Famiglia, relazioni affettive  -  Riccardo Mazzon  -  11/11/2021

Eredità, donazioni e divieto di patti successori: consueti sintomi della conseguente nullità ed esempi

La verifica in ordine alla nullità di una determinata pattuizione ai sensi dell'art. 458 c.c. impone, tra l'altro (cfr. anche Tribunale Pordenone, 06/04/2016 e Tribunale Vicenza, Sez. II, 02/02/2016), di accertare:

1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta;

2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o debbono comunque essere compresi nella stessa;

3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte alla propria successione, privandosi così dello jus poenitendi;

4) se l'acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa;

5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo mortis causa, ossia a titolo di eredità o di legato (cfr., amplius, Riccardo Mazzon, "Manuale Pratico per la successione ereditaria e le donazioni", seconda edizione, 2020).

Di conseguenza, sono stati recentemente ritenuti illegittimi ed invalidi, in quanto configuranti patto successorio:

- il mandato mortis causa conseguente all'intestazione fiduciaria, con indicazione del trasferimento dei beni a chi è stato indicato dal de cuius successivamente alla morte (ai sensi e per gli effetti dell'art. 458 c.c.: Trib. Roma Sez. VIII, 29/10/2016, Contratti, 2017, 3, 277);

- l'accordo, intervenuto prima della morte del genitore, con cui quest'ultimo, assieme ai suoi due figli, avevano stabilito modalità divisorie riguardanti sia beni oggetto di una futura vendita in loro favore, sia il patrimonio che i medesimi avrebbero ricevuto alla morte del padre (cfr. Cass. civ., Sez. II, 15/07/2016, n. 14566 (Quotidiano Giuridico, 2016, CED Cassazione, 2016, Famiglia e Diritto, 2017, 8-9, 773 - laddove precisa che configura patto successorio, vietato dall'art. 458 c.c., l'accordo col quale i contraenti si attribuiscono le quote di proprietà di un immobile oggetto dell'altrui futura successione "mortis causa", pattuendo di rimanere in comunione ai sensi dell'art. 1111, comma 2, c.c.);

- la rinuncia preventiva alla quota di comproprietà derivante da una futura eventuale successione (Cass. civ., Sez. II, 25/02/2015, n. 3819, Nuova Giur. Civ., 2015, 7-8, 577; cfr. anche App. Lecce, Sez. I, 06/07/2015).

Non configura, invece, patto successorio l'assunzione tra fratelli dell'obbligo di conguaglio per la differenza di valore dei beni loro donati in vita dal genitore: esso non viola il divieto di patti successori, non concernendo i diritti spettanti sulla futura successione "mortis causa" del genitore; cfr. Cass. civ., Sez. II, 27/11/2015, n. 24291 (CED Cassazione, 2015), quando afferma che non configura violazione del divieto dei patti successori la rinuncia ai diritti spettanti al legittimario, la quale deve essere espressa ed inequivoca (pertanto, non ricade in siffatto divieto il caso in cui con scrittura privata venga determinato il conguaglio dovuto, riferito a beni trasferiti ai figli dalla madre mentre era ancora in vita: nella specie le parti si erano limitate a determinare il conguaglio che l'opponente assumeva dovuto a favore della sorella in relazione al maggior valore dei beni rispettivamente ricevuti ed acquistati , che la madre aveva loro trasferito in vita e non certo per il tempo della – futura - successione, di guisa che appare del tutto fuori luogo anche il riferimento alla regolamentazione di diritti che sarebbero loro derivanti per effetto della successione mortis causa alla madre).

Infine, quanto alla rinunzia all'azione di restituzione ai sensi dell'art. 563 c.c., essa è sicuramente possibile, in quanto azione del tutto diversa e distinta dall'azione di riduzione ex artt. 553 e segg. c.c. (non rinunziabile ai sensi dell'art. 557, co. 2, c.c.), in assenza di espresso divieto ed anzi legislativamente ritenuta, per via implicita, rinunciabile con l'introduzione (novella 80/2005), nell'ambito del disposto del primo comma dell'articolo in esame, del limite temporale di esercizio del ventennio dalla trascrizione della donazione: tale rinunzia all'azione ex art. 563 c.c. non può neppure essere assimilata ad un patto successorio dispositivo, rinunciativo, nullo ex art. 458 c.c., visto che con la donazione il bene è fuoriuscito dal patrimonio del donante, futuro de cuius, prima del suo decesso e conseguente apertura della successione; pur non potendo ipotizzarsi una autonoma trascrizione della rinunzia non prevista dal codice civile, è da considerare tuttavia possibile l'annotazione della stessa, a titolo informativo, a margine della donazione, visto che non solo una tale annotazione non è in grado di nuocere ai terzi ma, al contrario,

 “può favorire da parte degli stessi l'acquisizione di tutte le notizie veritiere ed utili al riguardo”

(Trib. Pescara, 25/05/2017).




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