-  Comand Carol  -  24/09/2016

Estradizione: cittadinanza UE e discriminazioni sulla base della nazionalità - C-182/15 - Carol Comand

In assenza di specifico accordo lo stato membro richiesto è tenuto, per quanto possibile, al rispetto del principio di non discriminazione

In assenza di accordi internazionali tra l'Unione ed il paese terzo interessato, le norme in materia di estradizione rientrano nella competenza dei singoli Stati membri. Le disposizioni dei quali, tuttavia, in situazioni che rientrano nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione, sono tenute al rispetto di quest'ultimo.

Tra le disposizioni del trattato UE relative alla cittadinanza dell'Unione, l'art. 21 contempla il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Nell'ipotesi in cui il soggetto interessato dalla domanda di estradizione abbia esercitato tale diritto, la sua situazione rientra nel campo di applicazione dei trattati, che contemplano il principio di non discriminazione ed una diversa protezione dall'estradizione, rispetto ad un cittadino nazionale - dello Stato richiesto - potrebbe recare un pregiudizio vietato.

Ci si permette di riportare il relativo passo della sentenza, tratto dal sito ufficiale della Corte:

"Con le prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 18 e 21TFUE debbano essere interpretati nel senso che, ai fini dell"applicazione di un accordo di estradizione concluso tra uno Stato membro e uno Stato terzo, i cittadini di un altro Stato membro debbano potersi giovare della regola che vieta l"estradizione da parte del primo Stato membro dei propri cittadini.

A tale proposito è vero che, come sostenuto dalla maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte, in assenza di convenzioni internazionali tra l"Unione e il paese terzo interessato, le norme in materia di estradizione rientrano nella competenza degli Stati membri.

Ciò non toglie che, in situazioni ricadenti nell"ambito del diritto dell"Unione, le norme nazionali di cui trattasi devono rispettare quest"ultimo (v. sentenza del 2 marzo 2010, Rottmann, C 135/08, EU:C:2010:104, punto 41 e giurisprudenza citata).

Orbene, con le prime due questioni, il giudice del rinvio intende appunto sapere se norme nazionali sull"estradizione come quelle di cui trattasi nel procedimento principale siano compatibili con gli articoli 18 e 21 TFUE.

Vietando «ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità», l"articolo 18 TFUE impone la parità di trattamento delle persone che si trovano in una situazione rientrante nel campo di applicazione dei trattati (v., in tal senso, sentenza del 2 febbraio 1989, Cowan, 186/87, EU:C:1989:47, punto 10).

Nel caso di specie, sebbene, indubbiamente, come è stato sottolineato al punto 26 della presente sentenza, in assenza di convenzioni internazionali tra l"Unione e il paese terzo interessato le norme in materia di estradizione rientrino nella competenza degli Stati membri, si deve tuttavia ricordare che, per valutare il campo di applicazione dei trattati, ai sensi dell"articolo 18 TFUE, occorre leggere tale articolo in combinato disposto con le disposizioni del Trattato FUE sulla cittadinanza dell"Unione. Le situazioni rientranti in tale campo di applicazione comprendono quindi, in particolare, quelle rientranti nell"esercizio della libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri quale conferita dall"articolo 21 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2005, Bidar, C 209/03, EU:C:2005:169, punti da 31 a 33 e giurisprudenza citata).

Nel procedimento principale il sig. - omissis- , cittadino estone, si è avvalso, in qualità di cittadino dell"Unione, del suo diritto di circolare liberamente nell"Unione recandosi in Lettonia, cosicché la situazione di cui trattasi nel procedimento principale rientra nel campo di applicazione dei trattati ai sensi dell"articolo 18 TFUE, che contiene il principio di non discriminazione in base alla cittadinanza (v., in tal senso, sentenza del 2 febbraio 1989, Cowan, 186/87, EU:C:1989:47, punti da 17 a 19).

Orbene, norme nazionali sull"estradizione come quelle di cui trattasi nel procedimento principale introducono una differenza di trattamento a seconda che l"interessato sia un cittadino nazionale o un cittadino di un altro Stato membro, in quanto la loro applicazione comporta che ai cittadini di altri Stati membri, come il sig. - omissis-, non sia concessa la protezione contro l"estradizione di cui godono i cittadini nazionali. In questo modo tali norme possono pregiudicare la libertà dei primi di circolare nell"Unione.

Ne consegue che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la disparità di trattamento consistente nel permettere l"estradizione di un cittadino dell"Unione, cittadino di un altro Stato membro, come il sig. -omissis- si traduce in una restrizione alla libertà di circolazione, ai sensi dell"articolo 21 TFUE.

Tale restrizione può essere giustificata solo se è basata su considerazioni oggettive e se è proporzionata all"obiettivo legittimamente perseguito dalla normativa nazionale (v., in particolare, sentenza del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn, C 391/09, EU:C:2011:291, punto 83 e giurisprudenza citata).

Vari governi che hanno presentato osservazioni alla Corte espongono a titolo di giustificazione che la misura che prevede l"estradizione è stata adottata nell"ambito della cooperazione penale internazionale, conformemente a una convenzione sull"estradizione, e mira a evitare il rischio di impunità.

A tal riguardo occorre rammentare che, in forza dell"articolo 3, paragrafo 2, TUE, l"Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, nonché la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest"ultima.

L"obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato si colloca in tale contesto (v., in tal senso, sentenza del 27 maggio 2014, Spasic, C 129/14 PPU, EU:C:2014:586, punti 63 e 65) e, come rilevato dall"avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, deve essere considerato legittimo nel diritto dell"Unione.

