-  Lucenti Luca  -  16/01/2014

ERA SOLO UN GATTO…: L'ARDUO ITER GIURISPRUDENZIALE DELLANIMALE DAFFEZIONE (E DEGLI UMANI) - L. LUCENTI

SOMMARIO

1. Premessa: l"importanza di definire l"animale d"affezione

2. Il quadro normativo europeo

2.1. La Dichiarazione universale dei diritti degli animali proclamata a Parigi dall"UNESCO il 15/10/1978

2.2. Segue: la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia sottoscritta a Strasburgo il 13/11/1987

2.3. Segue: il Trattato di Lisbona del 13/12/2007

3. Il quadro normativo nazionale

3.1. La legge quadro in materia di animali d"affezione del 1991

3.2. La legge in materia di maltrattamento di animali del 2004

3.3. La legge del 2010 in ratifica della Convenzione di Strasburgo del 1987

3.4. La riforma del condominio del 2012

4. Una possibile definizione di animale d"affezione (fermo il diritto dell"animale a rimanere tale)

4.1. La definizione di animale d"affezione

4.2. Il diritto dell"animale a rimanere tale

5. Il risarcimento del danno da lesione del rapporto tra uomo ed animale d"affezione: il pregiudizio patrimoniale e quello non patrimoniale

5.1. Il pregiudizio patrimoniale

5.2. Il pregiudizio non patrimoniale

5.3. L"esigenza di un approccio pragmatico

5.4. Verifica giurisprudenziale della tesi sostenuta

6. La posizione di chiusura della giurisprudenza di legittimità in tema di morte dell"animale di affezione

6.1. La morte del cavallo: Cass. Civ., Sez. III, 27/06/2007, n. 14846

6.2. Errato taglio di capelli = maltrattamento d"animali: l"inspiegabile equazione delle SS.UU. di San Martino 2008

6.3. Breve commento dell"indirizzo di legittimità appena esaminato

7. La posizione della giurisprudenza di merito

7.1. L"indirizzo conforme a quello di legittimità: Trib. Milano 20/07/2010 e Trib. S. Angelo Dei Lombardi 12/01/2011

7.2. La risarcibilità della lesione del rapporto uomo-animale d"affezione nell"ottica del diritto di proprietà: Trib. Monopoli (Bari), 22/11/2011

7.3. Segue: la risarcibilità nell"ottica dell"art. 2 Cost.: Trib. Rovereto 18/10/2009 e Trib. Reggio Calabria 06/06/2013

8. Oltre il risarcimento del danno: il ruolo dell"animale d"affezione nell"amministrazione di sostegno e nella separazione tra i coniugi

8.1. Animale d"affezione e amministrazione di sostegno: Trib. Varese, decreto 07/12/2011

8.2. Animale d"affezione e separazione tra i coniugi: Trib. Milano, 13/03/2013

**************

1. Premessa: l"importanza di definire l"animale d"affezione

Nel trattare l"argomento della giurisprudenza in tema di risarcimento danni da lesione del rapporto tra uomo ed animale d"affezione (fattispecie normalmente identificata con quella della sola morte dell"animale in questione, ma in realtà più ampia) salta subito all"occhio un aspetto di metodo: la maggioranza dei precedenti in materia si concentrano su di un oggetto – "l"animale d"affezione", appunto – non previamente definito.

E, invece, un problema definitorio sussiste, posto che la nozione di "animale d"affezione" appartiene al novero di quelle ad elevato contenuto etico, come tali suscettibili delle più disparate interpretazioni in funzione delle sensibilità di coloro che di volta in volta si trovano ad occuparsene.

Così: è animale d"affezione solo il cane, il gatto o il canarino? O lo sono anche la tartaruga, l"iguana, il furetto, il boa? E il cavallo, magari utilizzato anche a fini sportivi? E il cane pregiato, stallone da monta? E l"agnellino che il bimbo cresciuto in fattoria accudisce amorevolmente sino a quando, approssimandosi le festività pasquali, non prevalgano ragioni economiche e/o di pura catena alimentare? E via esemplificando.

Anche in un"ottica propriamente giuridica, poi, la questione definitoria in esame non è affatto di secondaria importanza, ma ha risvolti precisi, soprattutto in ambito risarcitorio, che è quello che qui principalmente interessa.

Prendiamo il caso di un soggetto che, alla guida di un"auto, investa un cane di razza pregiata, utilizzato dal proprietario in competizioni agonistiche, nonché a fini riproduttivi, con guadagni anche ragguardevoli, ma al tempo stesso da egli amatissimo. Il proprietario in questione lo impiega, sì, in gare prestigiose e lo applica come esemplare da monta, ma al tempo stesso si preoccupa per lui, lo circonda di affetto ed attenzione, ne cura personalmente e quotidianamente la pulizia e l"alimentazione; lo porta con sé più o meno ovunque vada, controlla con attenzione gli ambienti in cui l"animale si trova ad alloggiare anche quando fuori casa; gli garantisce cure mediche idonee se necessario. In altre parole, non si limita a lavorare con lui (o tramite lui), ma vive con lui e, a tale scopo, gli appresta presso la propria abitazione una situazione consona alle esigenze tipiche dell"animale stesso.

La domanda, in casi come questi, è: ci si trova di fronte ad un animale destinato a procurare il solo profitto del suo proprietario (cioè, in definitiva, ad una cosa mobile, ancorché dotata del soffio vitale e come tale da trattarsi secondo uno statuto di tutele piuttosto preciso), oppure l"intenso rapporto affettivo uomo-animale che caratterizza la fattispecie finisce con il colorarla con tratti ulteriori rispetto al solo dato meramente patrimoniale?

