-  Mazzon Riccardo  -  12/02/2013

FONDI FINITIMI APPARTENENTI AD UNICO PROPRIETARIO: DISTANZE TRA COSTRUZIONI E REGOLAMENTI - RM

L"articolo 873 del codice civile (il primo degli articoli preposti dai redattori del codice alla disciplina delle distanze), prevede che debbano essere tenute a distanza non minore di tre metri, se non sono unite o aderenti, le costruzioni insistenti "sui fondi finitimi":

"la prescrizione dell'art. 873 riguarda le distanze tra costruzioni su fondi finitimi, sicché restano escluse dall'applicazione della norma le costruzioni realizzate nello stesso fondo, salvo quanto diversamente disposto dai regolamenti locali. Per "fondi finitimi" devono intendersi non solo i fondi confinanti ma anche quelli vicini, posto che il codice, quando ha inteso riferirsi ai fondi confinanti, ha usato l'attributo "contigui". Ne consegue che trova applicazione la presente norma anche nel caso di interposizione tra le fabbriche di una striscia di terreno altrui di larghezza inferiore alla distanza legale" Albano, Distanze fra costruzioni, in NN.D.I., V, Torino, 1960, 1137 - cfr., amplius, "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto).

Segue il richiamo, operato dalla parte finale dell"articolo medesimo di assoluta e, oggigiorno, primaria importanza, ai regolamenti locali, i quali "possono stabilire una distanza maggiore":

"il richiamo ai regolamenti locali, per l'eventuale determinazione di distanze maggiori, rende recettizie delle disposizioni del codice civile le norme sulle distanze contenute in tali regolamenti, con la conseguenza che il privato potrà, a tutela dei diritti subiettivi a lui derivanti anche da queste norme, agire per ottenere la riduzione in pristino, secondo quanto disposto dall'art. 872. Occorre tuttavia precisare che vanno distinte le norme regolamentari relative esclusivamente alle distanze, costituenti integrazione del codice (norme integrative) dalle altre norme, pure regolamentari, che sono dettate per soddisfare interessi d'ordine generale, quale l'assetto urbanistico. Per le violazioni di queste ultime sarà dovuto solo il risarcimento del danno" Albano, Le limitazioni legali della proprietà, in Tratt. Rescigno, 7, I, Torino, 1982, 572.

 

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Se, dunque, il presupposto principe per l"applicazione della norma in oggetto risulta essere, ictu oculi, l"affrontare una fattispecie concreta che interessi una "costruzione", altra locuzione da tener nella dovuta considerazione, sempre quanto all"applicabilità della norma medesima, è quella che descrive le costruzioni interessate come insistenti su "fondi finitimi".

Che i fondi finitimi debbano appartenere a proprietari diversi è conseguenza che discende proprio dai principi generali concernenti il carattere privatistico e la derogabilità dei limiti stabiliti dall'articolo 873 del codice civile: se, infatti, la norma de qua è posta a tutela di interessi privatistici - e i suoi dettati, conseguentemente, risultano derogabili dai privati interessati -, è evidente che, qualora i fondi finitimi appartengano ad un unico proprietario, questi possa assolutamente costruire anche a distanze inferiore, rispetto a quella disposta dall"articolo 873 c.c.; fermi, ovviamente, i vincoli (inderogabili) posti eventualmente dagli strumenti urbanistici a ciò preposti:

"se le norme sulle distanze di cui all'art. 873 c.c., dettate a tutela di reciproci diritti soggettivi dei confinanti e volte ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose, sono derogabili mediante convenzione tra privati, non lo sono, invece, le norme degli strumenti urbanistici locali che impongono di mantenere le distanze fra fabbricati o di questi dai confini; tali disposizioni, infatti, hanno per scopo non solo la tutela di interessi privati, ma anche e soprattutto finalità di interessi generali e pubblici in materia urbanistica, con la conseguente invalidità, anche tra i proprietari di fondi confinanti che le hanno pattuite, delle convenzioni in contrasto con dette norme" Cassazione civile, sez. II, 22/04/2008, n. 10387Conferma App. Potenza, 8 luglio 2003 n. 126 S.E. c. M. Riv. giur. Edilizia 2008, 4-5, 1063 – conforme, con esplicito riferimento alle norme sulle distanze tra costruzioni, contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali: Cass. 13.10.79, n. 5362, FI, 1980, I, 371.

E" il caso, ad esempio, di un regolamento che stabilisca che le intercapedini tra edifici non possano mai, in nessun caso (e dunque neppure se entrambe insistenti su fondo appartenente a unico proprietario), esser minori di una determinata misura:

"la disciplina delle distanze tra fabbricati prevista nell'art. 12 del regolamento edilizio del Comune di Frattamaggiore va coordinata con quella prevista nei successivi art. 14 e 20, nel senso che l'art. 12 contiene due distinte disposizioni, delle quali la prima si riferisce agli edifici a confini di strade pubbliche e strade private aperte al pubblico (art. 14) costruiti a "fronte separato", che debbono distare tra loro sei metri, e tre dal confine di ciascuna proprietà, mentre la seconda riguardante la distanza da osservarsi fra edifici siti in zone interne, non confinanti con strada pubblica o privata aperta al pubblico, per i quali la distanza media tra fabbricati opposti non deve essere minore della metà dell'altezza massima del nuovo fabbricato, con un minimo di otto metri, senza alcun riferimento al confine. L'art. 20, poi, il quale stabilisce che le intercapedini tra casa e casa non possono mai essere di larghezza inferiore ai metri tre, prescinde completamente dall'esistenza di un confine, in quanto tende sostanzialmente alla regolamentazione dell'ampiezza dell'intercapedine tra fabbriche appartenenti al medesimo proprietario, da erigere, cioè, su una zona rispetto alla quale non è dato fare riferimento, per il calcolo della distanza, ad un preesistente confine interno" Cass. 15.10.77, n. 4412, RGE, 1978, I,546.




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