Nota a Tribunale di Roma, 15 marzo 2016 n. 5322
Prima o poi doveva succedere che un Tribunale pronunciasse un provvedimento avente ad oggetto l"affidamento di un animale domestico!
Viene da ridere? Forse.
Ma non si può negare che, oggi, il ruolo riconosciuto agli animali all"interno della società, stia subendo un profondo mutamento. La stessa decisione di prenderne uno, un tempo legata quasi esclusivamente alla funzione che quell"animale era capace di svolgere (lavorare nei campi, cacciare, fare la guardia), è in genere connessa alla sola esigenza di avere una compagnia.
Tale situazione non poteva certo lasciare indifferente il diritto, tanto che il legislatore negli ultimi anni si è più volte dedicato a legiferare in materia di animali e nello specifico a dettare una disciplina a tutela dei c.d. «animali d"affezione», ovvero quelli tenuti dall"uomo per compagnia, senza fini produttivi o alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all"uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet therapy. Talvolta, è l"unico conforto per chi vive solo. Per i ciechi è addirittura una guida indispensabile.
Indice rivelatore dell"evoluzione del sentire sociale al riguardo è rappresentato altresì dalla sempre maggiore diffusione di pronunce affatto singolari, concernenti casi di separazioni personali all"interno delle quali il Giudice, su richiesta delle parti, statuisce in ordine all"affido degli animali, prevedendo un diritto di «visita» a favore del non affidatario. Ma potrei ricordare un decreto di nomina di un amministratore di sostegno del Tribunale di Varese, datato 7.12.2011, molto particolare per il fatto che, in considerazione del legame esistente tra la beneficiaria della tutela e il suo cane, che non poteva essere tenuto presso la casa di riposo, il Giudice non solo aveva nominato alla donna un amministratore di sostegno, ma aveva altresì nominato ex art. 379 cod. civ., quale ausiliario dello stesso, un"amica della signora, incaricata esclusivamente di prendersi cura dell"animale e di portarlo a trovare la sua padrona[1].
Per il Tribunale di Roma anche i cani hanno un"anima! Concordo. Sono in grado di avere pulsioni, inclinazioni, istinti, provare dolore, sofferenza, emozioni paragonabili a quelle provate dagli uomini.
Il fatto. Dopo una convivenza non andata a buon fine e dalla quale non erano nati figli, Una donna conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma, l"ex-convivente, chiedendo la restituzione in suo favore del cane della coppia, a suo dire, illegittimamente detenuto dall"uomo, nonché il risarcimento dei danni subiti a causa della sua sottrazione. Durante la convivenza, la donna aveva adottato l"animale e lo aveva registrato a suo nome, con regolare microchip, all"anagrafe canina. Al termine della relazione, l"ex compagno, però, lo aveva trattenuto presso di sé, impedendole di vedere regolarmente Spilla, il piccolo meticcio divenuto oggetto di una contesa lunga 4 anni. Pare infatti, che l"uomo, in un fatidico giorno di Natale del 2011, avesse portato via con sé l"animale e non l"avesse più restituito alla donna.
Il Giudice capitolino richiama nel provvedimento in oggetto due sentenze: una è del Tribunale di Cremona e l"altra del Tribunale di Foggia.
In materia, infatti, la prima sentenza cui riferirsi è proprio quella emessa dal Tribunale di Cremona l'11 giugno 2008, il quale aveva deciso di equiparare gli animali domestici alla prole, ordinando l'applicazione speculare di tutte le garanzie previste per l'affido condiviso dei figli minori ai cani. In quell"occasione i coniugi venivano invitati a trovare un accordo che garantisse di potersi prendere cura congiuntamente dei loro due cani, con l'obbligo di ripartizione al 50% ciascuno delle spese per il mantenimento degli animali. E così è accaduto, come se, nel caso di specie, gli animali domestici in questioni fossero considerati alla stregua di "figli" della coppia.
D'altronde, poiché l'animale non è più considerato una "cosa", bensì un "essere senziente", è legittima facoltà dei coniugi - in sede di separazione - quella di regolarne la permanenza presso l'una o l'altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento dello stesso. Gli animali domestici, infatti, rivestono un ruolo sempre maggiore nell'ambito delle separazioni tra i coniugi, in virtù dei legami affettivi che si creano con i componenti della famiglia.