E, conseguentemente, se l"investitore dell"esempio dovesse cagionare la morte o una grave lesione del cane in questione, egli potrebbe essere esposto al risarcimento del solo danno patrimoniale (valore del cane, costo delle cure inutili, perdita di potenziali premi ed ingaggi per monte etc.), oppure si troverà a dover fronteggiare anche richieste di natura non patrimoniale, di tipo morale/esistenziale (categorie la cui esistenza è stata ribadita, da ultimo, da Cass. Civ., Sez. III, 11/10/2013, n. 23147)?

In altre parole, dunque, fermo il fatto che a tutti gli animali sono riconosciuti diritti giuridicamente tutelati (v. par. 2 e 3), la particolare qualifica di un determinato animale in termini di "animale d"affezione" pone all"interprete una serie di problemi specifici, il primo dei quali è proprio quello di definire tale categoria.

Il che coinvolge aspetti filosofici, biologici, bioetici, i quali, pur costituendo lo sfondo imprescindibile di un argomento come il presente, non potranno qui neppure essere accennati, posto che i limiti di questo contributo sono di natura essenzialmente giuridica. Dunque, nel tentativo di definire una nozione di animale d"affezione sotto un tale profilo, si comincerà con l"esaminare le principali fonti normative in materia.

2. Il quadro normativo europeo

Le norme più significative in materia di animali in genere e, in particolare, di animali d"affezione, si rinvengono, anzitutto, a livello europeo.

2.1. La Dichiarazione universale dei diritti degli animali proclamata a Parigi dall"UNESCO il 15/10/1978

In tale sede, il primo atto di rilievo che si incontra è rappresentato dalla Dichiarazione universale dei diritti degli animali, firmata a Parigi presso l"Unesco, il 15/10/1978 (d"ora innanzi Dich. Universale 1978).

Tale documento, dopo aver proclamato in modo sintetico, ma chiarissimo, una serie di diritti di tutti gli animali (quali il diritto ad una esistenza dignitosa, a non essere sottoposti a maltrattamenti ed a vivere in modo consono alle proprie attitudini) aggiunge: «ogni animale che l'uomo ha scelto per compagno ha diritto ad una durata della vita conforme alla sua naturale longevità» (art. 6, lett. A, Dich. Universale 1978).

In questa breve frase e, in particolare, nelle parole «ogni animale che l"uomo ha scelto per compagno», risiede la base fondamentale della definizione dell"animale d"affezione, quantomeno nel senso in cui la si intende ai fini del presente lavoro: un essere vivente ("senziente", dirà, nell"anno 2007, il Trattato di Lisbona, su cui v. il par. 2.3) destinato, cioè, ad essere non una cosa posseduta dall"uomo ed a questi tuttalpiù utile come strumento di lavoro o mezzo di nutrimento, ma a divenire il co-protagonista di un rapporto di natura propriamente affettiva con l"essere umano, tendenzialmente destinato a protrarsi per l"intera durata delle vita.

2.2. Segue: la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia sottoscritta a Strasburgo il 13/11/1987

Qualche anno dopo, il 13/11/1987, un ulteriore passo avanti fu fatto attraverso la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia (di qui in poi Conv. Protezione 1987), di cui l"Italia fu uno dei primi firmatari (per poi però attuarla, come vedremo, con oltre vent"anni anni di ritardo).

La convenzione in questione, dopo aver affermato «l'importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società», definisce tale genere di animale come «ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall'uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia» (art. 1 Conv. Protezione 1987, la quale, peraltro – si prenda ad es. l"art. 5 in tema di animali da compagnia utilizzati a fini riproduttivi – non esclude anche venature diverse del rapporto, di tipo economico/patrimoniale).

Un tale genere di animale, secondo l"articolato normativo in esame, presenta alcuni diritti fondamentali, tra cui il diritto a non subire inutilmente «dolori, sofferenze o angosce» e quello a non essere abbandonato (art. 3 Conv. Protezione 1987). Al tempo stesso, la persona che se ne occupi è considerata «responsabile della sua salute e del suo benessere» (art. 4, 1° co., Conv. Protezione 1987), dovendo all"uopo fornire all"animale-compagno, oltre al sostentamento, anche «cure e attenzione» (art. 4, 2° co., Conv. Protezione 1987).

Salute, benessere, cura, attenzione, diritto all"ospitalità ed al mantenimento, diritto ad un"esistenza serena: si tratta di termini importanti sotto un profilo interpretativo, che hanno l"effetto di rendere l"animale d"affezione (ma anche l"animale tout court) un vero e proprio soggetto giuridicamente rilevante.

2.3. Segue: il Trattato di Lisbona del 13/12/2007

L"ultimo dato normativo europeo cui, in questa sintesi riepilogativa, è necessario accennare è il Trattato di Lisbona (che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea del 13/12/2007). Tale trattato, come noto, ha significativamente definito gli animali in termini di «esseri senzienti» (art. 13 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), così completando il quadro sopra delineato attraverso l"attribuzione a tutti gli animali, compresi quelli "d"affezione", della capacità di "sentire": caratteristica, quest"ultima, che li differenzia definitivamente sotto un profilo giuridico dalle mere cose mobili, cui spesso sono stati, implicitamente od esplicitamente, equiparati.

