la natura demaniale del bene non influisce sulla giurisdizione, né attiene alla giurisdizione lo stabilire, in una controversia tra privati, se la situazione dedotta in giudizio dall'attore a fondamento della domanda sia protetta da una norma.

Invero,

"nella controversia possessoria fra privati, non può porsi un problema di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, con la conseguenziale inammissibilità del regolamento preventivo diretto a sollevare la relativa questione, nè per l'eventuale appartenenza al demanio pubblico del bene conteso, nè per il fatto che il convenuto abbia la qualità di concessionario di pubblico servizio, tenendo conto che, pure in queste ipotesi, la causa non coinvolge la pubblica amministrazione (della quale non fa parte detto concessionario, ancorché operi per interessi generali)" Cassazione civile, sez. un., 19/04/1990, n. 3269 Soc. cantiere navale Camogli c. Soc. SAV Giust. civ. Mass. 1990, fasc. 4 - Conforme - Cassazione civile, sez. un., 19/04/1990, n. 3270 Soc. cantiere navale Camogli c. Soc. SAV 1990 - cfr., amplius, "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto -.

Quanto affermato comporta, inoltre, l'inammissibilità della domanda di tutela cautelare atipica, con riguardo ai beni demaniali.

Il diritto del soggetto privato di adire il giudice ordinario, nei confronti di altro privato, per chiedere la tutela del proprio possesso su di un bene demaniale o assimilato, trova però limite nel divieto imposto al medesimo giudice di interferire sull'atto amministrativo; tale circostanza si verifica quando l'autore del lamentato attentato al possesso abbia agito in forza di poteri autoritativi delegatigli dalla p.a. e nella fedele esecuzione di disposizioni e provvedimenti da questa emanati.

La tutela possessoria ex articolo 1145 del codice civile si manifesta sovente in virtù del possesso esercitato su strade vicinali, specie a favore del c.d. "proprietario frontista"; ulteriormente, i principi testé evidenziati trovano opportuna applicazione in materia di estrazione e utilizzo di acque, nonché in ambito dei cc.dd. "terreni di riforma fondiaria".

Premesso che sulla medesima cosa possono coesistere più situazioni possessorie, nei confronti di più soggetti, anche in relazione ad attività corrispondenti all'esercizio di diritti diversi, è senz'altro possibile che uno spoglio venga commesso da uno dei compossessori nei confronti di altro compossessore, con ciò rendendo legittimo l'utilizzo, da parte del possessore spoliato, dell'azione di reintegrazione, secondo i canoni a ciò ordinariamente predisposti.

Variegata la casistica giurisprudenziale presente in materia, che va dall'utilizzo del sepolcro familiare al compossesso di veicolo, dal muro posto a confine

"il compossesso del muro posto oltre il confine (compossesso che non può essere presunto) può essere riconosciuto al proprietario del fondo sul quale esso non insiste solo quando quello dimostri d'averlo effettivamente posseduto e, nel caso in cui sia collocato a distanza del confine, quando dimostri, altresì, d'aver posseduto la porzione di fondo altrui compresa tra il proprio fondo ed il muro" Cassazione civile, sez. II, 21/11/2000, n. 15012 Marforio c. Zanetti Giust. civ. Mass. 2000, 2391

al socio di società (anche, eventualmente) di fatto.

Si è notato in argomento che:

  • la vendita di un bene, da parte del comproprietario-compossessore, in quanto traslativa dello ius possidendi, ma non necessariamente dello iuris possessionis, non è sufficiente ad integrare gli estremi dello spoglio in danno degli altri compossessori, ove non segua l'immissione di fatto dell'acquirente nel possesso del bene a lui venduto;
  • la recinzione di un fondo, da parte di taluni dei compossessori, attuata in modo tale da consentire agli altri compossessori il libero accesso al fondo medesimo (e quindi il libero esercizio del loro compossesso), non costituisce spoglio.

Come noto, il possesso del "de cuius" continua nell'erede, anche in mancanza di materiale apprensione del bene, sicché quest'ultimo, alla morte del possessore, è senz'altro legittimato a promuovere l'azione di reintegrazione.

Spesso, peraltro, le problematiche della successione s'intersecano con l'ambito del compossesso (cfr. paragrafo 10. del presente capitolo), in quanto il fenomeno successorio genera sovente una comunione ereditaria.

In tal frangente, ad esempio, è stato deciso esser

"legittimo l"esercizio dell"azione possessoria qualora uno di due eredi, alterando lo stato dei luoghi disposti secondo testamento, abbia chiuso con muro la porta di accesso dell"abitazione dell"altro erede, nonché abbia posto una barriera di mattoni attraverso il giardino comune. Pertanto colui che ha agito in violazione delle disposizioni testamentarie deve essere condannato alla rimozione delle opere e ad eseguire i necessari lavori di ripristino della situazione quo ante a regola d'arte" Tribunale Savona, 28/09/2006 - Redazione Giuffrè 2007.

Variegata, anche qui, risulta la casistica giurisprudenziale, che riconoscendo la legittimazione all'azione de quo a ciascun coerede singolarmente, precisa, in particolare, come la perdita del compossesso di un bene ereditario, da parte di un coerede non detentore, può verificarsi solo quando un altro coerede compia un atto diretto all'apprensione ed occupazione esclusiva del bene, idoneo a mutare l'originario compossesso in possesso esclusivo.

