-  Mazzola Marcello Adriano  -  07/05/2013

FEMMINICIDIO, DIRITTI E PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA - Marcello Adriano MAZZOLA

1. Il dibattito sul femminicidio e il suo significato. – 2. L"odio verso il genere. – 3. Estensione del termine femminicidio. – 4. Il femminicidio in Italia, nei numeri. 5. De jure condendo, proposte di tutela.

1. Il dibattito sul femminicidio e il suo significato. - In queste settimane il tema del dibattito più acceso non riguarda i problemi del lavoro, della crisi economica e morale, del cambio di rotta della politica, della progettualità del futuro, di come offrire sogni e aspettative alle generazioni future e rimediare ai gravi sbagli del passato, di come combattere la corruzione e i corrotti, di sovvertire il declino. No. Il tema incandescente è il "femminicidio" costantemente evocato da personalità di rilievo, dai mass media e dal web, dalle associazioni femministe, al cospetto della morte violenta di diverse donne.

» (http://it.wikipedia.org/wiki/Femminicidio).

Se riconosciamo dunque, come è giusto che sia, l"originaria e autentica valenza al femminicidio comprendiamo che parte essenziale di esso, dunque nucleo inscindibile, è l"odio verso il genere femminile, la misoginia spinta a estreme conseguenze, ossia fino a causare la morte della donna o di più donne. In tal senso il femminicidio esiste di certo, tanto in Italia quanto in ogni parte del globo, ma pretende che sussistano motivi relativi alla sua identità di genere, colpendo la donna in quanto appartenente al genere femminile. Non è sufficiente che la vittima sia donna per invocare un femminicidio, perché occorre distinguere tra l"omicidio e il femminicidio, quest"ultimo connotato da un quid pluris.

In tal senso la scelta semantica propria del femminicidio ha un doppio senso poiché a) è un atto contro una donna ed è tale perché b) motivato dall"odio verso il genere femminile.

Può in realtà essere compiuto da qualsiasi persona, appartenente a qualsiasi genere, ancorchè nasca come un gesto proveniente da un uomo. Non può essere escluso come la misoginia (dal greco μισεω miseo, io odio e γυνη gyne, donna), ossia l'odio o l'avversione nei confronti delle donne, seppur generalmente attribuibile agli uomini, provenga da una donna o da soggetto di altro genere.

2. L"odio verso il genere. - Sullo sfondo del dibattito che investe oggi il "femminicidio" tuttavia si intravede, più in generale, un grave atto quale l"odio verso un genere (maschile, femminile, gay, lesbo, trans), tradotto in condotte offensive, che merita – esso sì in quanto categoria generale - di essere tradotto in reato speciale ovvero coperto da una specifica aggravante. La casistica ci riporta sempre di più casi che nascono dall"omofobia ma anche fenomeni riconducibili alla misoginia e alla misandria (Il termine misandria (dal greco μίσεω mìseō, odiare, e ανήρ anér, uomo indica un atteggiamento psicologico preconcettuale di avversione ed ostilità verso l'uomo ed il genere maschile).

L"odio di genere, ossia contro uno o anche più generi, può avere varie spiegazioni che andrebbero analizzate nel profondo per invertire presto il trend in atto. In ogni caso può manifestarsi l"odio di genere con atti di crescente gravità, dalla apologia dell"odio sino alle minacce, fino alla uccisione. E" evidente come si inserisca in un dibattito ancora più ampio quale quello della violenza in generale (crescente nella società moderna) ben rappresentata dalla recrudescenza del linguaggio e dei comportamenti, visibile tutto ciò esaminando tanto la vita reale quanto le dinamiche del web (social network etc.).

3. Estensione del termine femminicidio. - La semantica è però una scienza seria e in un Paese in cui, come denunciato più volte da più parti, le parole non corrispondono mai né al reale significato né tantomeno vengono tradotte, una volta adoperate, in azione, occorre in tale contesto utilizzarle con estrema attenzione e con grande senso di responsabilità, poiché diversamente possono provocare reazioni diffuse, isteriche, suggestive, distorte o infondate. La formazione di una stalattite mediatica avviene giorno dopo giorno con il lascivo, o attivo, consenso dei media che si prestano ad alimentare il dibattito per motivi anche speculativi. Oppure può essere alimentata anche per motivi prettamente e biecamente politici.

Evocare infatti una parola quale "femminicidio" per attribuirla a fatti non riconducibili all"odio verso il genere femminile ma a fatti dettati da ben altre motivazioni (passionali, rabbiose etc.) che pure meritano attenzione, attribuendo un"enfasi tale da evocare una gravità, una eccezionalità, una situazione d"emergenza, una situazione di pericoloso ordine pubblico, è una condotta che produce un profondo condizionamento dell"opinione pubblica, soffiando il fuoco sulle scelte legislative e/o amministrative, alimentando un convincimento che diversamente non si sarebbe realizzato. Tale condotta può dunque avere grandi e gravi conseguenze, per l"intera società, producendo cambiamenti artificiosi, non necessari, quanto meno come lo si pretende.