Alla luce di quanto sopra, dunque, anche il particolare legame tra uomo ed "animale d"affezione" evolve da una prospettiva tendenzialmente unilaterale, quale rapporto tra proprietario e res, ad una più complessa considerazione biunivoca della relazione uomo animale, dove il flusso di affetto, collaborazione, ausilio, che ivi si verifica è reciprocamente rilevante ed ove, dunque, entrambi i membri del rapporto, pur con le loro specificità,  sono attivamente soggetti e partecipi.

3. Il quadro normativo nazionale

Anche in ambito nazionale, non sono mancati interventi normativi di rilievo sul tema in esame, peraltro inquadrabili in una corrente culturale progressivamente sempre più attenta alla complessità del delicato rapporto tra uomo e animali (a titolo esemplificativo si ricorda, per la significatività dell"intervento, una citazione di Papa Giovanni Paolo II, risalente al 1990, secondo cui «c"è nell"uomo un soffio, uno spirito che assomiglia al soffio ed allo Spirito di Dio. Gli animali non ne sono privi»).

3.1. La legge quadro in materia di animali d"affezione del 1991

Tra gli elementi significativi di tale sviluppo normativo, si veda, anzitutto, l"art. 1 della L. 14/08/1991, n. 281 (legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, cui ha fatto seguito una significativa normativa anche di livello regionale), secondo cui «lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente».

3.2. La legge in materia di maltrattamento di animali del 2004

Si rammenti, poi, la L. 20/07/2004, n. 189 (disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate), che ha introdotto nel c.p. il Titolo IX-Bis, significativamente intitolato «dei delitti contro il sentimento per gli animali» ed ha previsto, altresì, le fattispecie criminose di uccisione e maltrattamento di animali (artt. 544-bis e 544-ter. c.p.), oltre ad una nutrita serie di significative ulteriori norme in materia.

3.3.La legge del 2010 in ratifica della Convenzione di Strasburgo del 1987

Alla legge sul maltrattamento degli animali appena citata, fece indi seguito la L. 04/11/2010 n. 201, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, provvedimento normativo che, pur con oltre vent"anni di ritardo rispetto alla sottoscrizione della Convenzione citata al par. 2.2 (del 13/11/1987), le diede infine attuazione, intervenendo ulteriormente sulla disciplina penale ed amministrativa della materia in esame.

L"analisi articolata della normativa sopra richiamata esula dagli scopi di questo articolo, ma se ne è voluta comunque evidenziare la forte valenza interpretativa nel senso evolutivo che si è sopra delineato.

3.4. La riforma del condominio del 2012

Da ultimo, ancorché non direttamente attinente ai profili qui in esame, merita di essere ricordata anche la recente riforma del condominio operata dalla L. 11/11/2012, n. 220, il cui articolo 16, lett. b., ha inserito, nell"art. 1138 c.c., un ultimo comma del seguente tenore: «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici».

Dunque, se è vero che, come si è appena rilevato, la norma in esame non attiene direttamente al profilo definitorio di cui si sta discutendo, nondimeno essa ha il merito di valorizzare a tale punto l"aspetto del rapporto tra uomo ed animale d"affezione da renderne l"effettiva realizzazione un vero e proprio diritto in ambito condominiale, con pieno effetto nei confronti dei terzi, i quali vedono corrispondentemente limitata la propria autonomia negoziale ed il proprio diritto di proprietà nei confronti di chi intenda farlo valere.

Il che non può rimanere senza segno nel contesto di una problematica quale quella qui in esame.

4. Una possibile definizione di animale d"affezione"(fermo il diritto dell"animale a rimanere tale)

Tirando le somme di quanto si è venuto sin qui esaminando ed alla luce delle linee interpretative che sono emerse da quanto sopra, sembra dunque potersi concludere che, pur essendo tutti gli animali "soggetti" e non meri "oggetti" del sistema giuridico e pur godendo essi, tutti indistintamente, di un nucleo di diritti fondamentali, "l"animale d"affezione" presenta una caratteristica in più: l"idoneità - naturale o progressivamente acquisita nel tempo - a rapportarsi con l"uomo in modo diverso da quello puramente istintivo (l"animale soccorso o casualmente sfamato), meramente lavorativo/professionale (l"animale da soma) o d"altro genere utilitaristico (l"animale anello della catena alimentare). A rapportarsi con l"uomo, cioè, in un modo propriamente "affettivo": l"animale che è amato e ricambia tale sentimento, cioè a dire, "l"animale d"affezione".

4.1. La definizione di animale d"affezione

Conduce ad una tale conclusione il quadro normativo, europeo ed interno, che si è sopra descritto ai par. 2 e 3, da cui emerge la figura di un animale:

(-) partecipe di un rapporto con l"uomo di natura schiettamente affettiva (l"animale che «l"uomo ha scelto per compagno» come recita l"art. 6, lett. A della Dich. Universale 1978 citata al par. 2.1);

(-) capace di un proprio personale "sentire", e dunque, partecipe di rapporto affettivo biunivoco e non meramente unilaterale (v. Trattato di Lisbona citato al par. 2.3);

(-) non semplice oggetto di proprietà, ma soggetto giuridicamente rilevante, titolare di diritti (v. Conv. Protezione 1987, par. 2.2) ed oggetto di significativa tutela anche penale nell"ordinamento interno (v. il quadro d"insieme delineato al par. 3).

In tal senso, dunque, può definirsi "animale d"affezione" quel particolare tipo di animale idoneo ad instaurare con l"uomo un rapporto "comunitario" ovverosia (1) consistente in uno scambio affettivo biunivoco, che non esclude risvolti di natura lavorativo/professionale; (2) avente, in considerazione di ciò, durata indeterminata e tendenzialmente ricollegata al ciclo vitale dei protagonisti del rapporto stesso. Un rapporto che, per le sue caratteristiche, l"ordinamento considera giuridicamente rilevante.

