-  Redazione P&D  -  10/11/2013

I PROCEDIMENTI ENUNCIATI DAGLI ARTT. 696 C.P.C. E 696 BIS C.P.C. NELLA GIURISPRUDENZA - Vito AMENDOLAGINE

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Natura e finalità dei ricorsi previsti dagli artt. 696 c.p.c. e 696 bis c.p.c. - 3. Il rigetto del ricorso proposto ex artt. 696 c.p.c. o 696 bis c.p.c. è reclamabile? - 4. La comunicazione di avvio del procedimento. - 5. La funzione degli accertamenti eseguiti ex artt. 696 c.p.c. e 696 bis c.p.c. nel successivo giudizio di merito. - 6. Gli effetti del procedimento sulla prescrizione del diritto. - 7. Le spese del procedimento.

1. Introduzione

 

Ai sensi dell"art. 696 c.p.c. chi ha urgenza di fare verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o condizione di cose, può chiedere, a norma degli artt. 692 e ss. c.p.c., che sia disposto un accertamento tecnico od un'ispezione giudiziale.

Il co. 2 dell"art. 696 c.p.c. precisa che l'accertamento tecnico di cui al co.1 della stessa norma in esame, può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause ed ai danni relativi all'oggetto della verifica.

L'accertamento tecnico preventivo può essere chiesto prima dell'instaurazione della causa od in corso di essa.

Ciò premesso, ai sensi dell"art. 696 bis c.p.c. l'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al co.1 dell'art. 696 c.p.c., ai fini dell'accertamento e determinazione dei crediti derivanti dalla mancata od inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito.

Le due norme quindi hanno diversi presupposti ed ambito oggettivo.

Non a caso, si è anche ritenuto che a differenza dell"accertamento tecnico previsto dall"art. 696 c.p.c. la consulenza tecnica preventiva e l"istituto della mediazione disciplinato dal d.lgs. n.28/2010 perseguono la medesima finalità, introducendo entrambi un procedimento finalizzato alla composizione bonaria della lite, così da apparire tra loro alternativi e, quindi, apparendo le norme di cui al d.lgs. 28/2010 incompatibili logicamente ed in quanto tali, non applicabili laddove la parte proponga una domanda giudiziale per una consulenza tecnica preventiva, non sussistendo le condizioni di procedibilità di cui all'art. 5, co. 1, d.lgs. n.28/2010 (Trib. Varese, 2 1 aprile 2011, in Foro It., 2012, I, 270).

 

2. Natura e finalità dei ricorsi previsti dagli artt. 696 c.p.c. e 696 bis c.p.c.

 

Ai fini della qualificazione giuridica, deve evidenziarsi che mentre l'accertamento tecnico giudiziale ante causam disposto ai sensi dell"art. 696 c.p.c. viene usualmente considerato un procedimento di natura cautelare sotto il particolare profilo processuale della urgenza e necessità di evitare, prima del giudizio, la dispersione degli elementi di prova inerenti ad un preteso diritto, sicché, in mancanza, il medesimo accertamento tecnico, ove disposto nell'ambito del giudizio ordinario, risulterebbe pregiudizievole sul piano processuale alle esigenze probatorie della parte in quanto non più esperibile utilmente in quella sede, per contro, la consulenza tecnica preventiva ai fini della conciliazione della lite cui si riferisce l"art. 696 bis c.p.c. introdotta dalla l. 14 maggio 2005, n.80, risulta connotata, per un verso dall'assenza del requisito dell'urgenza probatoria di cui si è detto, e per altro verso, dalla precisa delimitazione della materia controversa, individuata esclusivamente nell'accertamento e relativa determinazione dei crediti di natura risarcitoria, di fonte sia contrattuale - da mancata od inesatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali - sia extracontrattuale, da fatto illecito (Trib. Catania, 8 febbraio 2010, in De Jure).