Tuttavia, misure restrittive di una libertà fondamentale, come quella di cui all"articolo 21 TFUE, possono essere giustificate da considerazioni oggettive solo ove risultino necessarie ai fini della tutela degli interessi che esse mirano a garantire e solo nella misura in cui tali obiettivi non possano essere raggiunti mediante misure meno restrittive (v. sentenza del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn, C 391/09, EU:C:2011:291, punto 88 e giurisprudenza citata).

Come osservato dall"avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, l"estradizione è una procedura che mira a lottare contro l"impunità di una persona che si trovi in un territorio diverso da quello nel quale ha asseritamente commesso il reato. Infatti, come rilevato da vari governi nazionali nelle loro osservazioni dinanzi alla Corte, mentre, tenuto conto del brocardo «aut dedere, aut judicare» (o estradare o giudicare), la mancata estradizione dei cittadini nazionali è generalmente compensata dalla possibilità per lo Stato membro richiesto di perseguire i propri cittadini per reati gravi commessi fuori dal suo territorio, tale Stato membro è di norma incompetente a giudicare tali fatti quando né l"autore né la vittima del presunto reato sono cittadini di detto Stato membro. L"estradizione consente quindi di evitare che reati commessi nel territorio di uno Stato membro da persone che sono fuggite da detto territorio rimangano impuniti.

n tale contesto, norme nazionali come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, che consentono di dare un seguito favorevole a una domanda di estradizione ai fini dell"esercizio dell"azione penale e della sentenza nello Stato terzo in cui si suppone sia stato commesso il reato, risultano adeguate per conseguire l"obiettivo perseguito.

Occorre tuttavia verificare se non esista una misura alternativa meno lesiva per l"esercizio dei diritti conferiti dall"articolo 21 TFUE che consenta di raggiungere in modo parimenti efficace l"obiettivo consistente nell"evitare il rischio di impunità di una persona che avrebbe commesso un reato.

A tale proposito si deve ricordare che, in virtù del principio di leale cooperazione sancito dall"articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, l"Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell"adempimento dei compiti derivanti dai trattati.

Nell"ambito del diritto penale, il legislatore dell"Unione ha adottato inter alia la decisione quadro 2002/584, diretta ad agevolare la cooperazione giudiziaria con la creazione del mandato di arresto europeo. Quest"ultimo costituisce la prima concretizzazione, nel settore del diritto penale, del principio del riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito quale «pietra angolare» della cooperazione giudiziaria (sentenza del 1° dicembre 2008, Leymann e Pustovarov, C 388/08 PPU, EU:C:2008:669, punto 49). A tale meccanismo di cooperazione giudiziaria costituito dal mandato d"arresto europeo si aggiungono numerosi strumenti di assistenza intesi a facilitare tale cooperazione (v., in tal senso, sentenza del 27 maggio 2014, Spasic, C 129/14 PPU, EU:C:2014:586, punti da 65 a 68).

Peraltro, nelle relazioni con il resto del mondo l"Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini, conformemente all"articolo 3, paragrafo 5, TUE.

Tale protezione si costruisce gradualmente mediante strumenti di cooperazione quali gli accordi di estradizione conclusi tra l"Unione e paesi terzi.

Tuttavia, a tutt"oggi non esiste una convenzione di questo tipo tra l"Unione e lo Stato terzo di cui trattasi nel procedimento principale.

In assenza di norme del diritto dell"Unione disciplinanti l"estradizione tra gli Stati membri e uno Stato terzo, al fine di tutelare i cittadini dell"Unione contro misure che possano privarli dei diritti di libera circolazione e di soggiorno previsti dall"articolo 21 TFUE, lottando nel contempo contro l"impunità per i reati, è necessario attuare tutti i meccanismi di cooperazione e di assistenza reciproca esistenti in materia penale in forza del diritto dell"Unione.

In tal senso, in un caso come quello oggetto del procedimento principale, occorre privilegiare lo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui l"interessato ha la cittadinanza al fine di fornire alle autorità di tale Stato membro, purché siano competenti in base al loro diritto nazionale a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal territorio nazionale, l"opportunità di emettere un mandato d"arresto europeo ai fini dell"esercizio dell"azione penale. L"articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro 2002/584 non esclude infatti, in tal caso, la possibilità per lo Stato membro di cui il presunto autore del reato ha la cittadinanza di emettere un mandato d"arresto europeo in vista della consegna di tale persona ai fini dell"esercizio dell"azione penale.

Cooperando in tal modo con lo Stato membro di cui l"interessato ha la cittadinanza e dando priorità a detto eventuale mandato d"arresto rispetto alla domanda di estradizione, lo Stato membro ospitante agisce in maniera meno lesiva dell"esercizio del diritto di libera circolazione, evitando al tempo stesso, per quanto possibile, il rischio che il reato perseguito rimanga impunito.

Si deve di conseguenza rispondere alle prime due questioni dichiarando che gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che, quando a uno Stato membro nel quale si sia recato un cittadino dell"Unione avente la cittadinanza di un altro Stato membro viene presentata una domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo con il quale il primo Stato membro ha concluso un accordo di estradizione, esso è tenuto a informare lo Stato membro del quale il predetto cittadino ha la cittadinanza e, se del caso, su domanda di quest"ultimo Stato membro, a consegnargli tale cittadino, conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2002/584, purché detto Stato membro sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal suo territorio nazionale."



 

 




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