4.2. Il diritto dell"animale a rimanere tale

Il criterio dell"idoneità dell"animale a partecipare ad un rapporto del genere appena descritto aiuta a non perdere di vista un elemento fondamentale della delicata problematica in esame: e cioè che gli animali non possono essere forzati a diventare "d"affezione"; e che, anche quando lo siano divenuti, mantengono comunque il diritto di vivere secondo la propria indole naturale (o, almeno, in modo non contradditorio rispetto alla propria indole naturale).

Si veda, in proposito, l"art. 4 Dich. Universale 1978, secondo cui «ogni animale che appartiene a una specie selvaggia ha il diritto di vivere libero nel suo ambiente naturale terrestre, aereo o acquatico, e ha il diritto di riprodursi», e l"art. 4, 3° co., lett. b, Conv. Protezione 1987, secondo cui è proibito tenere un"animale come animale d"affezione, quando, nonostante l"adozione di tutte le cure/cautele prescritte «l"animale non può adattarsi alla cattività».

Si veda, ancora, d"altro canto, il secondo comma del già citato art. 4 Conv. Protezione 1987, secondo il quale per quante cure ed attenzioni l"uomo possa/debba approntare all"animale-compagno di vita, ciò deve pur sempre avvenire «tenendo conto dei suoi bisogni etologici secondo la sua specie e la sua razza».

Dunque, non tutti gli animali possono diventare "animali d"affezione" e, d"altro canto, quegli animali che, essendo a ciò idonei, diventano effettivamente "animali d"affezione", conservano comunque il diritto a non essere, se ci si passa una banalizzazione, "umanizzati".

Il che contribuisce a precisare e, in qualche modo anche a limitare, la definizione che si è sopra proposta: nessuna forzatura del rapporto uomo-animale e nessun eccesso nello svolgimento di quest"ultimo, infatti, potranno così trovare riconoscimento e tutela sotto un profilo giuridico.

5. Il risarcimento del danno da lesione del rapporto tra uomo ed animale d"affezione: il pregiudizio patrimoniale e quello non patrimoniale

Dopo aver gettato uno sguardo d"insieme sul quadro normativo generale in materia di animali d"affezione (e di animali sic) ed avendo, altresì, abbozzato una definizione di tale genere di animale, può ora affrontarsi il problema oggetto del presente contributo: che succede quando il rapporto tra uomo ed animale d"affezione viene leso a causa dell"intervento doloso o colposo di un terzo che cagioni la morte dell"animale o una lesione invalidante di lui?

Come è evidente, da una tale fattispecie discendono due distinti flussi di conseguenze: uno riguarda l"animale, che viene leso nella propria integrità (e l"esame di tale aspetto e delle sue implicazioni esula dai limiti del presente lavoro); l"altro, di cui ci si occuperà subito appresso, riguarda invece l"essere umano, il quale, per effetto di quanto sopra, può trovarsi a subire, come d"ordinario, un pregiudizio di tipo patrimoniale e/o un pregiudizio di tipo non patrimoniale.

5.1. Il pregiudizio patrimoniale

L"aspetto patrimoniale del pregiudizio subito dall"uomo in casi quali quelli in esame sembra generare davvero pochi problemi.

Il valore dell"animale defunto, la mancanza di prestazioni patrimoniali attese da quello ucciso o gravemente lesionato (ricavi da competizioni, da monte riproduttive e simili), le spese incontrate per assicuragli cure mediche e via esemplificando, sono voci delle quali si tende istintivamente ad ammettere il ristoro, posto che si ricollegano al tradizionale concetto di animale quale res (non differente da un"auto danneggiata in un sinistro, ad esempio) ed al rapporto di proprietà/utilità che lo lega all"uomo/proprietario.

Sono cioè, aspetti pacificamente suscettibili di valutazione economica, per la risarcibilità dei quali non si rinvengono ostacoli di ordine generale e/o di principio, ferma ovviamente, ai fini del concreto riconoscimento del ristoro richiesto, la necessità che ricorrano i requisiti, sostanziali e processuali a ciò presupposti (legittimazione, prova etc.).

5.2. Il pregiudizio non patrimoniale

Ben diverso il ragionamento relativamente al pregiudizio non patrimoniale lamentato dall"uomo per la perdita o la grave lesione del proprio animale sotto un profilo morale/esistenziale.

Rispetto a tale questione, infatti, diverse voci (e, come vedremo, la stessa giurisprudenza di legittimità) tendono a risolvere il problema alla radice asserendo tout court: (1) che il rapporto tra uomo ed animale non trova alcuna copertura costituzionale; (2) che, pertanto, non esiste alcun valore giuridicamente protetto la cui lesione possa determinare prospettive risarcitorie. Una specie di "scacco matto" in due mosse, insomma.

L"impostazione di cui sopra, quantomeno secondo chi scrive, è del tutto erronea ed è contraddetta dal complesso quadro normativo che si è descritto ai paragrafi precedenti (anche di natura para, se non sovra,-costituzionale: v. Trattato di Lisbona), dal quale emerge con chiarezza un preciso valore giuridico assegnato sia alla tutela dell"animale, sia al rapporto che viene ad instaurarsi tra quest"ultimo e l"essere umano.

