-  Mazzon Riccardo  -  01/09/2012

GENITORI, TUTORI, PRECETTORI E MAESTRI D'ARTE: NON E' RESPONSABILITA' OGGETTIVA - Riccardo MAZZON

Anche nell"ambito civile, le fattispecie configuranti responsabilità oggettiva previste dal legislatore sono da considerarsi numerus clausus e non suscettibili di applicazione analogica:

"la responsabilità oggettiva, seppure contemplata con riguardo a varie attività di impresa, non costituisce ancora un principio generale dell'ordinamento, ma è configurabile in ipotesi tassative disciplinate sulla base di specifiche valutazioni del rischio socialmente tollerabile, e perciò non suscettibili di interpretazione analogica" (Trib. Monza 19 settembre 1996, DInf, 1997, 311).

Peraltro, come di seguito segnalato, pur non essendovi particolare armonia, né in dottrina, né in giurisprudenza, nell"isolare i casi di responsabilità oggettiva da quelli configuranti mera colpa presunta, le fattispecie che implicano responsabilità generante risarcimento attraverso un giudizio normativo di rimproverabilità personale oggettiva risultano essere in numero effettivamente esiguo.

Purtuttavia, è stato anche recentemente rammentato come il principio di personalità della responsabilità è dettato in Costituzione con riferimento agli illeciti penali e non si estende sic et simpliciter alla responsabilità civile ed amministrativa od ai rapporti contrattuali con la p.a.,

"dove ulteriori interessi in gioco possono essere legittimamente bilanciati dal legislatore per introdurre forme di responsabilità oggettiva o anticipazioni della soglia di tutela dell'ordine pubblico, come nel caso della legislazione antimafia in materia di contrattazione con la p.a." T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 07/09/2011, n. 1621 Soc. I.C. s.r.l. c. Min. dell'int. - uff. Territoriale del Governo di Palermo, Min. dell'Economia e delle fin., Soc. I. s.p.a. Red. amm. TAR 2011, 09.

In particolare, i genitori o i tutori rispondono del danno cagionato dal figlio minore non emancipato o della persona soggetta alla tutela, nel caso coabitino con essi; i precettori e i maestri rispondono del danno causato dai loro allievi se accaduto nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza: in tutti i suddetti casi, la responsabilità è esclusa se si dà prova di non aver potuto impedire il danno.

Trattasi, anche in questo caso, come nel precedente, di una mera inversione dell"onere della prova e non di un caso di responsabilità oggettiva:

"in relazione all'interpretazione della disciplina prevista nell'art. 2048 c.c., è necessario che i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa dalla suddetta norma desumibile, offrano non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere e all'indole del minore. L'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell'art. 147 c.c. Non è conforme a diritto, invece, per evidente incompatibilità logica, la valutazione reciproca, e cioè che dalle modalità del fatto illecito possa desumersi l'adeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata" (Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2005, n. 20322, MGC, 2005, 7/8).

La prova liberatoria si traduce nella dimostrazione di aver impartito l'educazione e l'istruzione consone alle condizioni sociali e familiari e di aver vigilato sulla condotta in misura adeguata all'ambiente, alle abitudini ed al carattere:

"la norma di cui all'art. 2048 c.c. disciplina una fattispecie di responsabilità non indiretta, bensì diretta dei genitori per il fatto illecito dei figli minori imputabili, nonchè presunta, sia pure "iuris tantum" (in deroga alla generale previsione di cui all'art. 2043 c.c.), fino a quando non sia stata offerta la positiva dimostrazione, da parte dei medesimi, dei precetti posti dall'art. 147 c.c.; la relativa valutazione è rimessa al giudice di merito e, come tale, deve considerarsi insindacabile se sorretta da adeguata e corretta motivazione" (Cass. civ., sez. III, 28 marzo 2001, n. 4481, FD, 2001, 1171; DResp, 2001, 5, 498);

"l'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può esser ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell'art. 147 c.c." (Cass. civ., sez. III, 29 maggio 2001, n. 7270, MGI, 2001; DResp, 2001, 12, 1211).

