Danni  -  Redazione P&D  -  14/03/2025

Il  danno  non  patrimoniale  da  perdita  dell’animale  d’affezione  può  essere  risarcito - Trib. Prato  sentenza  25  gennaio  2025, n. 51 - Massimo  Niro

1.La  sentenza  che  qui  si  commenta  si  inserisce  in  un  filone  della  più  recente  giurisprudenza  di  merito, secondo  il  quale  la  perdita  di  un  animale  domestico  d’affezione  può  determinare  la  lesione  di  un  interesse  della  persona  alla  conservazione  della  propria  sfera  relazionale-affettiva, tutelata  dall’art. 2  Cost., e  quindi  può  comportare  la  risarcibilità  del  danno  non  patrimoniale  conseguente,  ove  questo  sia  allegato  e  provato.   Un  aspetto  interessante  di  questo  recente  orientamento  dei  giudici  di  merito  è  costituito  dal  fatto  che  esso  si  discosta  dall’indirizzo  tradizionale  della  giurisprudenza  di  legittimità, che  invece  qualifica  come  “futile”  la  perdita  dell’animale  d’affezione, in  quanto  non  integrerebbe  un’offesa  grave  a  un  diritto  della  persona  costituzionalmente  garantito ( così  la  sentenza  delle  Sezioni  Unite  n.26972 / 2008 ).  

Può  essere  utile  sintetizzare  i  fatti  che  sono  all’origine  della  pronuncia  del  Tribunale  

pratese :  una  signora  era  proprietaria  di  un  cane  di  razza ( “Samoiedo” ), di  sesso  femminile, di  nome  Adel  e  la  cagnolina  era  entrata  a  far  parte  della  sua  famiglia, composta  dal  marito  e  da  due  figli  minori,  diventando  la  compagna  di  vita  di  questi  ultimi ;  nel  periodo  estivo  2021  la  signora  lasciava  la  cagnolina  per  alcuni  giorni  presso  una  pensione  per  cani, già  conosciuta, ma  il  giorno  in  cui  doveva  riprenderla ( 9.08.2021 ) scopriva  che  l’animale  era  deceduto ;  da  successivi  accertamenti  emergeva  che  la  morte  di  Adel  era  avvenuta  prima  del  9  agosto,  il  giorno  8  o  addirittura  7  agosto,  e  che  il  7  agosto  la  cagnolina  era  stata  vista  da  una  volontaria  in  stato  di  sofferenza  per  una  forte  diarrea, tanto  che  la  volontaria  era  ritornata  nella  struttura  consegnando  al  titolare  crocchette  dietetiche, un  alimento  complementare  per  cani  e  un  antibiotico,  senza  però  sapere  se  fossero  stati  somministrati  alla  cagnolina.   Nel  giudizio  promosso  dalla  signora e  dal  marito, anche  in  nome  dei  figli  minori, per  ottenere  il  risarcimento  dei  danni  patrimoniali  e  non  patrimoniali  subiti, si  costituiva  l’Associazione  citata  come  responsabile  della  struttura, la  quale  eccepiva  la  carenza  di  legittimazione  passiva.  

