-  Redazione P&D  -  07/12/2012

FINE DEL RIDICOLO DELLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA – Stefano BERTONE

Sulla declaratoria di incostituzionalità della mediazione obbligatoria, oltre all'articolo di Stefano BERTONE, i lettori di P&D potranno consultare il contributo "Mediazione sì, ma non obbligatoria" che Adriano Marcello MAZZOLA ha pubblicato alla voce 'Giustizia Civile'; in calce a tale saggio è rinvenibile il testo integrale della significativa pronuncia della Consulta; buona lettura! (Paolo M. Storani)

Fine del "ridicolo della mediazione obbligatoria ex d.lgs. 4.03.2010 n° 28": grazie a C.Cost 272/12 Suor Gertrude vuole ciò che vuole.

Da queste pagine www.personaedanno.it/cms/data/articoli/020679.aspx e altre, avevo lanciato strali contro la mediazione obbligatoria, richiamando la triste vicenda manzoniana di Suor Gertrude costretta a farsi Monaca di Monza per volontà di altri.

Ora è finita.

Con la sentenza 272/12 del 6 dicembre 2012 la Corte Costituzionale affonda per sempre la mediazione obbligatoria introdotta con l"art. 5, comma 1, primo del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e la cancella non solo per eccesso di delega.

Se infatti la violazione dei limiti della delega è manifesto, per la Consulta non esiste neanche alcun appiglio normativo nella normativa comunitaria.

Ecco un"analisi rapida dei passaggi che mi hanno convinto di più, e che mi rasserenano per il futuro.

Dice la Corte:

"In forza di tale norma, la parte che intende agire in giudizio per una delle azioni specificamente indicate, è tenuta, in via preliminare, ad esperire la procedura di conciliazione, disciplinata come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Il carattere obbligatorio così attribuito a detta procedura è censurato, per eccesso o difetto di delega, da quasi tutte le ordinanze di rimessione sopra riassunte; e tali censure sono fondate".

E, prosegue:

"si deve osservare che sia la legge delega (art. 60, comma 2 e comma 3, lettera c, della legge n. 69 del 2009), sia il d.lgs. n. 28 del 2010 (preambolo) si richiamano al rispetto e alla coerenza con la normativa dell"Unione europea. È necessaria, dunque, una ricognizione, sia pure concisa, degli elementi desumibili da tale normativa. L"indagine deve prendere le mosse dalla direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 21 maggio 2008, «relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale»".

Fatta questa ricognizione, che comprende anche l"esame delle due Risoluzioni del Parlamento europeo 25 ottobre 2011 (2011/2117-INI) sui metodi alternativi di soluzione delle controversie in materia civile, commerciale e familiare, e 13 settembre 2011 (2011/2026-INI), relativa all"attuazione della direttiva sulla mediazione negli Stati membri, impatto della stessa sulla mediazione e sua adozione da parte dei tribunali (dove si auspicava che la mediazione perdesse il carattere della costrizione), la Corte conclude:

"12.2.— Come emerge dalla ricognizione che precede, dai richiamati atti dell"Unione europea non si desume alcuna esplicita o implicita opzione a favore del carattere obbligatorio dell"istituto della mediazione. Fermo il favor dimostrato verso detto istituto, in quanto ritenuto idoneo a fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale, il diritto dell"Unione disciplina le modalità con le quali il procedimento può essere strutturato («può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro», ai sensi dell"art. 3, lettera a, della direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008), ma non impone e nemmeno consiglia l"adozione del modello obbligatorio, limitandosi a stabilire che resta impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio (art. 5, comma 2, della direttiva citata).

Pertanto, la disciplina dell"UE si rivela neutrale in ordine alla scelta del modello di mediazione da adottare, la quale resta demandata ai singoli Stati membri, purché sia garantito il diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie. Ne deriva che l"opzione a favore del modello di mediazione obbligatoria, operata dalla normativa censurata, non può trovare fondamento nella citata disciplina. Infatti, una volta raggiunta tale conclusione, si deve per conseguenza escludere che il contenuto della legge delega, richiamando la direttiva comunitaria, possa essere interpretato come scelta a favore del modello di mediazione obbligatoria".

