-  Mazzon Riccardo  -  02/11/2011

DOLO ALTERNATIVO, DOLO GENERICO E DOLO SPECIFICO - RM

Sussiste dolo alternativo allorquando un soggetto prevede, come conseguenza della sua azione od omissione, il verificarsi di due eventi e agisce non sapendo quale dei due si verificherà; in questo senso, si può dire che l’agente ha voluto entrambi gli eventi:
“Il dolo alternativo è contraddistinto dal fatto che il soggetto attivo prevede e vuole alternativamente, con scelta sostanzialmente equipollente, l'uno o l'altro degli eventi (nella specie morte o grave ferimento della vittima) ricollegabili alla sua condotta, con la conseguenza che esso ha natura di dolo diretto ed è compatibile con il tentativo. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto correttamente motivata l'ordinanza del giudice del riesame - confermativa della misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di tentato omicidio - la quale aveva ritenuto la sussistenza della volontà omicida evidenziando che la condotta dell'indagato, che aveva tentato di accoltellare al petto la vittima, era idonea a cagionare la morte del ragazzo e la volontà era alternativamente intesa a determinare tale evento o alternativamente un evento di gravi lesioni)”.
Cassazione penale , sez. V, 17 gennaio 2005, n. 6168 M. Cass. pen. 2006, 9 2848
Se alcuni classificano come autonoma questa forma di dolo, altri preferiscono evidenziare, invece, come la stessa altro non sia se non un riflesso del dolo diretto o del dolo eventuale, in situazioni nelle quali il soggetto si rappresenta, come conseguenza del suo agire, più eventi, tra loro incompatibili.
A ben vedere, il dolo alternativo può essere considerato semplicemente quale suppletiva caratterizzazione delle due predette forme di dolo; il soggetto, infatti, in alternativa fra loro, può rappresentarsi il verificarsi di due eventi come conseguenza certa (dolo diretto) o possibile (con relativa accettazione: dolo eventuale) della sua azione (cfr., amplius, "Il concorso di reati e il concorso di persone nel reato", Cedam 2011).
Il dolo generico consiste nella coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi del fatto illecito oggettivo e, per alcuni, offensivo:
“ai fini del concorso nella bancarotta fraudolenta per distrazione, non è necessario il previo concerto dell'extraneus con l'amministratore della società fallita, essendo sufficiente il dolo generico. (Fattispecie in tema di concorso nel reato dell'amministratore di società che aveva acquistato beni della società fallita, non corrispondendo il relativo prezzo)”
Cassazione penale, sez. V, 06 maggio 2008, n. 34584 C. CED Cass. pen. 2008, 241350 Cass. pen. 2009, 11 4416 Vedi anche: Cass. pen., sez. V, 9 marzo 1999 n. 4424, Cass. pen., sez. V, 23 ottobre 1996 n. 10941 Massima in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il reato di bancarotta fraudolenta richiede il dolo generico, con conseguente sufficienza, anche in capo all'extraneus, della consapevolezza di partecipare con la propria condotta alla sottrazione di un bene appartenente al patrimonio del fallito, non occorrendo anche la finalità di arrecare pregiudizio ai creditori. Per un'applicazione in fattispecie similare v. Sez. V, 23 ottobre 1996, n. 10941, Sessegolo, in questa rivista, 1999, p. 650, nonché Sez. V, 22 aprile 2004, n. 23675, Bertuccio, in C.E.D. Cass., n. 228905, che ha ravvisato il concorso dell'extraneus anche nell'ipotesi del terzo che riceva regalie per somme non indifferenti dall'imprenditore o dall'amministratore di una società, qualora intervenga il fallimento degli stessi e fosse noto al terzo lo stato di decozione dell'imprenditore. Sulle problematiche inerenti l'elemento soggettivo nel reato di bancarotta fraudolenta v. PEDRAZZI-SGUBBI, Reati commessi dal fallito, (artt. 216-227), in Commentario alla legge fallimentare, a cura di Galgano, Zanichelli, 1995, p. 76
“il delitto di estorsione è a dolo generico, in quanto il procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno non rappresenta semplicemente lo scopo in vista del quale il colpevole si determina al comportamento criminoso, ma un elemento della fattispecie oggettiva. È, dunque, necessaria la coscienza dell’agente che quanto egli pretende non gli sia dovuto”.
Tribunale Palermo, sez. V, 11 dicembre 2006, n. 3520 - Il merito 2008, 1-2 69 (SOLO MASSIMA)