La cronaca ci porta all"attenzione spesso (anche) casi di donne uccise in modo violento e spesso per mano maschile. Il fenomeno è grave, a prescindere dai numeri e dalla frequenza, e merita attenzione, discussione e rapida risoluzione. Merita attenzione però ogni forma di violenza, orientata verso qualsiasi persona umana. Il dibattito deve però essere generale, sociale, culturale, giuridico. Affrontato col giusto equilibrio e senza prese di posizione dettate da pregiudizio, con la massima onestà intellettuale e con anche i dati scientifici (provenienti da fonti certe) alla mano.

Nella specie invece oramai si adopera sempre il lemma "femminicidio" associandolo ad un atto violento compiuto verso una donna che ne provochi la morte. Ciò a prescindere dalle motivazioni (e non di rado anche dallo stesso genere, al quale l"autore appartiene, che compie tale gesto). Si è dunque esteso il significato di femminicidio suo proprio, endemico, ad altro significato omnicomprensivo. Si è dunque stravolto l"uso del termine femminicidio, ignorando come un tale crimine (l"uccisione di una donna) sia già coperto, nel nostro ordinamento, dal reato di omicidio. Ma lo si invoca ugualmente con l"intento di chiedere un regime speciale di tutela, sulla tesi suggestiva non meglio esplicitata (quanto meno non sempre), che la tutela del genere femminile meriti un regime di speciale protezione. Ma tale tesi non può che apparire giuridicamente aberrante ove si pensi che tutti i generi meritano eguale protezione, non potendo essere interposta una classifica di priorità tra i generi, a meno che non si volga lo sguardo, pericolosamente, all"eugenetica.

4. Il femminicidio in Italia, nei numeri. - Esiste una violenza contro un genere (quello femminile) spinto dall'odio verso tale genere nel nostro Paese? Ritengo di si anche se la cronaca riporta spesso casi di violenza generata da motivi che non appaiono riconducibili all"odio di genere e alla misoginia ma alla violenza in famiglia, alla gelosia, alla possessività, alla frustrazione, alla disperazione o ad altri motivi, comunque futili, abnormi e censurabili.

Esiste dunque sullo sfondo un serio e grave problema che investe la qualità dei rapporti tra essere umani, prima ancora che di genere e poi tra i generi e che investe dunque anche donne, gay, lesbiche, trans, uomini, persone indistintamente di qualunque etnia, cultura, idee politiche, religione. Esiste una società violenta, sempre più violenta nel linguaggio e nei comportamenti ma l"impressione è che ciò coinvolga ogni genere (anche se non nella stessa misura), non certo solo quello maschile, imputato di ogni responsabilità. Una parte di tale violenza si manifesta nelle forme più virulente della misoginia (nonché della misandria) sino ai gesti più efferati, quali l"uccisione.

Il femminicidio urlato a gran voce lascia intendere (e pare ci sia riuscito) che in Italia ci sia invece una grave emergenza, una ecatombe, un genocidio di donne. Tale messaggio è stato da ultimo ripreso e amplificato da persone di enorme rilievo e responsabilità (per la visibilità e la posizione apicale, quali il Presidente della Camera, il ministro dello Sport, il ministro degli Esteri, e da giornalisti di primissimo piano). Ma è proprio così?

Secondo Wikipedia, alla cui voce femminicidio (http://it.wikipedia.org/wiki/Femminicidio) vengono citate le fonti ufficiali e più autorevoli (ONU), tutto ciò è palesemente falso posto che l"Italia è il secondo posto più sicuro in Europa. Invero "La tabella homicides by sex è divisa per genere e vede l'Italia al secondo posto nell'Unione Europea per sicurezza femminile (al pari di Danimarca, Irlanda, Norvegia, Olanda) con un tasso di 0,5 morte ogni 100000 donne, dietro alla sola Grecia (0,3). Considerando gli altri Paesi occidentali, solo il Giappone fa meglio (0,4) e tutti gli altri peggio.". In particolare "Nel dossier più recente (2011) che l'ONU ha dedicato agli omicidi viene analizzato specificatamente il caso Italia nel periodo 1998-2008 per quanto concerne i femminicidi (Intimate partner/family-related murders, pag.60): il grafico mostra una sostanziale invarianza di vittime femminili sebbene l'immaginario collettivo sia portato a credere mediaticamente che questo numero sia in aumento. La tabella ci mostra che dal 2002 al 2009 i femminicidi passano dal 16 al 22% del totale delle vittime divise per genere(e d'altronde la tabella ci mostra anche un aumento analogo dei maschicidi, ovvero gli uomini uccisi dalle donne in quanto uomini, passati dal 5% al 9% del totale delle vittime); tuttavia, come si evince dalla tabella dei numeri assoluti che completa l'altra (pag.60), tali aumenti percentuali di femminicidi e maschicidi appaiono come il riflesso della diminuzione degli omicidi in generale dovuti a criminalità. In ogni caso il documento va oltre e ci dice che, stante lo stesso intervallo di riferimento (2002-2009), il rapporto tra femminicidi e maschicidi in Italia è stato di due/tre a uno (Over the whole period, victims of intimate partner/family-related homicides were two to three times more likely to be women than men) sebbene mediaticamente il maschicidio non sia presente all'attenzione della società e quindi non venga percepito come fenomeno esistente e problema. Dalle fonti ufficiali emerge perciò una lettura controversa in cui se è vero che il femminicidio non è correlabile al censo, all'età, alla posizione socio-culturale dell'aggressore, in quanto fenomeno trasversale a tutto il genere maschile, è anche vero che i Paesi industrializzati europei che registrano un numero più basso di vittime femminili in rapporto all'Italia (0,5) si limitano alla sola Grecia che raggiunge un tasso di 0,3 vittime ogni 100000 donne: uno scarto statisticamente inavvertibile che comunque sembra mostrare che il fenomeno ha una soglia inferiore di vittime che è fisiologica (poiché nessun Paese ha un tasso nullo di femminicidio) e rende difficile approntare politiche di prevenzione al riguardo che non siano frutto di correlazioni arbitrarie e scientificamente indeterminate.".