Essa, inoltre, è contraddetta altresì, dal semplice esame della realtà quotidiana, dove emerge evidente il valore esistenziale, sovente fondamentale, del rapporto tra uomo ed animale d"affezione: si pensi alla pet therapy, ai cani guida, al rapporto tra la persona non più giovane e il proprio animale, fonte di compagnia e quotidiano conforto (v., proprio in tale ipotesi, il decreto Trib. Varese 07/12/2011 al par. 8.1), al rapporto tra animale domestico e bambini e via dicendo.

In realtà, nell"attuale contesto sociale e giuridico, non solo l"animale è divenuto, da mero oggetto, soggetto giuridicamente rilevante dell"ordinamento, ma è lo stesso rapporto tra quest"ultimo e l"essere umano, specie nelle forme del rapporto uomo-animale d"affezione qui in rilievo, ad aver acquisito dignità di rapporto tra esseri entrambi "senzienti" (definizione del Trattato di Lisbona sopra citato al par. 2.3).

Si tratta di un quadro comunitario, caratterizzato da affettività, stabilità e reciprocità che trova naturale collocazione entro l"ambito delineato dell"art. 2 Cost.

L"animale, infatti tramite il coinvolgimento nella vita dell"uomo che avviene con l"affidamento a quest"ultimo, entra a far parte della cornice entro cui si svolge la personalità di lui. E vi entra da protagonista, creando con questi (e con i suoi familiari se ve ne sono) una relazione sinergica capace di completarne il quadro affettivo ed alla cui realizzazione, si badi, i terzi, oggi, non si possono opporre, ex nuovo ultimo comma dell"art. 1138 c.c. sopra citato al par. 3.4. Un vero e proprio valore giuridicamente tutelato, insomma, che entra a far parte del patrimonio personale ed individuale dell"uomo e che questi ha diritto a non vedere leso dall"intervento altrui, potendo, in caso contrario, reclamare il congruo ristoro, anche sotto il profilo non patrimoniale, del pregiudizio ingiustamente subito.

5.3. L"esigenza di un approccio pragmatico

In tal modo riconosciuta la rilevanza costituzionale del rapporto uomo-animale d"affezione qui in rilievo e, dunque, la piena risarcibilità, in linea di principio, delle eventuali lesioni ad esso inferte non solo in prospettiva patrimoniale, ma anche in quella non patrimoniale, va subito aggiunto che ciò non significa affatto, come paventano i detrattori della materia, che tale risarcimento debba essere accordato, per così dire, 'a semplice richiesta'.

Dovrà, infatti, di volta in volta verificarsi, come si confida di aver sopra chiarito, se la fattispecie dedotta in giudizio costituisca davvero un"ipotesi di rapporto con un "animale d"affezione"; e/o se il profilo meramente patrimoniale del rapporto con un tale genere di animale (ad es.: lo sfruttamento economico delle capacità riproduttive dell"esemplare di razza pregiata) sia stato talmente assorbente da prevaricare qualsiasi altro aspetto di tipo affettivo; e/o, ancora, se l"eccessiva umanizzazione del rapporto stesso abbia determinato richieste risarcitorie esorbitanti ed ingiustificate alla luce di canoni di normalità; eccetera.

Il che, tuttavia, se potrà condurre a respingere e/o ridimensionare domande ritenute infondate, ovvero eccessive, sposta comunque l"asse del ragionamento da posizioni più o meno aprioristiche di rigetto "per principio", a metodiche di valutazione istruttoria delle singole vicende di volta in volta esposte, rendendo l"approccio equilibrato, pragmatico e flessibile, come esige una materia delicata quale quella in esame.

5.4. Verifica giurisprudenziale della tesi sostenuta

Tale, dunque, essendo l"opinione qui sostenuta, va ora verificato se essa sia o meno condivisa in giurisprudenza, cioè dove effettivamente conta che venga condivisa.

L"esame sarà svolto nei paragrafi seguenti e, come si vedrà, evidenzia una notevole differenza tra la posizione della giurisprudenza di legittimità (attestata su posizioni di chiusura) e quella fatta propria da parte di alcune pronunce di merito, le quali, invece, si collocano entro l"ambito che si è sin qui tentato di delineare.

6. La posizione di chiusura della giurisprudenza di legittimità in tema di morte dell"animale di affezione

Come si è anticipato al termine del paragrafo che precede, la Suprema Corte non sembra per nulla d"accordo con il ragionamento sin qui svolto, almeno a quanto si deduce dai due precedenti dell"anno 2007 e dell"anno 2008 (quest"ultimo particolarmente rilevante poiché promanante dalle Sezioni Unite) che si stanno per esaminare.

6.1. La morte del cavallo: Cass. Civ., Sez. III, 27/06/2007, n. 14846

Nell"anno 2007 la Terza Sezione della Corte (Cass. Civ., Sez. III, 27/06/2007, n. 14846) si trovò a decidere del caso di un sinistro stradale in cui due coniugi avevano riportato lesioni personali e da cui era conseguito, altresì, il decesso del loro cavallo (alloggiato nel trailer agganciato all"auto su cui viaggiavano i predetti coniugi e che era stata violentemente tamponata da un autocarro). I due avevano richiesto, a titolo di risarcimento, oltre al ristoro del danno biologico loro conseguito per effetto del sinistro, anche quello del danno esistenziale per la perdita del cavallo di cui sopra, dipinto come da essi molto amato.

Pervenuti in Cassazione sul punto dopo i gradi di merito, essi si videro respinta la richiesta per la seguente ragione: «la perdita del cavallo in questione, come animale da affezione, non sembra riconducibile sotto una fattispecie di un danno esistenziale consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta».