A tal fine, nella giurisprudenza di merito si è quindi ritenuto che il nuovo art. 696 bis c.p.c. sia nella sostanza uno strumento alternativo di risoluzione della controversia a scopo deflattivo del contenzioso civile e con fini, dunque, espressamente e primariamente conciliativi più che di cautela (In tal senso, cfr. Trib. Arezzo, 9 marzo 2010, in Giur. di Merito, 2011, 103, in cui si è affermato che la finalità del procedimento ex art. 696 bis c.p.c., quale si desume dalla complessiva disciplina dell'istituto e dalla stessa rubrica consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, impone alle parti uno speciale impegno nell'individuazione di una soluzione transattiva, anche in considerazione del fatto che la corsia preferenziale accordata dall'ordinamento processuale - che consente l'effettuazione dell'accertamento tecnico con notevole riduzione dei tempi rispetto al giudizio ordinario - è giustificata dalla finalità deflattiva che si intende conseguire tramite la conciliazione), sulla cui scorta, l'istituto in parola, stante la citata funzione deflattivo - conciliativa non consente interpretazioni eccessivamente restrittive e valutazioni formalistiche, salvo il caso in cui la possibilità conciliativa sia totalmente da escludersi come quando vi sia una contestazione radicale non già della responsabilità ma del rapporto da cui trarrebbe origine il credito da accertare. in tali casi, infatti, mancherebbe qualsivoglia punto di partenza per l'ipotesi di conciliazione e la consulenza preventiva rischierebbe di essere meramente esplorativa, volta alla precostituzione di un mezzo di prova al di fuori del requisito del periculum e non già ad evitare il giudizio di merito (Trib. Busto Arsizio, 25 maggio 2010, in Resp. Civ. e Prev., 2010, 2322).

La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite prevista dall"art. 696 bis c.p.c. è stata aggiunta dal legislatore tra i procedimenti di istruzione preventiva, per cui non vi è ragione per non ritenere che ne condivida la natura di provvedimento connotato dal carattere della provvisorietà o strumentalità, atteso che il provvedimento ammissivo della consulenza tecnica, ancorchè finalizzata alla conciliazione della lite, non perde la natura di provvedimento istruttorio, per assumere quella sostanziale di sentenza per potenziale definitività e decisorietà su diritti soggettivi.

 

3. Il rigetto del ricorso proposto ex artt. 696 c.p.c. o 696 bis c.p.c. è reclamabile?

 

In una pronuncia di merito è stato ritenuto inammissibile il reclamo proposto avverso il provvedimento di rigetto di un"istanza di istruzione preventiva, poiché lo steso deve ritenersi proposto in carenza di una previsione normativa che abiliti la parte a sperimentarlo e, per di più, contro un provvedimento espressamente dichiarato dalla legge inoppugnabile (Trib. Catanzaro, 7 settembre 1998, in Giust. Civ., 1998, I, 3257, con nota di FITTANTE, Brevi note sulla reclamabilità dei provvedimenti di istruzione preventiva).

Analogamente, si è ritenuto inammissibile il reclamo proposto avverso l'ordinanza di inammissibilità o di rigetto del ricorso ex art. 696 bis c.p.c. non essendo prevista alcuna impugnazione avverso tale provvedimento (Trib. Reggio Emilia, 19 gennaio 2012, in De Jure).

Infatti l'ordinamento non prevede uno specifico rimedio avverso il provvedimento del rigetto dell'istanza formulata ai sensi dell'art. 696 bis c.p.c., e, d'altro canto, non necessita un doppio grado di merito per la realizzazione del diritto di difesa (Trib. Mantova, 3 luglio 2008, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2009, 1, II, 45).

A ciò aggiungasi che il provvedimento negativo dell'istanza di consulenza tecnica, non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto alla prova, nè tantomeno le possibilità di conciliazione, atteso che lo stesso provvedimento è, comunque, ridiscutibile, anche quanto alle spese, nell'eventuale giudizio di merito (Cass., 7 marzo 2013, n.5698, in De Jure).

Ciò premesso, le analogie tra le ragioni che impongono la tutela cautelare e quelle che presiedono alla disciplina della istruzione preventiva sono state già più volte riconosciute dalla Consulta, che ha anche sottolineato il rapporto che lega il diritto di esercitare l'onus probandi con la garanzia di cui all'art. 24 Cost., conseguentemente pervenendo alla dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 669 quaterdecies e 695 c.p.c., nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell'istanza per l'assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 c.p.c. (Corte cost., 16 maggio 2008, n.144, in Giur. cost., 2008, 1762).

