-  Santuari Alceste  -  13/02/2017

Farmacie comunali: sì alla società mista – Cons. St. 474/17 – Alceste Santuari

E" legittimo il bando con cui un comune dispone in merito alla costituzione di una società mista per la gestione della farmacia comunale

Un comune ha deliberato di ricorrere al modello giuridico della società mista a prevalenza privata per la costituzione e successiva gestione della farmacia comunale. Il bando di gara prescriveva l"incompatibilità, tra l"altro "tra la gestione della farmacia comunale e la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia, con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato", nell"ambito dei requisiti di "esecuzione" del servizio e, quindi, non di "partecipazione" alla gara".

Un farmacista privato ha impugnato la delibera del dirigente comunale avente ad oggetto: "Gara per la scelta del partner privato per la costituzione di una società mista per la gestione delle farmacie comunali". Il Tar Lazio – Roma, sez. II bis, con sentenza 15 giugno 2016, n. 06900 ha respinto il ricorso, in sostanza, confermando la legittimità per gli enti locali di ricorrere alla formula della società mista per la gestione delle farmacie comunali (cfr. Cons. St. n. 5389 del 2014).

La farmacista privata ha proposto appello per vedere riformata la sentenza del giudice di prime cure. Il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza 3 febbraio 2017, n. 474, ha rigettato l"appello statuendo quanto segue:

-) l"incompatibilità sancita dall"art. 8 lett. b), l. 362/91 deve estendersi anche alla partecipazione societaria ad una società che ha per oggetto esclusivo la gestione di una farmacia comunale, atteso "che il diritto vivente è giunto ad ammettere tale modalità di gestione". Il comune ha sottolineato che si tratta di una clausola che rappresenta la "mera applicazione del disposto di cui all"art. 8 della legge 8 gennaio 1991, n. 362, statuente – appunto - l"incompatibilità tra la partecipazione alle società di cui al precedente art. 7, ossia le società che "hanno come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia", e le posizioni di cui si discute, con connessa impossibilità per i soggetti che rivestono quest"ultime di poter assumere la veste di "soci", a meno che non venga esercitata un"utile opzione per l"una o l"altra attività".

-) la sentenza n. 199 del 2012 della Corte costituzionale determinano "la reviviscenza del quadro precettivo derivante dagli artt. 113, 113 bis, 115 e 116 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, che non soffrono preclusioni, né prevedono un regime di specificità per la gestione in forma societaria del servizio di vendita di prodotti farmaceutici". Il Giudice delle Leggi, con sentenza 16 luglio 2014, 199 (lo stesso numero della sentenza del 2012 con la quale è stata "contro riformata" la disciplina in materia di servizi pubblici locali, richiamata dall"appellante), ha sancito la piena legittimità del modello societario misto pubblico-privato. La Corte costituzionale ha riconosciuto la legittimità della previsione della normativa sarda oggetto della presunta illegittimità costituzionale, atteso che essa "non soltanto non esclude che la concessione dei servizi venga affidata ad una società mista, il cui socio sia individuato attraverso una gara "a doppio oggetto", ma in ragione del rinvio al diritto europeo, impone l"obbligatorietà di tale procedura". I giudici costituzionali, pronunciandosi nell"alveo della giurisprudenza comunitaria e nazionale (si veda, per tutti, Cons. St. sez. II, 18 aprile 2007, n. 456), confermano dunque la "bontà" del modello misto pubblico-privato. Quest"ultimo tuttavia richiede due condizioni precise:

 

1.         il socio privato si deve configurare effettivamente come un "socio industriale od operativo", che concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso;

2.         alla scadenza del periodo di affidamento previsto nel bando di gara, si deve provvedere al rinnovo della procedura di selezione, evitando così che il socio divenga "socio stabile" della società mista, beneficiando arbitrariamente di affidamenti di servizi per i quali egli non abbia regolarmente concorso in sede di gara.

Si ricorda che dal punto di vista normativo il modello della società misto pubblico privato trovava legittimazione nell"art. 15, d.l. n. 135 del 25 settembre 2009, conv. in l. 20 novembre 2009, n. 166, che stabiliva che al socio operativo, scelto a seguito di apposita procedura ad evidenza pubblica, fosse attribuita una partecipazione interna alla società non inferiore al 40%. Successivamente, la società mista pubblico privato è stato oggetto dell"art. 4, d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. in l. 14 settembre 2011, n. 148, con il quale si è ribadito la necessità della "gara a doppio oggetto" (comma 12) e la possibilità per gli affidamenti già in essere di cessare alla scadenza prevista nel contratto di servizio (comma 32, lett. c), anziché decadere in anticipo rispetto alla scadenza stessa. A "resettare" l"impianto normativo sopra richiamato sono intervenuti come noto l"esito del referendum del mese di giugno 2011 e la sentenza n. 199 del 20 luglio 2012, che hanno espunto dall"ordinamento giuridico le regole di diritto positivo che disciplinavano l"affidamento dei servizi alle società pubbliche, ivi comprese quelle miste. Il reset tuttavia ha fatto salva la previsione contenuta nell"art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), laddove si prevede che "nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un"opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio avviene con procedure di evidenza pubblica". Peraltro, è opportuno ricordare che: i) le Direttive UE del 2014 in materia di concessioni e di appalti pubblici confermano lo spazio di azione e di intervento per le società miste nell"ambito dei servizi di interesse generale; ii) che il partenariato pubblico-privato è previsto dal d. lgs. n. 50/2016; iii) che alle società miste è dedicata interamente l"art. 17 del d. lgs. n. 175/2016 (Testo unico sulle società a partecipazione pubblica);

-) la gestione delle farmacie comunali da parte degli enti locali è collocata come modalità gestoria "in nome e per conto" del S.s.n., come tale non riconducibile né all'ambito dei servizi di interesse generale nella definizione comunitaria, né alla disciplina sui servizi pubblici locali secondo l'ordinamento italiano. Da ciò consegue che a) l'attività di gestione delle farmacie comunali costituisce esercizio diretto di un servizio pubblico, trattandosi di un'attività rivolta a fini sociali ai sensi dell'art. 112 D.Lgs. n. 267 del 2000; b) la procedura per l'individuazione dell'affidatario non riguarda perciò l'affidamento del servizio, la cui "concessione/autorizzazione rimane in capo al Comune".

Quest"ultima precisazione dei giudici di Palazzo Spada non sembra del tutto chiara, atteso che, come peraltro ribadito nella sentenza de qua, il modello della società mista si caratterizza per la scelta del partner privato attraverso la gara c.d. "a doppio oggetto", che contempla proprio l"affidamento del servizio (cfr. Cons. St. 4225/16).




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