Pertanto in Italia non esiste alcun fenomeno emergenziale di presunto (in quanto il termine cucito addosso è improprio, come osservato prima) femminicidio, ed anzi è proprio vero l"opposto, ponendosi l"Italia come uno tra i posti più sicuri al mondo. I numeri ci raccontano di molte morti (che meritano attenzione) ma non di incrementi né tantomeno un"emergenza. Sono tante vite spezzate che meritano attenzione e interventi risolutivi volti a interrompere comunque un trend negativo.

Si è dunque dinanzi ad una grave mistificazione, fomentata dai mass media, che sta ingenerando reazioni comportamentali emotive, tanto nella società civile quanto nel legislatore. Viene evocata infatti una task force, una legislazione urgente etc.

5. De jure condendo, proposte di tutela. - Tutto ciò però non ci induce ad ignorare due aspetti fondamentali, come già accennato prima: a) esiste comunque un grave problema di violenza che va affrontato; b) esiste un problema di violenza tra i generi ed anche contro i generi che non vanno certamente sottaciuti, anzi vanno esaminati con attenzione.

Il Ministro on. Josefa Idem ha invocato un Osservatorio nazionale sulla violenza di genere. La proposta è certamente ragionevole, a condizione che sia composto da persone preparate, equilibrate, esperte e indipendenti così da far emergere i reali numeri e tale da indicare le soluzioni, che non potranno essere certo solo repressive ma soprattutto preventive. Bisogna educare infatti tutti i generi sin dalla tenera età, al rispetto reciproco, ad accettare le inevitabili sconfitte, a dominare le pulsioni primordiali e gli istinti rabbiosi o violenti, al valore della parità perché non esiste un genere più importante dell"altro. Ciò nel rispetto delle diversità tra i generi, che pure esistono e che sarebbe irresponsabile cercare di annullare. Le diversità arricchiscono, occorre solo rispettarle, reciprocamente e paritariamente.

L"Osservatorio potrebbe essere dunque un buon punto di partenza, se autorevole, anche perché strumento idoneo a sopprimere qualsivoglia mistificazione. Diversamente si porrebbe come uno strumento idoneo a legittimare scelte irrazionali, dunque insensate.

A ben vedere, già il Trattato di Amsterdam mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. La discriminazione di genere potrebbe essere corretta, nel nostro ordinamento, intervenendo sulla legge Mancino (d.l. 122/93, convertito con modificazioni in l. 25 giugno 1993, n. 205, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, recante misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa).

Occorre però ricordare come l"uccisione di una persona (senza alcuna distinzione di genere, come giusto) sia già sanzionata dal codice Rocco. L'art. 575 (Omicidio) cod. pen. prevede che "Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.".

Qualche giorno fa mi son fatto promotore di una proposta di legge (che andrà formalizzata) tesa ad aggiungere alle aggravanti di cui all'art. 61 (Circostanze aggravanti comuni) cod. pen., il n. 11 quinquies "l'avere il colpevole commesso un delitto per motivi di odio di genere". Ciò consentirebbe di offrire una idonea copertura, oltre ai genericissimi motivi abbietti e futili già previsti, tale da offrire tutela indistintamente a ogni genere.

Tale proposta è già stata fatta propria da una autorevole petizione che ha già centinaia e centinaia di sottoscrizioni (https://www.change.org/it/petizioni/gentilissime-presidente-della-camera-laura-boldrini-e-ministra-josefa-idem-vi-sottoponiamo-l-appello-che-leggerete-sotto?utm_campaign=share_button_action_box&utm_medium=facebook&utm_source=share_petition).

Invocare invece il reato di "femminicidio" o misure tese a punire l"odio di genere contro il solo genere femminile sarebbe certamente in contrasto con il principio di uguaglianza e non potrebbe ottenere alcun visto dalla Corte Costituzionale.

Al pari trovo inquietante e aberrante giuridicamente chi vuole far passare la tesi, esplicitamente o implicitamente, che la vita di una donna sia più preziosa di quella di un uomo. La persona va tutelata pienamente, a prescindere da quale sia il genere di appartenenza.




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