-  Faccioli Marco  -  10/05/2017

Facebook e la profezia di Andy Warhol. - Marco Faccioli

In un periodo di certo non sospetto, quando internet e i cellulari nemmeno esistevano, Andy Warhol, con uno dei suoi guizzi d'ingegno premonitore che lo hanno reso celebre, disse: "in futuro, ciascuno sarà famoso nel mondo per 15 minuti". Correva l'anno 1968, e l"icona della pop art aveva appena urlato al mondo la sua per molti incomprensibile profezia. Uno slogan che avrebbe funzionato sempre e dovunque, e che tutti avrebbero cercato nel tempo di metabolizzare a proprio vantaggio. Il genio della Factory, che tante volte si era reso protagonista (a volte ridicolo) con sue affermazioni strampalate, questa volta ci aveva perfettamente azzeccato. Mai previsione fu più geniale di questa perchè, oggi, il rincorrere una fama virtuale che dura il tempo di una sigaretta, è divenuta l'occupazione quotidiana di milioni di internauti. Occupazione che, mediamente, oscilla tra lo psicotico e il ridicolo, senza a volte tralasciare il macabro. L'analisi del profilo Facebook di un normalissimo utente è, quasi sempre, la vetrina autoreferenziale della quotidianità della sua vita, fatta di aperitivi, serate in disco, bevute con gli amici e gite fuori porta, attività tutte di cui viene immancabilmente fornito ampio resoconto fotografico. Facebook è non solo un mastodontico aggregatore di contatti, relazioni e frammenti di vita quotidiana, una infinita conference call tra utenti dei cinque continenti, ed un vero e proprio buco della serratura dal quale spiare (ma, soprattutto, farsi spiare), ma anche, e forse soprattutto, un mezzo immediato e diretto per comunicare. Per comunicare ok ...ma che cosa? Partiamo, per rispondere a questa domanda, da quelle che sono le principali motivazioni che attirano gli utenti a iscriversi al social ed a partecipare attivamente alla gestione del proprio profilo. Da un sondaggio realizzato nel 2016 tra soggetti tra i 16 ed i 35 anni, amicizia e divertimento sono le due motivazioni principali (rispettivamente al 42 e 43% delle risposte), ed un 10% ne dichiara invece un uso senza una ragione precisa, del tipo: "ci sono anche io, anche se non so esattamente perchè". La privacy, è inoltre emerso dal sondaggio, è considerata importante solo da uno su tre. Gramo destino delle leggi sulla riservatezza è quello di tutelare (anche) soggetti che quotidianamente pubblicizzano sui social, e quindi gridano al mondo intero, ogni genere e tipo di dato (anche sensibilissimo) riguardante la propria o l'altrui persona. Su Facebook è pressochè la norma, imbattersi in utenti che "fanno outing", rivelando la propria omosessualità, in ragazzine che pubblicano proprie foto discinte, in genitori che pubblicano interi book fotografici dei propri figlioletti (anche neonati), in ricoverati al pronto soccorso che postano il proprio grugno ammaccato, e in assassini che arrivano persino a postare sul proprio profilo il delitto appena consumato (qualcuno ricorderà, nel dicembre 2014, il post: "Sei morta troia!" scritto da Cosimo Pagnani dopo aver massacrato la moglie a coltellate. Post che, in poche ore, e comunque prima che il profilo dell'omicida venisse oscurato, ha collezionato oltre 400 condivisioni e più di 300 "mi piace" tra cui, si fatica a crederlo, anche quello di Rosa Pagnani, sorella della vittima).

L'imperativo è e resta quello: esserci, sempre e comunque, e puntare ad una fama mediatica ...poco importa se della durata di soli 15 minuti.




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