La  causa  veniva  istruita  con  prove  testimoniali  oltre  che  documentali ;  all’esito  il  Giudice  ha  ritenuto  fondata  l’eccezione  di  carenza  di  legittimazione  passiva  formulata  dall’Associazione, in  quanto  dalle  prove  è  emerso  che  nell’estate  2021  la  stessa  non  gestiva  più  la  pensione  per  cani  in  oggetto,  che  invece  era  gestita  in  proprio  dal  signor  C.V.,  altro  convenuto  rimasto  contumace,  il  quale  era  cessato  dalla  qualità  di  socio  dell’Associazione  e si  occupava  dell’accoglienza  e  della  cura  dei  cani.  Dunque, le  domande  proposte  dagli  attori  sono  state  accolte  nei  confronti  del  signor  C.V.  e  rigettate, invece, nei  confronti  dell’Associazione.  E’  interessante, poi, evidenziare  la  ricostruzione  delle  circostanze  relative  alla  morte  dell’animale  compiuta  dal  Tribunale, sulla  base  delle  risultanze  istruttorie :  la  cagnolina  di  nome  Adel, nata  il  10.10.2015, in  buono  stato  di  salute  e  regolarmente  vaccinata,  veniva  presa  in  consegna  dal  signor  C.V.  presso  la  pensione  per  cani  in  data  27.07.2021 ;  il  7  agosto  successivo  la  cagnolina  non  stava  bene, apparentemente  aveva  la  diarrea  ed  era  sofferente,  per  cui  una  volontaria  presente  nella  struttura  si  offriva  di  accompagnarla  dal  veterinario, ma  il  signor  C.V.  non  accoglieva  la  proposta ;  lo  stesso  giorno  la  volontaria  portava  cibo  specifico  e  integratori  per  Adel,  lasciandoli  al  portone  della  struttura  perché  il  convenuto  non  era  presente  o  comunque  non  le  apriva ;  la  morte  dell’animale  si  verificava  molto  probabilmente  tra  il  7  e  l’8  agosto ( cfr. pag. 8,  par. 4.1  della  sentenza  in  esame ).

2. Passando  agli  aspetti  più  strettamente  giuridici  della  decisione,  il  Giudice  civile  di  Prato  osserva  che  tra  la  proprietaria  della  cagnolina  e  il  convenuto  C.V., effettivo  titolare  della  struttura,  è  stato  stipulato  un  contratto  di  deposito  relativo  all’affidamento  temporaneo  di  animale  domestico,  in  base  al  quale  il  depositario  deve  usare  nella  custodia  la  diligenza  del  buon  padre  di  famiglia ( art.1768  comma  1  c,c, ) :  poiché  nel  caso  di  specie  l’attrice  ha  provato  sia  di  aver  consegnato  il  proprio  cane  al  convenuto  sia  la  morte  dell’animale  durante  il  tempo  della  custodia  e  il  convenuto, per  converso, non  ha  fornito  la  prova  liberatoria  che  deterioramenti  o  avarie  siano  da  attribuirsi  a  circostanze  esterne  o  alla  natura  stessa  del  bene ( Cass. 7529 / 2009 ),  ciò  è  sufficiente  a  fondare  la  responsabilità  ex  recepto  del  convenuto  nei  confronti  dell’attrice  ( pag. 8-9  della  decisione, par. 4.2 ).  

Inoltre, il  Tribunale  rileva  che  sussiste  la  responsabilità  aquiliana  del  convenuto  verso  il  marito  della  signora  e  i  due  figli  minori,  responsabilità  che  trova  fondamento  nel  dovere  di  vigilanza  gravante  sull’operatore  cinofilo, a  sua  volta  derivante  dalla  circostanza  che  l’animale  gli  era  stato  affidato   e  che  è  “ correlata  all’omissione  delle  cautele  necessarie, suggerite  dall’ordinaria  prudenza, in  relazione  alle  specifiche  circostanze  di  tempo  e  di  luogo, affinchè, fosse  salvaguardata  l’incolumità  dell’animale …” (  pag. 9,  par. 4.3 ).  Infatti,  risulta  dalle  circostanze  di  fatto  accertate  e  sopra  richiamate  che  la  condotta  di  C.V., nella  sua  qualità  di  operatore  cinofilo  e  titolare  di  una  posizione  di  garanzia, è  connotata  da  colpa  grave “,  non  avendo  egli  approntato  le  misure  necessarie  per  evitare  che, anche  in  considerazione  del  clima  estivo,  la  cagnolina  si  ammalasse, non  essendosi  attivato, una  volta  constatato  che  l’animale  stava  molto  male,  per  curarlo    avendo  chiesto  l’intervento  di  un  veterinario, al  contrario  essendosi  probabilmente  allontanato  dalla  struttura  il  giorno  stesso ( 7  agosto )  in  cui  erano  emerse  le  preoccupanti  condizioni  di  salute  del  cane,  per  farvi  rientro  solo  tre  giorni  dopo, quando  ormai  Adel  era  deceduta  da  tempo  (  pag. 9,  ibidem ).  