L'amministratore di un condominio è legittimato a proporre l'azione di reintegrazione, relativa a parti comuni dell'edificio, anche in assenza di qualsivoglia autorizzazione dell'assemblea, né l'assemblea medesima può escludere o limitare tale facoltà.

Anche ciascun condomino, peraltro, può intraprendere l'azione possessoria, alla stregua di ogni compossessore, qualora taluno abbia alterato lo stato di fatto o la destinazione della cosa comune, impedendo o restringendo il godimento, spettante a ciascun possessore pro indiviso, sulla cosa medesima, in modo da sottrarla alla sua specifica funzione.

Pacifico risultando che l'amministratore rappresenti anche passivamente il condomino, in ambito di azioni possessorie contro quest'ultimo proposte, v'è da osservare come l'azione di reintegrazione possa essere proposta anche personalmente nei confronti dell'amministratore medesimo, che agisca in esecuzione di delibere condominiali, quale autore materiale dello spoglio.

In tali frangenti, il condominio assume la veste di autore morale dello spoglio e l'eccezione di quest'ultimo, eventualmente convenuto in reintegrazione, che affermi la propria estraneità all'attività di spoglio posta in essere dall'amministratore, non attiene alla legittimazione passiva, ma alla identificazione del soggetto passivo del rapporto dedotto in giudizio e per ciò stesso al merito.

Intuitivamente, variegata risulta la giurisprudenza in materia, che spazia dall'efficacia della delibera assembleare all'edificazione di costruzione, antistante il condominio, che violi le distanze prescritte dalla legge;

"può essere validamente esercitata azione di manutenzione e reintegrazione da parte di un condominio in occasione della edificazione di una costruzione ad esso antistante che violi le distanze prescritte dalla legge. Tale azione è legittimamente esercitatile in caso di nuova costruzione, e non in caso di ricostruzione di un precedente manufatto, quest"ultimo è ravvisabile qualora un edificio preesistente sia venuto meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di "nuova costruzione"" Tribunale Savona, 23/09/2006 Moirano c. Poggi e altro Redazione Giuffrè 2007

dalla trasformazione dell'uso uti condominus in uso uti dominus alla chiusura a muratura di uno spazio assegnato a parcheggio.

Ulteriormente, particolarmente interessanti paiono, argomento, le pronunce rilasciate in ambito di apposizione di vetrina o mostra su muro perimetrale, chiusura continua dei cancelli d'accesso con consegna ai condomini del congegno elettronico di apertura, impedimento all'utilizzazione accessoria del muro perimetrale comune, trasformazione di una finestra, prospiciente sul cortile condominiale, in porta di accesso, con gradini e ballatoio,

"nel godimento della cosa comune è configurabile una posizione possessoria tutelabile con le azioni di reintegrazione e di manutenzione contro l'attività di compossessore comproprietario che sopprima il godimento medesimo ovvero ne turbi o renda più gravose le modalità di esercizio. (Nella specie, alla stregua del suesposto principio, il supremo collegio ha cassato la sentenza del giudice di appello che aveva escluso l'alterazione del godimento di un cortile comune, nella trasformazione operata da un condomino, di una finestra prospiciente sul cortile medesimo, in porta di accesso con gradini e ballatoio)" Cassazione civile, sez. II, 04/04/1979, n. 1951 Martina e altro c. Santoro Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 4

apertura praticata, dal proprietario esclusivo di un terreno con accesso diretto dalla strada, per accedere all'androne condominiale:

"l'androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., anche dei proprietari di locali terreni, che abbiano accesso direttamente alla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato come diviso in proprietà individuali, per piani o porzioni di piano, e rappresentano, inoltre, tramite indispensabile per il godimento e la conservazione, da parte od a vantaggio di detti soggetti, delle strutture di copertura, a tetto od a terrazza. È pertanto legittima, e non costituisce spoglio, l'apertura praticata dal proprietario esclusivo di un terreno con accesso diretto dalla strada, per accedere all'androne, in quanto diretto ad utilizzare una parte dell'edificio da ritenersi comune, senza pregiudizio per gli altri condomini" Cassazione civile, sez. II, 05/02/1979, n. 761 Cutinelli c. Marchitelli Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 2.

Ulteriormente, si segnalano interventi giurisprudenziali in ambito di sottrazione di parti comuni alla specifica funzione condominiale, lastrici solari, scale e pianerottoli, muri divisori, concrete modalità di godimento della cosa comune, canne fumarie, contatori d'energia elettrica, terrazzi a piano attico,

"qualora il proprietario esclusivo del terrazzo a piano attico di edificio condominiale agisca, in via possessoria, per denunciare che altro condomino, collocando una canna fumaria in aderenza al muro perimetrale e prolungandola oltre la ringhiera di detto terrazzo, ha arrecato pregiudizio al suo godimento di veduta, l'indagine sulla legittimità del fatto denunciato, nei limiti in cui sia consentita nel giudizio possessorio, va condotta con riferimento all'art. 907 c.c. (distanza delle costruzioni dalle vedute), non all'art. 1102 c.c. (uso della cosa comune ), tenuto conto che la suddetta domanda è rivolta a tutelare il possesso del singolo appartamento, non il compossesso di un bene condominiale" Cassazione civile, sez. II, 27/06/1985, n. 3859 Boscarino c. Fileccia Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 6

cortili interni, travi e muri a confine.

 




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