La Corte costituzionale, precisato che ove si abbia riguardo alla reclamabilità dei provvedimenti di rigetto di istanze cautelari sostanziali, la non reclamabilità di quelli che respingono i ricorsi per conseguire dei provvedimenti di istruzione preventiva si presenta come un'incoerenza interna alla disciplina della tutela cautelare, rilevava che la non impugnabilità dei provvedimenti sia di rigetto che di accoglimento non comporta una parità di tutela tra le parti.

Infatti, mentre il pregiudizio che può subire il resistente per effetto della concessione ed esecuzione di un provvedimento di istruzione preventiva non è definitivo, in quanto ogni questione relativa all'ammissibilità e rilevanza è rinviata al merito, il danno che può derivare al ricorrente da un provvedimento di rigetto può essere irreparabile.

 

4. La comunicazione di avvio del procedimento

 

Se il provvedimento, a mezzo del quale è disposto l"accertamento tecnico preventivo, è emesso fuori dell'udienza, deve essere comunicato alle parti in modo che esse possano partecipare all'atto di istruzione preventiva e svolgere le proprie difese e, se non lo sia, l'accertamento è nullo.

Infatti, in sede di accertamento tecnico preventivo, l'individuazione delle cause e dell'entità del danno lamentato, disposta contra legem dal giudice o effettuata per iniziativa del consulente, deve considerarsi tamquam non esset, poiché, pure in mancanza di specifiche norme sanzionatorie, un siffatto sconfinamento integra una violazione del principio del contraddittorio, sicché una sanatoria di tale trasgressione è configurabile soltanto quando l'estensione delle indagini sia avvenuta nel rispetto di quel principio, per il che non è sufficiente la sola notifica di cui all'art. 697 c.p.c., ma è necessaria l'effettiva partecipazione delle parti per un reale e concreto contraddittorio; ovvero allorché la relazione del consulente sia stata ritualmente acquisita agli atti senza opposizione delle parti (Cass., 1° aprile 2004, n.6390, in De Jure).

Se è disposto prima che il soggetto acquisti la qualità di parte del processo, come avviene quando non sia stato ancora chiamato in causa, l'accertamento, pienamente valido nei confronti delle parti, non è opponibile a lui.

Diversamente deve allora dirsi quando al soggetto sia comunicato il provvedimento di ammissione dell'accertamento tecnico preventivo, poiché in tale caso, pur non rivestendo ancora la qualità di parte del giudizio, assume quella di parte del procedimento di istruzione preventiva, come, del resto, avviene in caso di accertamento tecnico preventivo prima del giudizio, e gli è, comunque, garantita la possibilità di intervenire nel processo di istruzione preventiva per svolgere le proprie difese, sicché, se non interviene, imputet sibi (Cass., 31 maggio 2005, n. 11598, in De Jure).

 

5. La funzione degli accertamenti eseguiti ex artt. 696 c.p.c. e 696 bis c.p.c. nel successivo giudizio di merito

 

L'accertamento tecnico disposto in sede di istruzione preventiva ha la specifica funzione di descrivere lo stato dei luoghi, la qualità e condizione delle cose.

Dunque, il giudice ne tiene legittimamente conto, come fonte di prova, in una situazione in cui i fatti si sono già verificati, ma le cose ne conservano le tracce, perché lo stato dei luoghi e delle cose può logicamente e, quindi, validamente consentire di risalire dagli eventi alle cause.

