-  Redazione P&D  -  22/10/2012

FEMMINICIDIO E DELITTO DIMPETO, FORME SOSTITUTIVE DEL DELITTO DONORE - Elvira REALE

Sui giornali del 20 ottobre due notizie si fronteggiavano: l"una a piena pagina, su tutti i più importanti quotidiani, riguardava la centesima donna vittima, dall"inizio di quest"anno, di un uomo (partner o ex-partner o altro familiare); l"altra notizia, appena un trafiletto sui giornali locali sul processo contro V. per l"uccisione di F.D.M., raccontava l"esito ingiusto di uno dei tanti processi per femminicidio. Questo trafiletto ci ha ricordato in modo crudo, al di fuori di tutti i roboanti discorsi istituzionali sul fenomeno della violenza contro le donne, o anche al di fuori della rumorosità dei mass media quando vi è un"altra donna ammazzata, che la centesima o ennesima vittima poco effetto ha sul complesso giudiziario e sugli esiti dei processi per femminicidio.

 Oggi ci troviamo davanti ad una nuova formulazione a carattere psicologico del delitto d"onore (abrogato nel 1981): il così detto delitto passionale o d"impeto. Quando la scena del delitto si ambienta nelle mura domestiche o familiari, dove facilmente si può annidare il delitto d"impeto o passionale, complice un omicida (come il V. della sentenza di F.) che dichiara in modo plateale e precostituito di non ricordare gli atti compiuti e di non essere stato cosciente al momento dell"atto omicidiario[1], il giudice chiama il tecnico ad attestare la presenza dell"incapacità di intendere e volere dell"omicida all"atto dei fatti (quando l"impeto si suppone travalichi la volontà soggettiva ed arma la mano omicidiaria senza che l"omicida ne abbia consapevolezza, o comunque quando la difesa dell"imputato la richieda e la ottenga a propria discolpa).

 Il tecnico a questo punto "si sostituisce" al giudice (ovviamente per delega ricevuta), e al linguaggio della giustizia si sostituisce il linguaggio tecnico (non sempre scientificamente appropriato e trasparente), che bypassa le prove e le testimonianze processuali e che spesso, attraverso discutibili e capziose diagnosi o con l"ausilio di ancor più discutibili reattivi psicologici, giunge alla valutazione di incapacità di intendere e volere (si badi bene una incapacità non in tutto e per tutto - infatti l"imputato o l"omicida confesso può lavorare, avere famiglia e esser capace di ogni atto della vita quotidiana - ma solo al momento dei fatti, cioè il momento dell"omicidio).

Una così specifica e chirurgica, quanto improbabile, incapacità offusca e copre ogni altra discussione su prove e testimonianze e soprattutto fa tabula rasa della consapevolezza sociale (tanto sostenuta dal Consiglio d"Europa, dalle Nazioni Unite e da tutti gli organismi internazionali politici e sanitari[2],) che i femminicidi, gli omicidi compiuti dagli uomini contro le donne, sono delitti nella generalità dei casi meditati e pre-meditati da quegli uomini che coltivano la violenza nei rapporti affettivi e che considerano le donne oggetto e possesso personale.

Il femminicidio non può essere assunto, da un tecnico di turno, per lo più incompetente nella violenza di genere, come sintomo di una incapacità di intendere e volere; esso è invece per lo più effetto di una precisa volontà ed intenzionalità di un certo genere maschile (forgiata e cresciuta appunto nella ideologia della violenza,) finalizzata a punire le "proprie" donne che disobbediscono ai dictat, regole, o desiderata del partner (che rimane tale anche quando diviene ex).

 La battaglia da condurre è allora anche contro queste nuove forme striscianti del "delitto d"onore" che, avallate da tecnici che, ripetiamo, non hanno competenze specifiche, rendono la giustizia incapace di perseguire con regole e strumenti propri e appropriati (prove e testimonianze) i reati contro le donne e di difendere le altre donne dai nuovi reati. Questo è il motivo per cui noi oggi ci troviamo a contare le morti in progress ed a chiederci perché aumentano: aumentano perché il femminicidio viene tollerato, sottovalutato, considerato impropriamente delitto passionale (dai mass media) e d"impeto (dagli psichiatri e dai giudici), con l"esito di rafforzare negli uomini violenti un senso di impunità ottenuto anche con la complicità oggettiva di un sistema psichiatrico-giudiziario che fa uscire il delitto d"impeto dalle aule di tribunale, dai processi giusti, dalle sentenze "provate" e lo affida all"osservazione ed alle cure di un contesto tecnico, salvifico molto spesso solo per l"omicida.

 


[1] il V., subito dopo l"omicidio, e subito dopo un tentativo suicidiario, ingiunge ai sanitari dell"ospedale di fare esami ematici al fine di trovare tracce di stupefacenti che dovevano servirgli come prove per la sua incapacità di intendere e volere al momento dell"omicidio!

[2] UNITED NATIONS HUMAN RIGHTS COUNCIL, Twentieth session, Statement by Rashida Manjoo Special Rapporteur on violence against women, its causes and consequences, Geneva, 25 June 2012.

"My thematic report this year is focused on the issue of gender related killings of women. The report addresses the killings of women whether they occur in the family, the community, or are perpetrated or condoned by the State. Globally, the prevalence of different manifestations of such killings is increasing. Terms such as femicide, feminicide, honour killings, crimes of passion, and so on, have been used to define such killings."  




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