-  Santuari Alceste  -  06/03/2012

I CONTROLLI SUL NON PROFIT: A TUTTI GIOVA UNA MAGGIORE TRASPARENZA - Alceste SANTUARI e Lorenzo BRESCIANI

Capita che lo schermo giuridico non profit, in specie associativo, venga utilizzato da realtà che piegano lo strumento non lucrativo ai propri fini egoistici (lucrativi) allo scopo di non versare le imposte. Ne consegue che:

1. la finalità solidaristica si depaupera;

2. una parte del settore non profit è considerato "evasore" e, pertanto,

3. si deprime un importante patrimonio della convivenza civile, che è il volontariato e l"agire solidale.

In questi ultimi due anni, l"Agenzia delle Entrate ha sensibilmente intensificato i controlli sugli enti non commerciali, al fine di poter "smascherare" quelle realtà che dissimulano vere e proprie imprese e che, quindi, sottraggono risorse alla tassazione generale.

L"attività di controllo volta ad accertare i soggetti che abusano delle norme agevolative a valenza generale ha assunto una rilevanza strategica nei piani di controllo dell"Amministrazione finanziaria che si aspetta risultati sempre più significativi, in termini sia di recupero dell"evasione pregressa, sia dissuasivi, determinando la fuoriuscita dei soggetti privi degli specifici requisiti previsti dai settori agevolati (cfr. Circolare n. 21/E del 18 maggio 2011).

Gli strumenti a disposizione degli organi di controllo in questi ultimi anni si sono rafforzati. Il database realizzato con il Modello EAS ha permesso di acquisire una più ampia informazione e conoscenza del mondo associativo e dei soggetti assimilati sotto il profilo fiscale.

L"esperienza operativa ha evidenziato che una delle difficoltà riscontrate all"atto di intraprendere un"azione di controllo nei confronti di tali soggetti è rappresentata dalle limitazioni al potere di accesso, poiché, dal punto di vista fiscale i luoghi in cui gli stessi espletano le attività istituzionali sono assimilabili al domicilio fiscale. A tal fine, per agevolare il contrasto alle forme di evasione coinvolgono il settore, il decreto fiscale (D.L. 2 marzo 2012, n. 16) ha disposto una modifica dell"art. 52, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, integrando le tipologie di locali presso i quali può essere eseguito l"accesso finalizzato alla verifica con i locali utilizzati dagli enti non commerciali e da quelli che godono dei benefici previsti dal D.Lgs. n. 460/1997. In particolare la norma in commento prevede che "Gli uffici dell"imposta sul valore aggiunto possono disporre l"accesso di impiegati dell"Amministrazione finanziaria nei locali … utilizzati dagli enti non commerciali e da quelli che godono dei benefici di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l"accertamento dell"imposta e per la repressione dell"evasione e delle altre violazioni …".

Con il decreto fiscale è stata, inoltre, prevista la soppressione dell"Agenzia per le ONLUS che negli ultimi 5 anni (2007 – 2011) ha svolto 3.650 istruttorie che hanno determinato la bocciatura di 149 ONLUS e supplementi d"indagine per altre 194. I compiti e le funzioni saranno ora esercitati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Quale futuro dunque per i controlli sul non profit?

Ma perché, nonostante tutti i controlli, le carte dei servizi, il bilancio sociale, gli organismi di controllo contabile, i registri regionali ci troviamo ancora di fronte a fenomeni di abusivismo della forma non profit?

Una risposta alla domanda può derivare dalla "cronica" dicotomia che intercorre tra finalità perseguite e attività effettivamente svolte per realizzare quella finalità. L"aver privilegiato la nozione di "ente non commerciale" quale paradigma definitorio "a contrario" (opposto all"ente commerciale) ha creato una rappresentazione della realtà non profit incentrata sull"attività svolta e non sullo scopo perseguito.

I tempi sono invece maturi per riconoscere che gli enti non profit – al netto delle "mele marce" – sono pienamente legittimati a svolgere, se necessario e opportuno per una più efficace realizzazione del proprio fine statutario, attività aventi carattere commerciale. Cerchiamo di "sollevare il velo" – secondo la nota dottrina anglosassone – di quelle realtà che invero nascondono non tanto e non solo lo svolgimento di attività commerciale dissimulata, ma che non perseguono affatto uno scopo solidaristico. Per contro, chi ne fa le spese saranno sempre le organizzazioni non profit oneste, ossia quelle che chiedono semplicemente di essere riconosciute per la loro funzione sociale. Le organizzazioni rappresentative del terzo settore e l"Agenzia delle Entrate, soprattutto allo scopo di evitare talune forzature nell"applicazione della normativa (non sempre di facile interpretazione e applicazione) riguardante l"universo delle organizzazioni non profit possono a livello territoriale siglare protocolli d"intesa.




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