Per ciò stesso, il giudice può assumere la descrizione dei luoghi e dello stato delle cose, compiuta nel corso dell'accertamento tecnico preventivo, a base dell'indagine che affida al consulente, nel corso del processo, se lo ritiene necessario, perché risalire alle cause degli eventi richiede l'ausilio di competenze tecniche che il giudice non possiede arg. ex art. 61 c.p.c. (Cass., 22 giugno 2001, n.8600, in De Jure), essendo certamente ammissibile che gli eventi descritti in sede di accertamento tecnico preventivo - ovvero lo stato dei luoghi, la qualità e le condizioni delle cose - possano essere considerati dal giudice come fonte di prova delle loro cause, allorchè consentano logicamente di risalire alla conoscenza delle stesse, e come base dell'indagine affidata ad un consulente tecnico nel corso del processo, quando, per risalire dalla conoscenza degli eventi a quella delle loro cause sia necessario il supporto di cognizioni tecniche (Cass., 22 marzo 2006, n.6319, in De Jure).

E" vero che l'accertamento tecnico preventivo non è un mezzo di prova, essendo finalizzato principalmente a fare verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose, che, suscettibili di mutamenti o alterazioni nel tempo, vanno accertati e documentati per essere portati poi alla cognizione del giudice prima che ciò possa accadere, per consentirgli di decidere sulla base delle prospettazioni e deduzioni fatte con riferimento a quelle condizioni ed a quello stato, ma è altrettanto vero che dagli accertamenti e rilievi compiuti in fase preventiva il giudice può trarre utili elementi che, apprezzati e valutati unitamente e nel contesto delle altre risultanze processuali, possono concorrere a fondare il suo convincimento in ordine alla fondatezza dell'uno o dell'altro assunto (Cass., 6 febbraio 2008, n.2800, in Riv.Giuridica dell'Edilizia, 2008, 3, I, 761).

Infatti il giudice del merito, in virtù del principio del libero convincimento, ha facoltà di apprezzare in piena autonomia tutti gli elementi presi in esame dal consulente tecnico e le considerazioni da lui espresse che ritenga utili ai fini della decisione, onde trarre materia di convincimento anche dalla consulenza espletala in sede di accertamento preventivo, pur se il consulente abbia ecceduto i limiti del mandato conferito, una volta che la relazione di quest'ultimo sia stata ritualmente acquisita agli atti (Cass., 9 marzo 2010, n.5658, in De Jure).

In precedenza, la stessa giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto che in tema di accertamento e quantificazione del danno, il giudice, pur non potendo tener conto delle considerazioni che il consulente - nominato in sede di accertamento tecnico preventivo - abbia formulato travalicando i limiti dell'incarico affidatogli, può tuttavia utilizzare, allorché l'accertamento del danno si compenetri nella stessa verifica dello stato dei luoghi nonché della qualità e della condizione delle cose, la parte descrittiva della consulenza, prescindendo dal parere irritualmente espresso e valutando autonomamente - ancorché, nel risultato, in maniera concordante - le descrizioni contenute nella consulenza (Cass., 26 settembre 2006, n.20819, in De Jure).

Conseguentemente, si è ritenuto che lo sconfinamento dai limiti dell'accertamento integra una violazione del principio del contraddittorio, con la conseguenza che, ove tale violazione non sia concretamente configurabile per avere le parti effettivamente partecipato all'accertamento tecnico anche nei punti esorbitanti dall'incarico ovvero allorché la relazione del consulente sia stata ritualmente acquisita agli atti senza opposizione delle parti stesse, si realizza la sanatoria di detta esorbitanza, e la conseguente utilizzabilità dell'accertamento (Cass., 8 agosto 2002, n.12007, in De Jure).

In ordine a tale aspetto, va poi sottolineato come l'acquisizione della relazione di accertamento tecnico preventivo tra le fonti che il giudice di merito utilizza per l'accertamento dei fatti di causa non deve necessariamente avvenire a mezzo di un provvedimento formale, essendo sufficiente la sua naturale acquisizione, bastando che il giudice l'abbia poi esaminata traendone elementi per il proprio convincimento, e che la parte che lamenti l'irritualità della acquisizione e l'impossibilità di esame delle risultanze dell'indagine sia stata posta in grado di contraddire in merito ad esse (Cass., 9 novembre 2009, n.23693, in De Jure).