In  base  alla  ben  nota  regola  probatoria, tipica  della  causalità  civile, del  “ più  probabile  che  non “,  il  Tribunale  di  Prato  ritiene  provato  anche  il  nesso  causale  tra  la  condotta  del  convenuto  C.V.  e  l’evento  dannoso,  poiché  la  cagnolina  stava  bene  quando  è  stata  consegnata  al  convenuto  e  siccome  quest’ultimo  si  era  accorto  quantomeno  dalla  mattina  del  7  agosto … che  Adel  aveva  la  diarrea  e  appariva  visibilmente  sofferente, si  può  presumere  che  un  tempestivo  intervento, con  idonee  cure  veterinarie, ne  avrebbe  evitato  la  morte,  avvenuta, presumibilmente, per  disidratazione “ ( pag. 9,  par. 4.4 ).

Dunque, il  Tribunale  statuisce  l’obbligo  del  convenuto  C.V., in  considerazione  della  sua  responsabilità  contrattuale,  di  risarcire  all’attrice, proprietaria  del  cane,  i  danni  patrimoniali  derivati  dall’inadempimento,  correlati  alla  spesa  sostenuta  per  l’acquisto  di  Adel,  alle  somme  corrisposte  al  convenuto  per  il  servizio  di  pensione,  agli  esborsi  sostenuti  per  l’esame  autoptico  e  lo  smaltimento  della  carcassa  dell’animale  e  alle  spese  amministrative  per  l’accesso  agli  atti  presso  il  Comune  di  Calenzano,  per  un  totale  di  Euro  1.373,00  ( pag. 9,  par. 4.5  e  4.7 ).  

2.1. Ma  veniamo, finalmente, al  risarcimento  dei  danni  non  patrimoniali  subiti  dagli  attori  in  conseguenza  della  perdita  della  cagnolina  Adel :  questa  parte  della  sentenza  del  giudice  pratese  è  quella  più  interessante  ed  innovativa,  anche  per  il  contrasto  con  l’orientamento  tradizionale  della  Corte  di  Cassazione.   Infatti, si  osserva  che  questo  Tribunale, in  linea  con  la  più  recente  giurisprudenza  di  merito, intende  discostarsi  dall’orientamento  della  giurisprudenza  di  legittimità  che  qualifica(va)  come  futile  la  perdita  dell’animale  d’affezione, in  quanto  non  integrante  un’offesa  grave  a  un  diritto  inviolabile  della  persona  costituzionalmente  garantito… “,  dal  momento  che  tale  indirizzo, peraltro  risalente  a  oltre  un  quindicennio  fa,  non  appare…rispondente  ‘ad  una  lettura  contemporanea  delle  abitudini  sociali  e  dei  relativi  valori  “ ( pag.10  della  sentenza, par. 4.8 ).  

Al  contrario, si  ritiene  dal  giudice  toscano  che  la  perdita  in  questione  possa  determinare  la  lesione  di  un  interesse  della  persona  alla  conservazione  della  propria  sfera  relazionale-affettiva, costituzionalmente  tutelata  attraverso  l’art. 2  Cost.,  in  quanto  il  rapporto  tra  padrone  e  animale  d’affezione  costituisce  occasione  di  completamento  e  sviluppo  della  personalità  individuale  “ ( ibidem ).   Questa  “apertura”  della  sentenza  in  esame  ha  ingenerato  qualche  dubbio  tra  i  primi  commentatori,  rilevandosi  che  si  tratta  di  una  equiparazione  sostanziale  del  rapporto  affettivo  con  un  animale  con  il  rapporto  affettivo  con  una  persona  e  che  ciò  appare  eccessivo,  riconoscendo  che  entrambi  siano  meritevoli  di  copertura  costituzionale(1).  