Perciò non si illudano i mediatori ex-obbligatori ed i loro contatti in Parlamento che sperano di reintrodurre la costrizione, perché il problema non è soltanto un temporaneo eccesso di delega: infatti una nuova legge delegante che (re)introducesse l"obbligatorietà della norma si scontrerebbe con il senso stesso della direttiva comunitaria, come era stato ampiamente spiegato e come ora ci ricorda la Corte Costituzionale:

"Si deve per conseguenza escludere che il contenuto della legge delega, richiamando la direttiva comunitaria, possa essere interpretato come scelta a favore del modello di mediazione obbligatoria"-

Fatto questo, e cioè, ripetiamolo, escluso che la normativa europea possa fornire un qualche appiglio per l"obbligatorietà (anzi avevamo già visto l"anno scorso che quello italiano era uno strappo bello e buono alla disciplina europea, tanto che solo l"Italia l"aveva imposta), la Corte passa all"esame della norma delega, e il risultato non cambia perché neppure lì si era mai parlato di costrizione.

13.— Si deve ora procedere all"interpretazione della legge delega (art. 60 della legge n. 69 del 2009), al fine di verificare il rispetto dei principi da essa posti in sede di emanazione del d.lgs. n. 28 del 2010 e, in particolare, delle disposizioni oggetto di censure.
Orbene, la detta legge delega, tra i principi e criteri direttivi di cui all"art. 60, comma 3, non esplicita in alcun modo la previsione del carattere obbligatorio della mediazione finalizzata alla conciliazione. Sul punto l"art. 60 della legge n. 69 del 2009, che per altri aspetti dell"istituto si rivela abbastanza dettagliato, risulta del tutto silente. Eppure, non si può certo ritenere che l"omissione riguardi un aspetto secondario o marginale. Al contrario, la scelta del modello di mediazione costituisce un profilo centrale nella disciplina dell"istituto, come risulta sia dall"ampio dibattito dottrinale svoltosi in proposito, sia dai lavori parlamentari durante i quali il tema dell"obbligatorietà o meno della mediazione fu più volte discusso".

E ancora:

"Tale vizio non potrebbe essere superato considerando la norma introdotta dal legislatore delegato come un coerente sviluppo e completamento delle scelte espresse dal delegante, perché – come sopra messo in rilievo – in realtà con il censurato art. 5, comma 1, si è posto in essere un istituto (la mediazione obbligatoria in relazione alle controversie nella norma stessa elencate) che non soltanto è privo di riferimenti ai principi e criteri della delega ma, almeno in due punti, contrasta con la concezione della mediazione come imposta dalla normativa delegata".

Dunque ricapitoliamo.

La normativa comunitaria non era, e non è, nel senso della obbligatorietà. Possiamo dire: anzi.

La legge delega, correttamente, non prevedeva niente del genere.

Qualcuno, per interessi che sarebbe il caso di sondare, nel 2010 è riuscito a far infilare (unico caso europeo) la costrizione alla mediazione nel decreto legislativo.

Come conseguenza, decine di migliaia di cittadini sono stati costretti a spendere soldi tempo e libertà in mediatori obbligatori, impediti all"accesso immediato alla giustizia. Tanto per darvi un numero, secondo le statistiche ministeriali, nel solo 2011 sono stati iscritti (obbligati) 60.000 procedimenti, di questi 4.465 casi di responsabilità medica[1].

Ora l"erbaccia dell"obbligatorietà è stata estirpata ed è necessaria la vigilanza di tutti perché non ricresca.

Ma resti pure la mediazione volontaria.

Perché no? L"importante è che sia tale: voglio mediare, non devo voler mediare.

Prima di finire non può mancare un pensiero alle decine di migliaia di "mediatori obbligatori" spuntati come funghi due anni fa e che increduli con la sentenza della Consulta hanno visto svuotarsi il loro laghetto delle trote. Che ne sarà di loro?

Semplice.

Fino a ieri, nel loro mercato creato artificialmente, bastava buttare l"amo, o aprire le porte dell"agenzia: i pesci non potevano non cibarsi. L"ingresso del tonno in tonnara era inevitabile.

Da oggi invece gli ex "mediatori obbligatori" dovranno spendere soldi loro in pubblicità, anziché attendere sull"uscio grazie alla pubblicità pagata dal Ministero della Giustizia, e dovranno convincere i futuri litiganti di essere più bravi, più giusti, più competenti, più tutelanti ed altrettanto imparziali dei magistrati pubblici. Penso agli ex liquidatori, o gli avvocati fino al 2010 avevano sempre fatto difesa delle imprese assicurative: riusciranno a convincere le parti di essere equidistanti?

Nel frattempo Suor Gertrude, anziché diventare Monaca di Monza, si toglie il velo e riassapora il piacere della libertà.




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