 

6. Gli effetti del procedimento sulla prescrizione del diritto

 

L'accertamento tecnico preventivo rientra nella categoria dei giudizi conservativi e, pertanto, la notificazione dell'atto con il quale è richiesto, determina ai sensi dell'art. 2943 c.c. l'interruzione della prescrizione che si protrae fino alla conclusione del procedimento e, cioè, fino al deposito della relazione del consulente (Cass., 20 aprile 2011, n.9066, in De Jure), con la precisazione che qualora il procedimento di a.t.p. si prolunghi oltre il deposito della relazione del consulente, esso si trasforma in un procedimento atipico, con la conseguenza che, in tal caso, la permanenza dell'effetto interruttivo della prescrizione non è più applicabile (Cass., 8 agosto 2007, n. 17385, in De Jure).

Ciò premesso, il provvedimento col quale il giudice affermi o neghi la propria competenza per territorio a provvedere sull'istanza di accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi, proposta ai sensi dell'art. 696 bis c.p.c., non ha alcuna efficacia preclusiva o vincolante nel successivo giudizio di merito. Esso, di conseguenza, non può essere impugnato col regolamento di competenza. Il provvedimento che ammette la consulenza tecnica preventiva, così come gli altri provvedimenti di istruzione preventiva, di cui condivide la natura giuridica, non è suscettibile di ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento connotato dal carattere della provvisorietà e strumentalità avverso il quale, pertanto, non sono ammissibili neppure il regolamento di competenza e il regolamento di giurisdizione, non potendo il giudice di legittimità risolvere quella stessa questione di competenza o di giurisdizione della quale non potrebbe essere investito a norma dell'art. 111 Cost. (Cass., 1° febbraio 2011, n.2317, in De Jure).

La proposizione del ricorso per accertamento tecnico preventivo comporta l'interruzione del termine prescrizionale, ai sensi dell'art. 2943 c.c., co. 1, in relazione al diritto oggetto della richiesta istruttoria, tenuto conto che il ricorso per accertamento tecnico preventivo, in quanto diretto ad acquisire elementi di prova in funzione della conferma della fondatezza della pretesa sostanziale dedotta dal ricorrente, integra la proposizione di un giudizio conservativo, come tale rientrante nell'espressa previsione di cui alla citata norma, configurando un'iniziativa processuale con la quale, il medesimo ricorrente inequivocamente manifesta alla controparte la propria volontà di esercitare il diritto in questione (Cass., 20 maggio 2009, n.11743, in De Jure).

 

7. Le spese del procedimento

 

Il regolamento delle spese, è ancorato alla valutazione della soccombenza, presupponente l'accertamento della fondatezza o meno della pretesa fatta valere dall'attore, che esula dalla funzione dell'accertamento tecnico preventivo e resta di esclusiva competenza del giudizio di merito. Le spese dell'accertamento tecnico preventivo, quindi, dovranno essere poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, e saranno prese in considerazione, nel successivo giudizio di merito ove l'accertamento tecnico sarà acquisito, come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di compensazione, a carico del soccombente (Cass., 15 febbraio 2000, n.1690, in De Jure).

Ciò si spiega in quanto il procedimento di accertamento tecnico preventivo è disciplinato dagli artt. 692 e ss. c.p.c., e si conclude con il deposito della relazione di consulenza tecnica, cui segue la liquidazione del compenso al consulente nominato dal giudice, mentre nessun altro provvedimento relativo al regolamento delle spese tra le parti può essere emesso in tale sede, per la mancanza dei presupposti sui quali il giudice deve necessariamente basare la sua statuizione in ordine alle spese medesime ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c.

Pertanto, il giudice, ove decida in ordine alle spese in favore della parte resistente nel procedimento per accertamento preventivo, emette un provvedimento di natura decisoria non previsto dalla legge, che, per un verso, è destinato ad incidere su una posizione di diritto soggettivo della parte gravata dalla relativa statuizione ed ha, per altro verso, carattere di definitività, non essendo soggetto ad alcuno specifico mezzo di impugnazione, con la conseguenza che avverso il provvedimento medesimo risulta validamente esperibile il ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.. (Cass., 19 novembre 2004, n.21888, in De Jure).




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