-  Tufariello Vito  -  08/10/2012

I REGOLAMENTI EDILIZI COMUNALI

Il d.p.r. 380/2001 disciplina il diritto urbanistico, fatte salve le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell"attività edilizia. Inoltre, sono fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 24 e 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e le relative norme di attuazione, in materia di realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e riconversione di impianti produttivi.

A tal proposito:

 "(…) I lavori di accorpamento di più unità immobiliari, variando gli elementi strutturali e mutando la consistenza estetica ed architettonica del manufatto, cioè la fisionomia dell"immobile e l"aspetto esteriore di esso nelle sue linee generali, in zone paesisticamente vincolate, non possono essere eseguiti in assenza del prescritto permesso di costruire e l"autorizzazione dell"autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico. Sicché, l"attività edilizia concretamente realizzata non può ricondursi alla manutenzione straordinaria, in quanto il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, comma 1, lettera b), con definizione già fornita dalla Legge n. 457 del 1978, articolo 31, comma 1, lettera b), ricomprende in tale nozione "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d"uso" (…)".

Cass. Pen., Sez. III, 25/02/2010, Sentenza n. 7611.

La norma in questione è da considerare una sorta di Testo Unico nella materia del diritto urbanistico in quanto va a disciplinare e regolamentare tutti gli aspetti del settore. La parte prima è dedicata all"attività edilizia in senso stretto.

A tal proposito, e nel rispetto del dettame costituzionale sancito dagli artt. 117-118 (così come modificati dalla L. Cost. 3/2001), in ordine ai poteri concorrenti, le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico. A tal proposito, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la propria potestà legislativa esclusiva, nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.

A loro volta, i comuni, nell"ambito della propria autonomia statutaria e normativa, sancita dall"articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l"attività edilizia sul territorio.

L"articolo 3 del Testo Unico fornisce le definizioni utili per poter comprendere e qualificare con esattezza i singoli interventi. Infatti:

"(…) Il secondo comma dell"art. 3 del T.U. edilizia prevede che in ordine alle definizioni di cui al primo comma del medesimo articolo, esse prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. La individuazione analitica delle varie tipologie di interventi, effettuata all"art. 3 in una gerarchia ascendente, a seconda della incidenza sull"assetto del edilizio e territoriale, prevale quindi sulle eventuali diverse formulazioni definitorie contenute nei piani regolatori, nella normativa tecnica di attuazione e nei regolamenti edilizi: si tratta di una forma di abrogazione implicita, di cedevolezza, di prevalenza, di resistenza o disapplicazione delle disposizioni degli strumenti urbanistici locali (lo strumento o l"istituto al quale si ricorre può essere vario), che cedono di fronte alle definizioni dettate dalla fonte primaria (anche se trattasi di testo unico adottato con la forma del D.P.R.), le quali hanno un grado di durezza e una efficacia cogente tali da prevalere su ogni altra contraria definizione, acquistando anche la valenza di un criterio ermeneutico generale per la intera disciplina urbanistico-edilizia su base locale (…)".

Consiglio di Stato, Sez. IV - 28 gennaio 2011, n. 678

Tutti i Comuni sono tenuti ad adottare, ai sensi ai sensi dell"articolo 2, comma 4, del d.p.r. 380/2001, un regolamento che deve contenere, nello specifico, la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili, nonché delle pertinenze degli stessi.

Con modifica introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2011, e per sopperire alla cronica carenza energetica del nostro Paese (dovuta, principalmente, al mancato sfruttamento dell"energia nucleare), ai fini del rilascio del permesso di costruire, deve essere prevista, per gli edifici di nuova costruzione, l"installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unità abitativa, compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell"intervento. Per i fabbricati industriali, di estensione superficiale non inferiore a 100 metri quadrati, la produzione energetica minima prevista è di 5 kW.

Nei casi in cui il comune intenda istituire l"organo consultivo costituito dalla commissione edilizia, il regolamento indica gli interventi sottoposti al preventivo parere del medesimo.

Per costante indirizzo giurisprudenziale, espresso dal Consiglio di Stato (ex multis sez. IV, 30 giugno 2010, n. 4178) e da una cospicua giurisprudenza del Giudice di primo grado, è stato sempre ed univocamente ritenuto che:

"(…) la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all"ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare e l"assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il rilascio della concessione in sanatoria c.d. straordinaria (o condono), il parere della Commissione edilizia non obbligatorio, ma, tutt"al più, facoltativo, in quelle specifiche ipotesi in cui l"amministrazione ritenga discrezionalmente di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi. In assenza dei predetti casi di acquisizione facoltativa del parere dell"organo collegiale, il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla semplice verifica dei (pur numerosi) presupposti e condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore (cfr. C.d.S.,. IV, 12 febbraio 2010, n. 772 ; id., IV, 15 maggio 2009, n. 3010 ; id., VI, 27 giugno 2008, n. 3282; id., V, 4 ottobre 2007, n. 5153). Non va sottaciuto, inoltre, che l"art. 4 d.P.R. n. 380/2001, nel rendere per i comuni facoltativa l"istituzione della commissione edilizia, ha introdotto un principio fondamentale in materia di governo del territorio, al quale deve sottostare la normativa regionale, ai sensi dell"art. 117 Cost. (cfr. C.d.S., IV, 2 ottobre 2008, n. 4793), conseguendone che le norme regionali in materia devono essere interpretate in senso costituzionalmente coerente con i principi generali introdotti in materia dal predetto Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia n. 380 (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 02 ottobre 2008, n. 4793) e, dunque, devono ritenersi implicitamente abrogate ai sensi dell"art. 10 della L. nr. 62/1953, laddove, eventualmente, prevedano ancora l"obbligatorietà del parere della CEC (cfr. C.d.S., IV, 23 febbraio 2012, n. 974) (…)".

T.A.R. Piemonte - 11 aprile 2012.




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