Letteratura  -  Redazione P&D  -  18/09/2022

Doppia trappola mortale - Massimo Paradiso

Il giorno seguente sembrò non arrivare mai, tanta era l’attesa che si era creata e la partecipazione emotiva alla sorte dei due giovani. Era presente la madre, felice in volto che pareva una Pasqua, ma al contempo affannata non meno del giorno precedente. 

Anche stavolta la domma s’inginocchiò e non la finiva più di ringraziare e di benedire il nostro buon Sancho: il figlio più giovane s’era salvato proprio seguendo il suggerimento dell’Eccellentissimo e Illustrissimo Signor Governatore. Aggiungeva anzi che anche il duca si era rallegrato e gli mandava le sue felicitazioni per il saggio consiglio; inoltre, per dimostrare il suo apprezzamento, offriva ora la possibilità di salvare anche l’altro giovane. Però, c’era un però, aggiunse scura in volto: «Stavolta, mio figlio avrà a disposizione solo una domanda! Il duca assicura che l’arcano ha una soluzione e che la rivelerà lui se non vi riesce il giudice qui presente o qualcun altro». 

L’uditorio si divise tra quelli che si rallegravano per la salvezza del ragazzo e quelli preoccupati per la sorte del fratello, considerata la difficoltà del rompicapo. Anche Sancho rimase impressionato: per il modo in cui l’enigma era stato proposto, si trattava di un guanto di sfida e il buon uomo era in ambasce, sapendo che avrebbe perduto comunque. Se non avesse risolto il mistero, sarebbe caduto nella considerazione dei tanti che ieri lo applaudivano perché la gente è così: ti esalta quando hai successo, ma è forse ancor più contenta quando può trascinarti giù dal piedistallo su cui ti ha collocato. Se invece fosse riuscito a sciogliere l’arcano, il duca avrebbe perso la sfida, e si sa come sono i potenti: non amano perdere, tanto più poi se ad opera di un bifolco come lui. Combattuto tra questi pensieri, e con gran timore, il buon Sancho dichiarò che, essendo il caso astruso e inusitato, la “corte” si aggiornava all’indomani per aver agio di riflettere con calma [non usò proprio queste parole, ma così recita il documento in cui sono riportati gli avvenimenti]. Si ritirò dunque nella stanza in cui aveva già risolto il quesito precedente, ma stavolta senza la sua Dama, e dopo un’abbondante cena cominciò a riflettere. 

Dopo un paio d’ore, non avendo cavato un ragno dal buco, cominciò a considerare se per caso non gli convenisse darsela a gambe: ma si avvide ben presto che le guardie poste fuori della porta, se pur avevano l’officio di tener lontani gl’importuni, certo garantivano anche ch’egli non se la svignasse alla chetichella. Dunque, non avrebbe neanche potuto chiedere ausilio al suo buon signore, il valente don Chisciotte, il cui consiglio – di abbandonare il rigore e appigliarsi alla misericordia – già gli era stato utile ma, almeno nella presente circostanza, avrebbe piuttosto dovuto proporlo al duca... Si rassegnò dunque e tornò a riflettere sul caso che aveva già risoluto. Andò poi a letto con un gran mal di capo, si raccomandò a san Giuseppe e formulò un fermo proponimento: appena possibile, avrebbe abbandonato il governatorato dell’isola che tanti grattacapi gli procurava. Quando si alzò, gli venne in mente la soluzione del quesito.

Il giorno successivo l’aula d’udienza era piena ma stranamente silenziosa: sconfortati per non aver saputo sciogliere il busillis, temevano che il quesito sopravanzasse anche le forze del pur capace governatore. La stessa madre, che certo doveva esser contenta per la salvezza del figlio minore, era consunta dalle lacrime per il pericolo che sovrastava il maggiore. Ma è così che suole avvenire in questi casi: ottenuta una grazia difficile, più che rallegrarci per essa, ci affanniamo per quella che ci manca. 

Il Governatore, rimanendo seduto, parlò con voce pacata: «Nel caso che abbiamo risolto ieri l’altro, la soluzione del nodo è venuta dal fatto che, prima di chiedere a un carceriere qual fosse la via di salvezza, abbiamo posto una domanda al compagno. E questo ci ha consentito di individuare chi fosse il mentitore e chi il verace tra i due: ed è stata questa la domanda importante, la domanda decisiva, quella che ci ha fatto uscire dal dubbio. Oggi non è possibile procedere allo stesso modo, avendo a disposizione una sola domanda. Ma anche così è possibile investigare chi tra i due dice la verità e chi mente. Dico meglio: anche oggi non dobbiamo domandare direttamente qual sia la via di salvezza, ma dobbiamo aggirare l’ostacolo scoprendolo in modo indiretto». 

* * *

A questo punto, il documento sulla cui scorta sono tracciate queste righe, interrompe il corso della narrazione, così palesando che non si trattava di un mero “verbale d’udienza”, come diremmo noi oggi. Il documento infatti pone una domanda direttamente al lettore: caro lettore, hai già risolto l’enigma o magari come il buon Sancho vuoi dormirci sopra perché, si sa, la notte porta consiglio? Se c’è riuscito lo scudiero di don Chisciotte, puoi riuscirci anche tu, viste le indicazioni che ti abbiamo fornito, a meno che non te lo vieti la pigrizia!

* * *

«In breve, si deve far così – riprese Sancho rivolgendosi alla donna –. Tuo figlio ponga a uno dei carcerieri questa precisa domanda: “Come mi risponderebbe il tuo compagno di guardia se gli chiedessi la via della libertà?”. Se la domanda è stata rivolta al menzognero, questi, mentendo, indicherà la porta sbagliata. Se invece ha interrogato il veritiero costui, dicendo il vero, indicherà anch’egli la porta sbagliata, perché così avrebbe fatto il compagno. Ecco perciò che in entrambi i casi basterà scegliere l’altra porta per avviarsi alla libertà». 

Sancho Panza tirò un sospiro di sollievo, la donna si precipitò a baciargli i piedi, la folla in tripudio lo portò in trionfo: sia perché ormai parteggiava per il suo buon Governatore, sia perché è bello sentirsi dalla parte giusta e partecipare alla vittoria, pur se si è rimasti a casa, seduti accanto al caminetto.

Brano tratto da

“Chiedo giustizia, Eccellenza..." Resoconto esattissimo delle udienze di giustizia tenute da S.E. don Sancho Panza Governatore dell’isola di Baratteria




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