6.2. Errato taglio di capelli = maltrattamento d"animali: l"inspiegabile equazione delle SS.UU. di San Martino 2008

Qualche tempo dopo il succinto giudicato appena ricordato, intervennero in materia anche le Sezioni Unite e, per la precisione, le notissime Sezioni Unite di San Martino 2008 (Cass. Civ., SS.UU., 11/11/2008, n. 26972/3/4/5).

Il principale intento perseguito dalle Sezioni Unite nelle pronunce seriali appena citate non era come è noto, quello di affrontare la questione della morte dell"animale d"affezione, ma quello di ricondurre ad unità la categoria del danno non patrimoniale. In tale sforzo, tuttavia, durante la discussione relativa alla figura del danno esistenziale, le Sezioni Unite toccarono anche l"argomento "animali", trattandolo nei termini che si riportano di seguito:

«al danno esistenziale era dato ampio spazio dai giudici di pace, in relazione alle più fantasiose, ed a volte risibili, prospettazioni di pregiudizi suscettivi di alterare il modo di esistere delle persone: la rottura del tacco di una scarpa da sposa, l'errato taglio di capelli, l'attesa stressante in aeroporto, il disservizio di un ufficio pubblico, l'invio di contravvenzioni illegittime, la morte dell'animale di affezione, il maltrattamento di animali, il mancato godimento della partita di calcio per televisione determinato dal black-out elettrico. In tal modo si risarcivano pregiudizi di dubbia serietà, a prescindere dall'individuazione dell'interesse leso, e quindi del requisito dell'ingiustizia».

6.3. Breve commento dell"indirizzo di legittimità appena esaminato

In ordine ai due giudicati sopra esaminati non sembra di poter dire granché, non fosse altro che per la lapidaria sinteticità di essi in relazione alla questione qui in esame.

Il giudicato del 2007 afferma, peraltro in termini dubitativi avvalorati dalla lettura del testo integrale della decisione, che la Costituzione mancherebbe di alcuna copertura in ordine al rapporto uomo-animale, ma non argomenta le ragioni specifiche di tale posizione, di cui, pertanto, non resta che prendere atto.

Il ragionamento relativo alla posizione espressa dalle Sezioni Unite di San Martino 2008 è parzialmente diverso nel momento in cui l"arresto in questione, inspiegabilmente accomuna, sotto l"etichetta di fattispecie «fantasiose ed a volte risibili» e di «pregiudizi di dubbia serietà» fattispecie completamente diverse tra loro per natura e tipologia degli interessi in esse coinvolti.

Cosa abbiano, infatti, in comune, fattispecie come «l'errato taglio di capelli» ed «il mancato godimento della partita di calcio per televisione determinato dal black-out elettrico», da un lato, e la «morte dell"animale da affezione» e il «maltrattamento di animali» (ipotesi, peraltro, costituente il reato previsto e punito dall"art. 544-ter c.p), dall"altro, non è davvero dato sapere.

E neppure lo chiariscono le Sezioni Unite, le quali finiscono con l"argomentare la propria posizione in tema di animali d"affezione per mero rinvio al precedente del 2007 sopra citato (par. 6.1): «e per eguale ragione non è stato ammesso a risarcimento il pregiudizio sofferto per la perdita di un animale (un cavallo da corsa) incidendo la lesione su un rapporto, tra l'uomo e l'animale, privo, nell'attuale assetto dell'ordinamento, di copertura costituzionale (sent. n. 14846/2007)».

Insomma, c"è poco da dire sul punto, se non che appare difficile comprendere la ragione per cui la Suprema Corte, oltre ad aver accomunato il maltrattamento di animali all"errato taglio di capelli, sia pervenuta a conclusioni tanto trancianti sul tema del rapporto uomo-animali d"affezione in assenza di alcun riferimento all"imponente impianto normativo che si è sopra descritto, e che già nell"anno 2007, ma ancor di più al volgere dell"anno 2008, era per la grandissima parte esistente nell"ordinamento internazionale ed interno.

C"è da pensare, dunque, che l"orientamento sopra delineato sia destinato a venire rivisto.

7. La posizione della giurisprudenza di merito

Venendo alla giurisprudenza di merito, in essa si riscontrano, da un lato orientamenti puramente adesivi all"indirizzo di legittimità sopra esaminato e, dall"altro, decisioni difformi rispetto ad esso (che sembrano, peraltro, nella specie prevalere).

7.1. L"indirizzo conforme a quello di legittimità: Trib. Milano 20/07/2010 e Trib. S. Angelo Dei Lombardi 12/01/2011

Per quanto attiene ai provvedimenti che si pongono nel solco tracciato dai precedenti di legittimità che si sono sopra discussi ai par. 6.1 e 6.2, si possono ricordare Trib. Milano, 20/07/2010, secondo cui «la perdita dell'animale di affezione non rientra fra i diritti inviolabili della persona e, come tale, il relativo danno non patrimoniale non risulta risarcibile» e la decisione di Trib. S. Angelo Dei Lombardi, 12/01/2011, secondo cui «la morte dell'animale d'affezione determinata dal fatto illecito altrui non costituisce danno non patrimoniale risarcibile, mancando a monte la lesione di un interesse inviolabile della persona costituzionalmente protetto».

Si tratta di pronunce che, come spesso accade nei casi di decisioni rese "in adesione" ad un superiore indirizzo di legittimità, rivestono un interesse limitato, aggiungendo ben poco a quel che la Suprema Corte aveva già avuto modo di rilevare (come può constatarsi scorrendo i testi integrali delle due decisioni sopra citate, che si allegano al presente contributo). E" sufficiente, pertanto, averne fatto richiamo.

