Biodiritto, bioetica  -  Redazione P&D  -  28/10/2021

Fine vita e diritto all'autodeterminazione: la Cassazione torna ad evidenziare l'importanza della scelta - Cassazione, Sezione III Civile, 12 ottobre 2021 n. 27862 - Michela del Vecchio

“In tema di danno alla persona conseguente a responsabilità medica integra l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, in quanto essa nega al paziente, oltre che di essere messo nelle condizioni di scegliere cosa fare, nell’ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la fruizione della salute residua fino all’esito infausto, anche di essere messo in condizione di programmare il suo essere persona e, quindi, in senso lato, l’esplicazione delle sue attitudini psico – fisiche in vista e fino a quell’esito”

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 e l’affermazione nella stessa di “una circoscritta area di non conformità costituzionale della fattispecie criminosa corrispondente a quelle situazioni in cui gli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, pur capaci di strappare alla morte i pazienti in condizioni estremamente compromesse, non sono comunque in grado di restituire loro una sufficienza di condizioni vitali; dopo il decisivo e rilevante rilievo – pure indicato nell’appena citata sentenza della Consulta – secondo cui “il coinvolgimento in un percorso di cure palliative deve costituire un pre -requisito della scelta, in seguito, di qualsiasi percorso alternativo da parte del paziente”, la Suprema Corte torna – come già compiuto in precedenti sentenze depositate dopo l’entrata in vigore della Legge 219/17 – a rimarcare come errori medici (nella specie omessa diagnosi di una leucemia linfatica cronica) potessero incidere in modo determinante sui percorsi esistenziali minando irreversibilmente (stante la natura terminale del processo morboso non tempestivamente diagnosticato) la libertà di autodeterminazione del paziente.

Resta dunque “dirimente” in ogni questione relativa a responsabilità medica la “scelta” che la persona malata è chiamata a fare sul percorso terapeutico da intraprendere e, di riflesso, l’attuazione da parte dei sanitari, di tutti i sistemi comunicativi per offrire al paziente il ventaglio di opzioni per decidere – con apprezzabile immediatezza – come affrontare l’ultimo tratto del proprio percorso di vita.

Né il colpevole ritardo diagnostico e, dunque, la perdita di possibilità di scelta di accesso a trattamenti lenitivi degli effetti di patologie non più reversibili o ad un percorso che porti a contenere la durata della patologia e ad accettarne la condizione può definirsi, sotto il profilo della causalità giuridica e del processo probatorio della responsabilità risarcitoria, un danno da “perdita di chance” con conseguente onere della prova incombente sul danneggiato.

Sul punto la giurisprudenza in commento ha chiarito che la violazione del diritto ad autodeterminarsi liberamente nella scelta dei percorso / trattamenti terapeutici (causata dalla ritardata diagnosi della patologia ad esito infausto) integra “lesione di un bene di per sé autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale” ovvero non richiedente allegazioni probatorie o argomentative in quanto accedente ad una liquidazione del danno di carattere equitativo.

Cassato dunque il provvedimento pronunciato dai Giudici di Appello sarà necessaria una rilettura costituzionalmente orientata della fattispecie sostanziale e giuridica sottoposta all’attenzione del Supremo Collegio   


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