-  Redazione P&D  -  22/02/2012

GIUDICATO SOSTANZIALE E NE BIS IN IDEM - Giuseppe FEDELI

La redazione di P&D vi invita a leggere la nuova chicca che ha inviato l'Autore: si tratta di tematiche imponenti trattate con colta sintesi. Già ieri, 21 febbraio 2012, avevamo pubblicato online, all'interno di questo stesso lemma, l'articolo su "FICTA CONFESSIO E GRADUAZIONE ANCHE IN CASO DI CONCORSO DI COLPA"; buona lettura!

IL GIUDICATO SOSTANZIALE E NE BIS IDEM - Giuseppe FEDELI

Il giudicato sostanziale (art. 2909 c.c.), quale riflesso di quello formale (art. 324 c.p.c.), si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, comprese le questioni e gli accertamenti che rappresentano le premesse necessarie e il fondamento logico–giuridico ineludibile della pronuncia, che si ricollegano cioè in modo indissolubile alla decisione (giudicato esplicito) formandone l"indispensabile presupposto (giudicato implicito).

Il giudicato si forma dunque non soltanto su quel che è stato oggetto di contrasto tra le parti ed ha trovato soluzione nel dispositivo, ma su tutto ciò che il giudice ha ritenuto, non incidentalmente ma decisivamente.

In tal senso conforme è l"orientamento di dottrina e giurisprudenza: si dice che il giudicato copre il dedotto e il deducibile.

Questo principio, secondo una lettura costituzionalmente educata, per il quale l"efficacia del giudicato si estende, oltre a quanto dedotto dalle parti, anche a quanto esse avrebbero potuto dedurre, si riferisce sempre a quelle ragioni non dedotte che rappresentano un antecedente logico necessario della pronuncia ed impedisce che possa essere introdotta una nuova controversia con lo stesso oggetto ma con nuove ragioni, che ben si potevano far valere nel primo giudizio, o comunque in sede di gravame, che è la sede naturale per la revisio prioris instantiae. Di qui la violazione del principio del ne bis in idem: onde l"inammissibilità della domanda, il principio del ne bis in idem e quello dell"interesse ad agire essendo infatti tra loro ontologicamente connessi (in termini Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 26041 del 23/12/2010 -Rv. 615854, secondo cui il principio de quo corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, consistente "nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione"; tale garanzia di stabilità è "collegata all'attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata"; conf. Sez. 3, Sentenza n. 8379 del 07/04/2009 -Rv. 608254; in senso nomofilattico v. SS.UU, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006 -Rv. 589695-).

Sotto il presidio di tale inespugnabile avamposto (ponendosi esso, nota la migliore dottrina con un"affermazione che può essere tesaurizzata anche nel modulo civilistico, "a chiusura del sistema quale baluardo contro possibili abusi"), si palesa affatto ultronea l"indagine sia dell"altra eccezione pregiudiziale sollevata ex latere rei, sia nel merito delle (altre) eccezioni e contestazioni articolate da controparte nella comparsa di risposta, e ribadite nelle conclusioni.




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