La giurisprudenza, inoltre, ha ritenuto che non occorre la prova della costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio quando risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l'ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possono mai costituire fonte di pericolo per sè e per i terzi (nella specie, un gruppo di ragazzi gioca a tennis nella piazza di un paese di montagna; la palla finisce in un giardino privato, un ragazzo va a prenderla ma il proprietario del fondo gli rompe la racchetta; un altro ragazzo sopraggiunge ed, infuriato, frantuma la propria racchetta contro un muretto; una scheggia dell'attrezzo colpisce l'occhio dell'uomo, cagionandogli gravi danni ad un occhio; la Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio di diritto, ha confermato la sentenza del merito, la quale ha escluso la responsabilità dei genitori del minore sul presupposto che il fatto che questi si fosse recato a giocare a tennis in una piazza di un piccolo paese non rappresentava, in termini di normale ragionevolezza, una situazione tale da dover essere seguita o impedita dai genitori al fine di evitare danni):

"la prova liberatoria richiesta ai genitori dall'art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore, capace di intendere e volere, si concreta, normalmente, nella dimostrazione, oltre di avere impartito al minore un'educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari, anche di avere esercitato sul medesimo una vigilanza adeguata all'età. A tal fine non occorre che il genitore provi la sua costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio quando, per l'educazione impartita, per l'età del figlio e per l'ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l'ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano mai costituire fonte di pericoli per sè e per i terzi" (Cass. civ., sez. III, 9 aprile 1997, n. 3088, MGI, 1997; DResp, 1997; FD, 1997).

Risulta interessante, in argomento, sin d'ora riportare la recente pronuncia del Tribunale di Genova in cui il giudice di prime cure ha deciso una fattispecie nella quale un giovane ed i suoi genitori, richiedevano il risarcimento del danno per un infortunio, occorso al medesimo ragazzo, durante un ritiro sportivo, al quale egli era stato convocato in occasione dei Traials Juniones di Rugby.

In particolare, l'incidente avvenne in una delle camere dell'Hotel Royal di Tabiano Terme, località prescelta per la manifestazione sportiva: a detta degli attori, il ragazzo, che condivideva la medesima stanza con due compagni di squadra, anche loro minorenni, venne spinto alle spalle e con forza da uno di questi e, cadendo malamente e sfortunatamente sul ginocchio dell'altro, riportò una ferita al labbro, una contusione alla mandibola con ripercussione sui denti, nell'immediatezza rilevata come sublussazione di due denti incisivi superiori; sempre nell'esposto di citazione, si lamentava come il giovane avesse dovuto abbandonare il ritiro, cui teneva molto, e come, per il salvataggio dei denti, avesse dovuto portare per circa quattro mesi, in orario notturno, un apparecchio esterno di blocco degli stessi.

La domanda è stata formulata avverso il ragazzo che sferrò la spinta, in proprio, ex art. 2043 del codice civile ed il di lui padre, ai sensi dell'articolo 2048, medesimo codice:

"entrambi i convenuti, costituiti resistono alla domanda con argomenti di merito che si analizzeranno, per quanto di ragione e di seguito. Il quadro di fatto esposto in citazione, e sopra riassunto, risulta totalmente confermato in istruttoria delle risultanze congiunte della CTU, intesa anche quale momento di cognizione del significato e della genuinità della documentazione medica, e della deposizione del teste oculare M.T.. Non resta quindi che analizzare i temi di diritto che la domanda involge. Appaiono sussistere, nel caso, sia una responsabilità ex art. 2043 del danneggiante minore in proprio, sia una responsabilità ex art. 2048 del genitore. Le stesse concorrono sul piano fattuale e, conseguentemente, la responsabilità è solidale anche se derivante da titoli extracontrattuali diversi" Tribunale di Genova 23 settembre 2011, redazione Giuffré.

Osserva il Tribunale che, in concreto, risulta evidente come l'atto compiuto dal convenuto (spinta) sia frutto di "imprudenza" (anche se tollerabile), ma soprattutto di una scarso autocontrollo: evidentemente, ritiene il giudice di prime cure, la spinta era troppo forte per carente controllo da parte del ragazzo (giocatore di rugby) della sua forza o per una sua eccessiva eccitazione per il momento festoso: in ogni caso, il difetto di autocontrollo fisico può essere assimilato all'imperizia, integrando una categoria tipica della colpa generica.

