-  Redazione P&D  -  20/05/2016

Ex moglie perde il diritto alla casa popolare se non più convivente con figli - Cass. Civ 7671/16 - Carla Nicoletti

La Suprema Corte è chiara: la madre, assegnataria della casa coniugale con provvedimento giurisdizionale a seguito dell"affidamento della figlia minore, deve riconsegnare l"immobile al Comune una volta cessata la convivenza con la figlia, divenuta maggiorenne.

Il fatto, in breve: Tizia, donna divorziata e assegnataria di un alloggio rientrante nell"edilizia economica e popolare, proponeva il ricorso avverso l"ordinanza del sindaco che aveva disposto il rilascio dello stesso. Nel caso di specie la Suprema Corte, rigettando il ricorso de quo, confermava la non applicabilità della L. 392/1978 che, all"art. 6, sancisce che in caso di separazione giudiziale, scioglimento del matrimonio o cessazione degli effetti dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l"altro coniuge se il diritto di abitare la casa familiare è stato attribuito dal giudice a quest"ultimo.

Risulta, invece, prevalente la normativa speciale di cui all"art. 18 della L.R. Toscana, 96/1996, la quale prevede che il Comune, in caso di separazione o scioglimento del matrimonio, debba uniformarsi alla decisione del giudice. Alla donna, infatti, era stata revocata l"assegnazione della casa coniugale, essendo cessata la convivenza con la figlia divenuta nel frattempo maggiorenne; per tale ragione la stessa si trovava ad occupare sine titulo l"abitazione, essendo stata la stessa originariamente assegnata dal Comune all"ex marito.

La ricorrente aveva chiesto l"accertamento della natura locativa del rapporto instaurato con l"Amministrazione Comunale sostenendo che " il subentro nel diritto di abitare nella casa familiare attribuito dal giudice non modificherebbe la natura del diritto in base al quale il conduttore detiene la cosa locata". La donna sostiene, quindi, che si sia verificata un'ipotesi di successione ex lege in un contratto già sorto al quale dovrà applicarsi la disciplina generale relativa alla locazione degli immobili urbani. Secondo la ricorrente, inoltre, la Corte d"Appello avrebbe errato nell"attribuire alla normativa regionale una portata ulteriore rispetto a quanto previsto dalla normativa nazionale e dalle altre leggi regionali che vi si sono uniformate. Ciò comporterebbe, secondo la tesi difensiva, la violazione dell"art. 117 Cost. che, riservando alla legge statale la potestà legislativa in materia di ordinamento civile, impone di attribuire alle norme regionali il senso letterale, ossia il significato proprio delle parole secondo la loro connessione. Secondo l"ex moglie, inoltre, affinchè torni ad operare la successione ex latere conductoris prevista dall"art. 18 della L.R. 96/96 per l"edilizia pubblica, occorre non solo un provvedimento di revoca dell"assegnazione, ma anche il riconoscimento, attraverso una nuova assegnazione, del diritto di abitazione dell"originario conduttore.

Nel caso di specie, però, si è estinto il rapporto con il conduttore originario, ossia l"ex marito, il quale è privo di ogni legittimazione ad agire per ottenere il diritto di abitare la casa coniugale, non potendo ottenere l"affidamento della figlia, ormai maggiorenne. La Cassazione respinge in toto i motivi del ricorso e afferma che il diritto alla conservazione del contratto di locazione è subordinato al permanere dell"assegnazione giudiziale della casa.

Il rapporto locatizio era stato stipulato ai sensi della L. regionale n. 96/1996, ma con obbligo di uniformarsi alla sentenza del giudice. Venuta meno l"assegnazione giudiziale quale ragione giustificatrice del contratto, la ricorrente non ha più alcun titolo per usufruire dell"alloggio popolare non avendo partecipato ad alcuna graduatoria per l"assegnazione dell"immobile.

La Suprema Corte, pertanto, rigetta il ricorso e conferma quanto già disposto in sede di appello.




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