Indubbiamente, la  distanza  tra  questo  più  recente  orientamento  dei  giudici  di  merito  e  l’orientamento  tradizionale  della  giurisprudenza  di  legittimità  è  piuttosto  netta :  se  quest’ultimo  ritiene  che  il  pregiudizio  sofferto  per  la  perdita  di  un  animale  non  possa  essere  risarcito  per  difetto  dell’ingiustizia  costituzionalmente  qualificata, dato  che  la  lesione  incide  su  un  rapporto, tra  l’uomo  e  l’animale, privo  di  copertura  costituzionale  nell’attuale  assetto  dell’ordinamento (2),  ben  diversa  è  l’impostazione  della  recente  giurisprudenza  di  merito,  secondo  la  quale  invece  “ è  indubbio  che  nella  realtà  sociale  è  negli  ultimi  tempi  emerso  un  interesse  particolare  nei  confronti  degli  animali  di  affezione,  che  ormai  nell’evoluzione  del  costume  sono  visti  come  integrati  nell’ambito  familiare  e  parte  del  contesto  affettivo “  e  parimenti  “è  indubbio  che, rispetto  a  dieci  anni  fa, si  sia  rafforzato  nella  visione  della  comunità  il  bisogno  di  tutela  di  un  legame  che  è  diventato  più  forte  tra  cane  e  padrone, cosicchè  non  possa  considerarsi  come  futile  la  perdita  dell’animale  e, in  determinate  condizioni, quando  il  legame  affettivo  è  particolarmente  intenso  così  da  far  ritenere  che  la  perdita  vada  a  ledere  la  sfera  emotivo-interiore  del o dei  padroni, il  danno  vada  risarcito “ (3).

Ciò  detto, non  sembra  che  l’orientamento  seguìto  con  convinzione  dal  Tribunale  di  Prato  sia  eccessivo  o  eterodosso  rispetto  ai  princìpi  consolidati  in  tema  di  risarcibilità  del  danno  non  patrimoniale :  si  precisa, infatti, nella  sentenza  del  giudice  pratese  che  laddove  allegato  e  provato  anche  nei  necessari  requisiti  di  gravità, il  danno  non  patrimoniale  da  perdita  o  lesione  dell’animale  d’affezione  può  e  deve  essere  risarcito…” ( pag.10,  par. 4.8 ).

Dunque, resta  fermo  il  principio  che  non  è  sufficiente  la  deduzione  di  un  danno  non  patrimoniale  in  re  ipsa  in  dipendenza  della  morte  dell’animale  domestico,  ma  invece  occorre  la  prova, incombente  sul  danneggiato, di  aver  subìto  un  effettivo  pregiudizio  in  conseguenza  di  tale  evento (4).  Nel  caso  di  specie - rileva  il  Tribunale  di  Prato -  gli  attori  hanno  assolto  l’onere  probatorio  sugli  stessi  gravante,  poiché  dai  documenti  allegati  risulta  dimostrata  l’esistenza  di  una  vera  e  propria  relazione  affettiva  tra  gli  attori  e  la  cagnolina “,  che  fa  presumere, unitamente  alle  circostanze  in  cui  la  morte  dell’animale  si  è  verificata, che  da  tale  evento  siano  derivati  a  carico  dei  sig.ri  S. e  M. e  dei  loro  figli  una  forte  sofferenza  e  un  profondo  patema  d’animo “ ( ibidem ).

2.2. Per concludere,  qualche  breve  considerazione  sui  criteri  di  quantificazione  del  danno  non  patrimoniale ( da  qualificarsi  come  danno  morale, ossia  sofferenza  e  patema  d’animo ) derivante  da  perdita  dell’animale  d’affezione  seguìti  dalla  sentenza  in  esame.