Il giudice lombardo in quel provvedimento aveva ritenuto che le condizioni riguardanti la suddivisione, tra i coniugi, delle spese da sostenere per il mantenimento e la cura del cane presentano un indubbio contenuto economico, come qualsiasi altra spesa relativa a beni o servizi di interesse familiare, e non contrastano con alcuna norma cogente.
Così ritenendo, il giudicante ha sostenuto che l'inserimento di tali condizioni all'interno del ricorso per separazione consensuale non presenti alcun tipo di problema. Le preoccupazioni dei coniugi vertevano in concreto sul fatto che fosse assicurato a ciascuno di loro, in quanto comproprietari, la frequentazione dell'animale di affezione e di compagnia, in via alternata.
La sentenza romana richiama ampiamente i principi sopra esposti: «Dal punto di vista del cane - scrive il giudice - che è l"unico che conta ai fini della tutela del suo interesse, non ha assolutamente alcuna importanza che le parti siano state sposate o meno».
Equiparando - con un paragone forse eccessivo - il cane a un figlio il giudice sottolinea che «il suo affetto per entrambe (le parti che compongono la coppia, ndr) prescinde assolutamente dal regime giuridico che le legava».
Il provvedimento capitolino poi ricorda che in Parlamento «giace da molti anni» una proposta di legge che vorrebbe introdurre nel Codice civile l"affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi. «La proposta di legge - spiega il giudice di Roma - estende la competenza del Tribunale a decidere dell"affido dell"animale anche alla cessazione della convivenza more uxorio».
In base a queste considerazioni e a un"istruttoria approfondita il giudice ha stabilito che Spilla – questo il nome del bel cagnetto meticcio, oggetto di contesa fra i due litiganti - trascorrerà sei mesi con il suo padrone e sei mesi con la sua padrona, in quali dovranno pagare al 50% le spese relative a cibo, cure mediche e «quanto altro eventualmente necessario al benessere» del cane.
Respinta la domanda risarcitoria di parte attrice e condannato alle spese la parte convenuta.
La sentenza lascia perplessi.
Vorrei fare una considerazione per far capire come muta lo spirito dei tempi.
E" possibile lasciare un"eredità al proprio animale domestico?
La memoria corre al delizioso cartone animato della Disney "Gli Aristogatti".
Ricordate la trama?
Una gatta di nome Duchessa e i suoi tre cuccioli, Minou, Matisse e Bizet, vivono nella magione della cantante lirica in pensione Madame Adelaide Bonfamille, insieme al maggiordomo Edgar. Presto lei fa testamento con il suo avvocato Georges Hautecourt, un suo vecchio ed eccentrico amico, affermando che desidera che la sua fortuna sia lasciata ai suoi gatti, che la terranno fino alla loro morte, dopo la quale la sua fortuna andrà a Edgar. Edgar sente questo dalla sua camera e, non disposto ad aspettare che i gatti muoiano naturalmente prima di ereditare la fortuna di Madame Adelaide, complotta per rimuovere i gatti dalla posizione di eredità.
In Italia è accaduto.
Il primo fortunato fu Tommasino, gatto randagio romano, accolto in casa dalla signora Maria Assunta. Prima della sua morte, avvenuta nel 2011 all"età di 94 anni, Maria Assunta decise di lasciare in eredità a Tommasino un patrimonio di circa 10 milioni di euro in immobili. Giornali e televisioni ripresero ovviamente con grande clamore questa notizia. Un anno dopo la dea bendata degli animali baciò Chicco, barboncino di Caserta, il quale ereditò la somma di due milioni di euro da Nicoletta, la sua padrona 84enne originaria di Tagliacozzo (L"Aquila).
Due casi incredibili in cui l"amore per gli animali si incontra con grandi patrimoni, dando origine a storie incredibili.
Il cane o il gatto non sono soggetti giuridici, ma beni di proprietà. Non possono dunque ricevere eredità. Si possono però lasciare beni a persone o associazioni che si occupino dell"animale.
E in qualche modo è prevista anche qui, come negli Stati Uniti, la figura del protector, il guardiano. Io lascio ad esempio i miei beni alla Lav, la Lega anti vivisezione, perché assista l"animale, ma allo stesso tempo nomino "guardiana" una mia cugina, scrivendo che in caso di incuria la somma lasciata all"associazione passi a lei. Senz"altro sarà attenta al futuro dell"animale. O viceversa affido soldi e animale a un amico e a un"associazione il compito di controllare.
La Lav ha aperto il "programma lasciti" dieci anni fa, ma i primi testamenti erano arrivati già dal 1998.
Presto temo che replicheremo le allegre vicende degli Aristogatti!