7.2. La risarcibilità della lesione del rapporto uomo-animale d"affezione nell"ottica del diritto di proprietà: Trib. Monopoli (Bari), 22/11/2011

Di ben diverso interesse, per l"ampiezza e la tipologia delle argomentazioni utilizzate sono, invece, le sentenze che si discostano dall"indirizzo dettato dalla Suprema Corte nella materia qui esame, affermando, anche se in modi diversi, la piena rilevanza costituzionale della relazione uomo-animale d"affezione.

Così, ad es., Trib. Monopoli (Bari) 22/11/2011 giunge a garantire protezione al rapporto sopra citato per il tramite della tutela riconosciuta dalla Carta Fondamentale al diritto di proprietà (art. 42 Cost.), di cui la relazione uomo-animale altro non sarebbe se non una particolare espressione.

In questa particolare ottica, infatti, il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a morte di un animale d"affezione costituirebbe un"ipotesi applicativa peculiare del principio della risarcibilità del danno non patrimoniale derivante da lesione del diritto di proprietà: il che, al di là della condivisibile conclusione relativamente alla tutela costituzionale del rapporto in questione, lascia alquanto perplessi, stante l"echeggiare del concetto di animale come mera res oggetto di proprietà che il ragionamento appena riassunto inevitabilmente implica.

In realtà, però, la lettura del testo della sentenza sopra riportata (in allegato), consente di rilevare come il collegamento tra lesione del dominio e risarcibilità del danno da morte dell"animale d"affezione appaia, più che una vera e propria argomentazione di principio, una sorta di espediente tecnico tramite il quale il Tribunale ha inteso assicurare protezione alla relazione affettiva tra uomo e animale, che risulta in effetti essere il reale valore protetto nella fattispecie.

Un passo della motivazione del precedente in esame risulta infatti illuminante in questo senso, laddove osserva che «il danno maggiore che patisce il proprietario di un cane con il quale v'è un rapporto affettivo consolidato, che emerga nel corso del processo, non è certo quello legato alla perdita del valore commerciale dello stesso, o alle spese veterinarie eventualmente sostenute, bensì quello relativo alla perdita di godimento del cane in termini affettivi».

Il che, da un lato, affievolisce la portata del riferimento alla tutela costituzionale del diritto di proprietà (ottica che soprattutto alla luce del Trattato di Lisbona citato al par. 2.3, dovrebbe completamente superarsi) e riporta, dall"altro, il ragionamento entro i binari della tutela dell"armonioso sviluppo della personalità individuale e degli affetti che ne costituiscono il fondamento: cioè nell"ambito di cui all"art. 2 Cost., cui fanno espresso riferimento i due ulteriori precedenti di merito che si stanno per esaminare.

7.3. Segue: la risarcibilità nell"ottica dell"art. 2 Cost.: Trib. Rovereto 18/10/2009 e Trib. Reggio Calabria 06/06/2013

Come si è appena accennato, non mancano ulteriori precedenti di merito che riconoscono la risarcibilità del danno da lesione del rapporto tra essere umano ed animale d"affezione in una prospettiva diversa da quella che si è sopra esaminata e che valorizza il richiamo all"art. 2 Cost., nel senso che si è sopra sostenuto al termine del paragrafo 5.2.

La strada in questo senso è stata aperta dal Tribunale di Rovereto in un precedente del 18/10/2009. In tale caso il Tribunale ha, anzitutto, sottoposto ad aperto vaglio critico le conclusioni tratte dalle SS.UU. di San Martino nel 2008 esaminate al precedente par. 6.2 e si è indi nettamente discostato dalle conclusioni ivi tratte, esprimendosi nei seguenti termini: «nell'ipotesi di maltrattamento di animali, il danno non patrimoniale riconducibile alla perdita di animale di affezione è risarcibile, per essere il sentimento di affezione nei confronti degli animali dotato di valore sociale tutelato dalla l. n. 281 del 1991 e dall'art. 2 cost. quale diritto inviolabile».

Ha fatto di recente eco a tale giudicato, una recente decisione del Tribunale di Reggio Calabria (Trib. Reggio Calabria, 06/06/2013), la quale a sua volta ha ricollegato espressamente la risarcibilità del danno non patrimoniale patito in fattispecie quali quelle in esame alla tutela dei diritti della personalità costituzionalmente protetti.

Premesso, infatti, che, alla luce di criteri di interpretazione costituzionale evolutiva «appare arduo sostenere che il rapporto d'affetto tra uomo e animale, alla luce del mutato contesto sociale, non abbia copertura costituzionale», e premesso, altresì, il fondamentale, quanto assolutamente condivisibile rilievo che «il rapporto con l'animale non può essere paragonato a quello con una cosa, trattandosi di una relazione con un essere vivente che dà e riceve affetto», il Tribunale di Reggio Calabria ha concluso nel senso che «il rilievo attribuito alla dimensione degli affetti, qualificata come attività realizzatrice della persona, ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 e 2 Cost., ben possa portare al riconoscimento ed al risarcimento del danno riconducibile alla perdita dell' animale d'affezione ogniqualvolta si alleghi e si provi in giudizio che il leso proprio attraverso la cura dell' animale veniva a realizzare la propria esistenza».

Con il che la questione, sottratta alle secche delle (peraltro apodittiche) affermazioni di principio in cui si era arenata in sede di legittimità, viene giustamente e pragmaticamente riportata sul terreno della prova in giudizio del pregiudizio subito dal rapporto uomo-animale (si veda, sul punto, quanto si è detto al precedente par. 5.3), la cui risarcibilità è, in tesi generale, apertamente riconosciuta.