A  questo  riguardo  il  Tribunale  tiene  conto, oltre  che  degli  elementi  già  evidenziati, anche  dell’età  della  cagnolina  al  momento  del  decesso ( circa  5  anni  e  10  mesi )  rapportata  alla  vita  media  dei  cani (10/15  anni  a  seconda  della  taglia  e  della  razza ), nonché  dell’età  e  del  legame  con  la  cagnolina  di  ciascun  attore :  quindi, si  liquida  in  via  equitativa  una  somma  più  elevata, pari  a  Euro  6.000,00,  in  favore  della  sig.ra  S.,  in  considerazione  del  suo  ruolo  di  prima  linea, sia  prima  che  dopo  il  decesso  di  Adel, di  cui  era  anche  proprietaria “,  e  una  somma  leggermente  inferiore, pari  a  Euro  4.000,00  ciascuno, in  favore  degli  altri  attori,   marito  e  due  figli  minori ( pag.11, par. 4.10 ).

Si  tratta, evidentemente, di  una  liquidazione  equitativa  del  danno, ai  sensi  degli  artt.1226  e  2056  c.c. :  a  prima  vista, è  una  liquidazione  non  simbolica  ma  piuttosto  consistente, dato  che  l’importo  complessivo  liquidato  a  titolo  di  risarcimento  del  danno  non  patrimoniale  è  pari  a  Euro  18.000,00.   Taluno  ha  sottolineato  il  rischio, non  insussistente,  che  sul  risarcimento  così  liquidato  incidano  le  maggiori  o  minori  simpatie  del  giudicante  nei  confronti  dei  nostri  amici  a  quattro  zampe, con  un  range  che  può  spaziare  da  liquidazioni  simboliche  fino  al  danno  da  perdita  del  rapporto  parentale “ (5).   Il  rischio  esiste, indubbiamente,  e  il  rimedio  migliore  per  evitare  palesi  difformità  nella  liquidazione  sembra  quello  suggerito  dall’Autore  citato,  il  quale  propone  di  stabilire  che  il  danno  in  discussione  non  possa  comunque  superare  una  certa  percentuale  di  quello  che  potrebbe  essere  riconosciuto  per  la  perdita  di  una  persona  cara “ (6).

Infatti, una  volta  riconosciuto  e  provato  l’an  debeatur , con  riferimento  al  danno  non  patrimoniale  da  perdita  dell’animale  d’affezione,  occorre  anche  individuare  dei  criteri  uniformi  di  liquidazione  del  quantum,  al  fine  di  evitare  non  giustificate  disparità  di  trattamento  in  sede  giurisprudenziale.  

                                                                                                        Massimo  Niro

                                                                                                 ( giurista, ex-magistrato )


 1) Cfr. R. Foffa,  La  morte  del  proprio  cane  lede  beni  costituzionali  e  genera  danno  non  patrimoniale, in  Il Quotidiano Giuridico.it,  4  febbraio  2025.  

 2) Cfr. Cass. sez. III  27  giugno  2007, n.14846,  secondo  cui  la  perdita  del  cavallo  in  questione, come  animale  da  affezione, non  sembra  riconducibile  sotto  una  fattispecie  di  un   danno  esistenziale  consequenziale  alla  lesione  di  un  interesse  della  persona  umana  alla  conservazione  di  una  sfera  di  integrità  affettiva  costituzionalmente  protetta “,  atteso  che  La  parte  che  domanda  la  tutela  di  tale  danno, ha  l’onere  della  prova  sia  per  l’an  che  per  il  quantum  debeatur, e  non  appare  sufficiente  la  deduzione  di  un  danno  in  re  ipsa, con  il  generico  riferimento  alla  perdita  delle  qualità  della  vita “.   Per  un  commento  critico  a  questa  sentenza  v.  P. Ziviz,  Perdita  dell’animale  d’affezione  e  risarcimento  del  danno  non  patrimoniale,  in  Persona e Danno.it, 13  luglio  2007.  

3) Così  Trib. Pavia  sentenza  16  settembre  2016, n.1266,  citata  dalla  sentenza  che  qui  si  commenta.  

4) Su  questo  punto  concorda  anche  R. Foffa, op. cit.,  il  quale  osserva  che  se  il  danno  è  grave  e  non  si  limita  a  disagi  o  fastidi, ma  è  effettivamente  legato  alla  sofferenza  del  proprietario, allora  può  giustificare  un  risarcimento “.  

5) R.Foffa, op.cit..

6) R. Foffa, cit..

                                                            


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