Cultura, società  -  Redazione P&D  -  04/12/2022

Festa del perdono

(lamento di una madre di Plaza de Mayo)

  

Che io non sia più viva

quando i figli

di chi vi ha preso il padre,

forse sinceri,

forse spaventati

o soltanto abili

a fiutare il vento,

dagli scranni rossi di velluto

di chiese, tribunali e parlamento,

s’alzeranno

compunti

contriti

compresi

della solennità dell’ora

e con volto severo, telegenico,

solleveranno occhi umidi al cielo

e piegando il ginocchio

davanti a voi, figli miei,

chiederanno perdono

per ciò che i loro padri hanno fatto al vostro.

 

Cerimonia sentita

preparata con cura,

talk show e tavole rotonde,

sondaggi, analisi,

nobili appelli, accorate preghiere.

 

E per non guastar la festa

dite che sì,

perdonate, perdonate, perdonate

perché il passato è passato

e oggi siamo diversi

mai più simili orrori

l’odio non paga

si deve guardare avanti

e marciare uniti verso qualcosa.

 

Un abbraccio,

un altro ancora,

finché l’ultimo cameraman

non avrà spento

l’ultima lampada.

 

E poi via, ognuno al suo posto

perché la vita continua

e la morte no.

 

Che io non sia più viva

nel giorno del perdono senza giustizia

quando,

nella folla intenta a girar pagina,

nel vostro viso vedrò,

figli miei,

l’amore mio d’un tempo.




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immagine A3M

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