-  Rega Ilaria  -  22/07/2012

DONNE E LAVORO: LE PARI OPPORTUNITA' MAI RAGGIUNTE - Ilaria REGA

Secondo una recente indagine svolta dal Pew Research Center di New York, dal 2009 ad oggi, in America gli uomini si sono aggiudicati l' 80 per cento dei 2,6 milioni di posti creati, tendenza confermata anche nell'anno in corso con un 61 per cento. In sintesi negli ultimi tre anni gli uomini hanno raggiunto 768 mila impieghi e le donne ne hanno perduti 218 mila, anche se il tasso di disoccupazione maschile è di un punto percentuale maggiore a quello femminile e il 56 per cento dei disoccupati siano uomini. L'indagine inoltre evidenzia la maggior velocità degli uomini nel ricollocarsi rispetto alle donne, dovuta soprattutto ad una maggior "flessibilità" degli uomini ad adattarsi a nuove situazioni lavorative. Adriana Kugler, capo economista del Dipartimento del Lavoro, spiega al «Los Angeles Times» che «la differenza di uomini e donne davanti alla crisi è che i primi si stanno dimostrando più disposti ad adattarsi a nuovi lavori mentre le donne sono meno duttili».

Le associazioni per i diritti civili obiettano che tali numeri hanno in realtà un'altra spiegazione: la discriminazione fra sessi avviene perché ad assumere sono spesso manager uomini. Tuttavia nell'ultimo anno la commissione federale «Pari Opportunità» ha ricevuto il maggior numero di denunce per «discriminazione sulla base del sesso» da dipendenti uomini nei confronti di manager donne.

In Italia la situazione che dipinge il Censis per le donne ha tinte fosche, il 2011 si è chiuso con la conferma che per occupazione, retribuzione e condizione femminile, in Europa, siamo il fanalino di coda. Lo dice l'Eurostat: il tasso di donne occupate è tra i più bassi dell'Unione. E peggio di noi fa solo Malta.

Secondo l'ufficio statistico Ue, il tasso di occupazione delle donne senza figli in Italia tra i 25 e i 54 anni, è pari al 63,9%. La situazione peggiora se "si parla di giovani e donne", e se il dato anagrafico viene geo-localizzato al Sud e nelle isole. Secondo ricorda l'Istat: al Sud addirittura il 39% delle ragazze è in cerca di occupazione. Anche la Grecia è sopra di noi. In Italia il totale della disoccupazione del primo semestre dello scorso anno è dell'8,2%: 7% per gli uomini, 9% per le donne. Una donna in Italia continua a prendere 1/5 in meno rispetto a un uomo, anche in casi di ruoli analoghi. "Dipende dai contratti", dice Carla Collicelli, direttrice del Censis. "Per quelli che prevedono emolumenti aggiuntivi la paga di base non può cambiare, ma assegni, progressione di carriera, promozioni e scatti interni sì".

Secondo l'Istat, inoltre, l'assenza di servizi di supporto nelle attività di cura costituisce un ostacolo per l'ingresso nel mercato del lavoro di 489mila donne non occupate. In Italia viene destinato solo l'1,4% del Pil a contributi, servizi e detrazioni fiscali per le famiglie: dato ben più basso rispetto a quell'1,8% destinato in ambito Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nei paesi a bassa fertilità.
Altro punto dolente per le donne sono i contratti atipici, infatti chi va in maternità difficilmente ritorna al posto di lavoro lasciato prima del lieto evento , oggi la donna con contratto atipico si trova in una condizione in cui sa che se si allontanerà per maternità difficilmente potrà riprendere il proprio posto in seguito. In paesi come ed esempio il Belgio, la presenza di molte scuole materne permette all'occupazione femminile di rimanere invariata in caso di uno o due figli. Lì dove si decide, nei CdA, ancora oggi in Italia, sono tutti uomini e nella maggior parte dei casi anche in età avanzata. Se lo stato non troverà dei correttivi per questa situazione, a breve, neanche le quote rosa potranno salvare le donne da un esclusione quasi totale dal mondo del lavoro.




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