8. Oltre il risarcimento del danno: il ruolo dell"animale d"affezione nell"amministrazione di sostegno e nella separazione tra i coniugi

Al fine di ulteriormente dimostrare che il rapporto tra l"uomo e l"animale d"affezione trova piena copertura costituzionale nel nostro ordinamento, va fatto infine un cenno anche ad un profilo ulteriore della tutela riconosciuta dai giudici di merito a tale rapporto.

Un profilo che non si colloca, a rigore, nel perimetro del risarcimento del danno non patrimoniale entro il quale ci si è sino ad ora mossi, ma in un ambito che potrebbe definirsi giuridicamente fisiologico, cioè coincidente con il quotidiano svolgimento della vita delle persone.

I precedenti sono due: uno in materia di amministrazione di sostegno ed uno in tema di separazione dei coniugi e sono entrambi degni di nota per la comune caratteristica di prendere chiaramente atto della rilevanza del rapporto uomo-animale nel minuto ed ordinario svolgersi dei singoli contesti esistenziali individuali.

8.1. Animale d"affezione e amministrazione di sostegno: Trib. Varese, decreto 07/12/2011

Il primo dei due precedenti sopra accennati (Trib. Varese, decreto 07/12/2011) si segnala per la particolarità del caso, giacché, oltre a prendere apertamente le distanze dall"orientamento di legittimità fatto proprio dalle SS.UU. di San Martino 2008 sopra citate al par. 6.2, affronta ex professo l"importanza fondamentale della relazione affettiva tra l"animale e la persona non più giovane in condizioni di difficoltà.

Il caso è il seguente: per un"anziana e malata signora è richiesta la nomina di un amministratore di sostegno, richiesta cui la beneficiaria della misura aderisce, segnalando tuttavia il proprio desiderio di poter continuare ad avere rapporti con il proprio amato cane che le sue condizioni di salute e la degenza in struttura di accoglienza le stavano di fatto impedendo.

Il Tribunale, nell"affrontare il caso, ripercorre i punti salienti della normativa riguardante gli animali, soffermandosi, in particolare, sulla tutela penale accordata dagli artt. 544-bis e ss. c.p. (sopra accennata al par. 3.2) a dimostrazione del rilievo costituzionale della relazione uomo-animale d"affezione e, in particolare, della protezione accordata a tale relazione «dalla previsione sempre-viva dell'art. 2, aperto al soggiorno dei valori man mano riconosciuti, nel tempo, dalla Società, come diritti inviolabili (anche se "inespressi")».

Da tali premesse, questa la conclusione: «il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale e riconoscimento europeo cosicché deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all'animale da compagnia; diritto che, quindi, va riconosciuto anche in capo all'anziano soggetto vulnerabile dove, ad esempio, tale soggetto esprima, fortemente, la voglia e il desiderio di continuare a poter frequentare il proprio cane anche dopo il ricovero in struttura sanitaria assistenziale. Il giudice tutelare deve garantire la tutela e il riconoscimento del rapporto tra l'anziano e l'animale».

Tutela che, nella specie, viene accordata, oltre che con la nomina dell"amministratore di sostegno, anche tramite la designazione di un ausiliario cui, secondo il decreto in esame, è attribuito il compito di occuparsi «del cane della beneficiaria, portandolo presso la beneficiaria con cadenza periodica e secondo le volontà della beneficiaria stessa. Redigerà, mensilmente, un conto delle spese e dei costi per il cane e lo presenterà all'amministratore che rimborserà ogni costo/spese».

Il decreto del Tribunale di Varese appena discusso è altamente significativo giacché, oltre a contenere una dimostrazione articolata della rilevanza costituzionale del rapporto affettivo tra l"essere umano e l"animale che gli è compagno, illumina un frammento, toccante e delicato, di vita vissuta, e dimostra come l"estrinsecazione di un tale rapporto può spingersi a divenire, oltre che un valore giuridico, anche l"espressione concreta di un bisogno essenziale della persona.

8.2. Animale d"affezione e separazione tra i coniugi: Trib. Milano, 13/03/2013

Il secondo provvedimento (peraltro frutto della mano del medesimo estensore di quello precedentemente esaminato) è del Tribunale di Milano (Trib. Milano, decreto 13/03/2013) ed affronta l"ulteriore, quanto delicato, aspetto della sorte degli animali d"affezione in ambito familiare, allorquando tale ambito si disgrega per effetto della separazione personale dei coniugi (o del divorzio).

Che succede in questi casi, nel silenzio della legge (ma vale la pena segnalare che esiste una proposta di legge del 18/04/2013 – in allegato – che intenderebbe regolamentare proprio tale aspetto), degli animali di casa, spesso compagni affettuosi dei figli, ove esistenti?

Il Tribunale di Milano non ha dubbi e, dinanzi ad una separazione consensuale in cui i coniugi avevano previsto che «i gatti della famiglia restino a vivere nell"ambiente domestico della madre – dove collocata la minore – la quale si farà carico delle spese ordinarie mentre quelle straordinarie saranno sostenute in pari misura dai coniugi», si esprime nei termini che seguono «non essendo l"animale una "cosa" (v., ad es., articoli 923 c.c.), bensì un essere senziente, è legittima facoltà dei coniugi quella di regolarne la permanenza presso l"una o l"altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento dello stesso».

Il che pare l"ennesima dimostrazione dell"inconfutabile rilevanza, sociale, esistenziale e giuridica del rapporto tra l"uomo e il proprio animale d"affezione, o meglio, tra l"animale d"affezione e il proprio umano.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film