"il ragazzo era quasi maggiorenne e condotto in autonomia ad un ritiro sportivo. Ovviamene non sussiste nel caso difetto di capacità naturale. L'imprudenza e l'imperizia di D., pur non gravissime e probabilmente condotte a nefasto esito anche da circostanze parzialmente fortuite, sono tuttavia titolo sufficiente di responsabilità civile personale" Tribunale di Genova 23 settembre 2011, redazione Giuffré.

Il giudicante, inoltre, ritiene sussistere, nel caso di specie, la responsabilità del genitore, ex articolo 2048 del codice civile: in effetti, siamo in presenza di due categorie personali che, in teoria, avrebbero potuto formare oggetto dell'intervento educativo dei genitori:

"naturalmente, in base ai dati di causa, non risulta assolutamente possibile affermare che vi fu trascuratezza da parte degli stessi nel curare l'affinamento dei modi del figlio. Parimenti però non vi è neppure alcuna possibilità di affermare il contrario. Nel dubbio la regola di cui all'art. 2048 del c.c. assegna comunque la responsabilità al genitore. Ammessa, per via presuntiva, la culpa in educando del genitore convenuta, essa, a fronte di un figlio colle caratteristiche dette, non può certo considerarsi assorbente di ogni margine di autoresponsabilità di quest'ultimo. Siamo quindi di fronte ad un caso di responsabilità concorrente" Tribunale di Genova 23 settembre 2011, redazione Giuffré.

Riferito quanto sopra, in punto an debeatur, il Tribunale, in punto quantum, premette i criteri generali cui esso ritiene di poter attenersi in punto di liquidazione del danno non patrimoniale, asseritamente ricavandoli delle pronunce delle Sezione Unite della Cassazione del Novembre del 2008; in particolare, la sentenza in oggetto ritiene:

  • che dalla lesione alla salute discenda un unico danno evento di natura non patrimoniale (definibile biologico);
  • che tale danno sia risarcibile unitariamente (ad es. con metodo equitativo) senza considerazione delle conseguenze ulteriori;
  • che tuttavia dal danno evento suddetto discendano ulteriori conseguenze dannose (sofferenze, inabilità, pregiudizi della vita di relazione) che non devono essere necessariamente ulteriormente qualificate dal requisito dell'antigiuridicità, ma, per essere considerate ai fini liquidatori che si diranno, debbono essere provate e legate alla lesione da vincolo causale ex art. 1223 del c.c. (danni conseguenza);
  • che il danno alla salute possa essere liquidato, oltre che unitariamente (come normalmente avviene per altri beni come onore, libertà di movimento, libertà sessuale etc.) anche mediante la ricognizione dei suddetti danni conseguenza singolarmente valutati,
  • che in tal caso occorra tuttavia rispettare i principi di completezza del risarcimento e di non duplicazione delle poste risarcitorie;
  • che nell'ottica suddetta il risarcimento parametrato sulle "inabilità fisiche conseguenza", considerando solo un valore convenzionale, e standard, di tali inabilità non può ritenersi completo;
  • che infatti esso non considera né la particolare incidenza delle inabilità sulle condizioni specifiche di vita ed "impiego del corpo" del soggetto (condizioni non comuni e quindi non "tabellabili") né le sofferenze puramente morali, necessariamente individuali, né lo specifico pregiudizio rappresentato dalla necessità di subire operazioni chirurgiche riparatorie o periodi di immobilizzazione;
  • che, in effetti anche la definizione di danno biologico sottesa alle tabelle ministeriali relative alle microlesioni risulta comprensiva del danno "ordinario" alla vita di relazione, poiché, per il danno "straordinario" lo stesso codice consente un incremento discrezionale sul valore tabellare della liquidazione;
  • che di conseguenza ove la liquidazione avvenga su base tabellare, può, ed eventualmente deve, essere liquidata, in aggiunta alla risultanza tabellare relativa al danno "fisico", una integrazione del danno biologico, in senso stretto, in relazione all'incidenza in concreto dell'inabilità su comprovate "attività non comuni" della vittima, con aumento fino al 30% in applicazione estensiva dell'art. 138 comma 3 del codice delle assicurazioni;
  • che parimenti ove siano comprovate conseguenze morali del danno alla salute le stesse vadano liquidate in aggiunta alla somma riconosciuta per l'inabilità;
  • che per il periodo di IT la componente morale del danno alla salute si possa "presumere esistente", sulla base della presunzione semplice di sussistenza, per il periodo, di grave disagio per la sospensione si gran parte delle attività quotidiane e di ansia per la guarigione;
  • che, invece, per il periodo di IP, viga la contraria presunzione del ritorno in asse dell'umore del danneggiato, fatta eccezione per i danni coinvolgenti la sfera estetica o sessuale o quelli implicanti consistenti riduzioni di funzioni biologiche fondamentali o algie permanenti e fatta sempre salva la prova specifica;
  • che pertanto, nel caso, la liquidazione di danno possa comprendere:

"la componente biologica in senso stretto evidenziata dal CTU con convincente elaborato, una maggiorazione per il danno morale (raddoppio della liquidazione per la IT) della cui sussistente nel periodo di IT vi è prova, nel caso diretta (deposizione T.), una ulteriore maggiorazione per il periodo danno non patrimoniale complessivo integrato dalla necessità di portare per quattro mesi (di notte) apparecchio ortodontico, ed infine un ulteriore adeguamento del danno morale temporaneo (transeunte) relativo alla perdita dell'occasione di partecipare ad una manifestazione nazionale dello sport preferito, manifestazione potenzialmente foriera di interessantissimi sviluppi sportivo. Facendo uso dei valori di cui alla tabella del Tribunale di Milano dell'anno 2008 si può quindi procedere in tal senso. Tabella ...omissis... A quanto sopra si aggiunge il danno patrimoniale a carico dei genitori consistenti in esborsi di riconosciuta utilità di euro 1001,29 per spese mediche. Ambo le liquidazioni possono intendersi siccome effettuata al 1.1.08, data alla quale è liquidato un danno totale di euro 8.883,09. In relazione ai fatti di causa non risulta alcun altro diritto in favore dei genitori di D.D.A.. Il pregiudizio morale che essi hanno subito in relazioni alle lesioni del figlio non pare risarcibile. Esso non consegue alla compromissione del loro diritto fondamentale al libero godimento del rapporto parentale posto che la consistenza dello stesso non è radicalmente immutata come avviene per le macrolesioni. Non pare nel caso risarcibile alcun danno futuro relativo alle spese mediche da sostenersi nel corso della vita del danneggiato. Il consulente di parte sostiene (senza riscontro da parte del CTU) che i denti oggetto del trauma, pur non essendo attualmente riscontrabile alcuna anomalia a loro carico, sono soggetti ad un maggior rischio futuro di necrotizzazione. Anche ove la suddetta tesi dovesse essere accolta l'ipotizzata posta di "danno futuro" in relazione all'elevato numero, nel lungo termine, dei fattori di rischio di necrosi di un elemento dentario parrebbe espressiva di un rischio troppo indistinto e multifattoriale, per essere considerato una "conseguenza immediata e diretta", ex art. 1223 c.c., del riconosciuto illecito. Consegue a quanto sopra la limitazione della liquidazione di danno nei termini già visti. Risultando l'accoglimento della domanda solo frazionario (in punto quantum debeatur) le spese di lite, liquidate come da dispositivo a carico dei soccombenti, possono essere compensate nella misura di 1/2. P.Q.M. Il tribunale, visto l'art. 281 sexies del c.p.c., ogni contraria istanza disattesa, CONDANNA i convenuti in solido a versare a D.A.A. la somma di euro 7881,80, ed a D.A.P. e S.C. (creditori in soldo) la somma di euro 1001,29, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal 1.1.08 al saldo, ed i soli interessi legali sulla maggiore delle due somme devalutata dal 1.1.08 al giorno dell'illecito e successivamente via via rivalutata fino alla data di partenza; CONDANNA il convenuto alla rifusione delle spese di lite liquidate nella totalità in euro 2466,24 per diritti, euro 2000,00 per onorari euro 178,00 per esborsi, oltre a rimborso forfetario IVA e CPA e successivamente compensa nella misura di 1/2; PONE gli oneri di CTU a carico solidale delle parti, con riparto interno del 25% a carico degli attori e del 75% a carico dei convenuti. Genova 23.9.11 IL GIUDICE"  Tribunale di Genova 23 settembre 2011, redazione Giuffré.

 




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film