Il dolo specifico, invece, secondo la definizione corrente, sussiste quando la norma, che prevede la fattispecie d’illecito, esige che il soggetto agisca per un fine particolare, la realizzazione del quale non è, peraltro, necessaria per la consumazione dell’illecito medesimo:
“in via generale, l'illiceità dell'intesa consiste nella mera condotta volta al coordinamento delle politiche di prezzo ed affinché la fattispecie venga in essere è sufficiente che sia voluto il fatto descritto nella norma, c.d. dolo generico, senza alcuna necessità che il soggetto abbia agito per un fine particolare, la cui realizzazione non è richiesta per l'esistenza dell'illecito, vale a dire per un fine che sta al di là e, quindi, fuori dal fatto costituente l'illecito, c.d. dolo specifico (nel caso di specie, è stato ravvisato anche il c.d. dolo specifico in quanto, attraverso la rigidità dei prezzi verso il basso ed il conseguente mantenimento del loro livello medio su valori molto superiori a quelli europei, le imprese, oltre a porre in essere volontariamente le condotte parallele, hanno verosimilmente voluto rinunciare ad una effettiva concorrenza basata sul fattore prezzo o quantomeno limitare la stessa; inoltre, si è concretamente realizzato anche l'effetto dell'intesa, atteso il costante mantenimento dei prezzi di cessione e, quindi, anche dei prezzi praticati al consumatore finale a livelli notevolmente superiori a quelli prevalenti negli altri Paesi europei)”.
T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 ottobre 2006, n. 9878 Soc. Milte Italia e altro c. Autorità garante concorrenza e mercato e altro Foro amm. TAR 2006, 10 3211
Così, affinché si configuri il delitto di furto (art. 624 del codice penale), è necessario che l’agente, oltre a volere l’impossessamento mediante sottrazione di una cosa altrui, persegua l’ulteriore scopo di trarne profitto, senza che risulti necessario che il profitto venga effettivamente ottenuto:
“il concetto di profitto, in tema di furto, va inteso in senso ampio, così da comprendervi non solo il vantaggio di natura puramente economica, ma anche quello di natura non patrimoniale, realizzabile con l'impossessamento della cosa mobile altrui commesso con coscienza e volontà in danno della persona offesa. Risponde pertanto di furto l'agente che sottragga una cosa mobile altrui al solo fine di far dispetto al suo detentore”.
Cassazione penale , sez. II, 06 marzo 1978 Sessa Cass. pen. 1979, 820 Giust. pen. 1979, II,95 (s.m.)
Ulteriormente, nel delitto di rapina
“il dolo tipico del reato di rapina consiste nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola al detentore, accompagnata dalla coscienza e volontà di adoperare a tale scopo violenza e minaccia e dal fine (dolo specifico) di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto”
Tribunale Palermo, sez. V, 02 ottobre 2006, n. 2476 - Il merito 2007, 11 74 (SOLO MASSIMA)
e in quello di ricettazione:
“la differenza tra il reato di favoreggiamento reale e quello di ricettazione è data dal dolo specifico necessario a dar vita a questa ultima previsione e consistente nel fine di assicurare a sè o ad altri un ingiusto profitto”.
Cassazione penale, sez. II, 20 giugno 1983 Orlandi Giust. pen. 1984, II,360 (s.m.)
La dottrina più recente, rilevando che caratteristica del dolo specifico è la presenza di un elemento meramente subiettivo, privo pertanto di riscontro oggettivo, evidenzia il pericolo di un eccessivo sbilanciamento in chiave soggettiva della struttura dell’illecito, sia quando la presenza di tale elemento renda illeciti dei fatti dei per sé leciti, sia quando comporti un sensibile incremento dei livelli sanzionatori.
Per tale ragione, non pochi autori tendono a ricercare un collegamento più intenso tra fatto-base e dolo specifico, specie esigendo la idoneità del fatto base rispetto al raggiungimento del risultato finale, con conseguente impiego della disposizione sul reato impossibile – articolo 49 del codice penale - allorquando tale obiettivo risulti in concreto irrealizzabile (ad esempio, nel caso di distruzione di cosa propria al fine di conseguire il prezzo di un’assicurazione, quando il relativo contratto non è più valido perché scaduto).




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