1.La sentenza che qui si commenta si inserisce in un filone della più recente giurisprudenza di merito, secondo il quale la perdita di un animale domestico d’affezione può determinare la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, tutelata dall’art. 2 Cost., e quindi può comportare la risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente, ove questo sia allegato e provato. Un aspetto interessante di questo recente orientamento dei giudici di merito è costituito dal fatto che esso si discosta dall’indirizzo tradizionale della giurisprudenza di legittimità, che invece qualifica come “futile” la perdita dell’animale d’affezione, in quanto non integrerebbe un’offesa grave a un diritto della persona costituzionalmente garantito ( così la sentenza delle Sezioni Unite n.26972 / 2008 ).
Può essere utile sintetizzare i fatti che sono all’origine della pronuncia del Tribunale
pratese : una signora era proprietaria di un cane di razza ( “Samoiedo” ), di sesso femminile, di nome Adel e la cagnolina era entrata a far parte della sua famiglia, composta dal marito e da due figli minori, diventando la compagna di vita di questi ultimi ; nel periodo estivo 2021 la signora lasciava la cagnolina per alcuni giorni presso una pensione per cani, già conosciuta, ma il giorno in cui doveva riprenderla ( 9.08.2021 ) scopriva che l’animale era deceduto ; da successivi accertamenti emergeva che la morte di Adel era avvenuta prima del 9 agosto, il giorno 8 o addirittura 7 agosto, e che il 7 agosto la cagnolina era stata vista da una volontaria in stato di sofferenza per una forte diarrea, tanto che la volontaria era ritornata nella struttura consegnando al titolare crocchette dietetiche, un alimento complementare per cani e un antibiotico, senza però sapere se fossero stati somministrati alla cagnolina. Nel giudizio promosso dalla signora e dal marito, anche in nome dei figli minori, per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, si costituiva l’Associazione citata come responsabile della struttura, la quale eccepiva la carenza di legittimazione passiva.
La causa veniva istruita con prove testimoniali oltre che documentali ; all’esito il Giudice ha ritenuto fondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dall’Associazione, in quanto dalle prove è emerso che nell’estate 2021 la stessa non gestiva più la pensione per cani in oggetto, che invece era gestita in proprio dal signor C.V., altro convenuto rimasto contumace, il quale era cessato dalla qualità di socio dell’Associazione e si occupava dell’accoglienza e della cura dei cani. Dunque, le domande proposte dagli attori sono state accolte nei confronti del signor C.V. e rigettate, invece, nei confronti dell’Associazione. E’ interessante, poi, evidenziare la ricostruzione delle circostanze relative alla morte dell’animale compiuta dal Tribunale, sulla base delle risultanze istruttorie : la cagnolina di nome Adel, nata il 10.10.2015, in buono stato di salute e regolarmente vaccinata, veniva presa in consegna dal signor C.V. presso la pensione per cani in data 27.07.2021 ; il 7 agosto successivo la cagnolina non stava bene, apparentemente aveva la diarrea ed era sofferente, per cui una volontaria presente nella struttura si offriva di accompagnarla dal veterinario, ma il signor C.V. non accoglieva la proposta ; lo stesso giorno la volontaria portava cibo specifico e integratori per Adel, lasciandoli al portone della struttura perché il convenuto non era presente o comunque non le apriva ; la morte dell’animale si verificava molto probabilmente tra il 7 e l’8 agosto ( cfr. pag. 8, par. 4.1 della sentenza in esame ).
2. Passando agli aspetti più strettamente giuridici della decisione, il Giudice civile di Prato osserva che tra la proprietaria della cagnolina e il convenuto C.V., effettivo titolare della struttura, è stato stipulato un contratto di deposito relativo all’affidamento temporaneo di animale domestico, in base al quale il depositario deve usare nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia ( art.1768 comma 1 c,c, ) : poiché nel caso di specie l’attrice ha provato sia di aver consegnato il proprio cane al convenuto sia la morte dell’animale durante il tempo della custodia e il convenuto, per converso, non ha fornito la prova liberatoria che deterioramenti o avarie siano da attribuirsi a circostanze esterne o alla natura stessa del bene ( Cass. 7529 / 2009 ), ciò è sufficiente a fondare la responsabilità ex recepto del convenuto nei confronti dell’attrice ( pag. 8-9 della decisione, par. 4.2 ).
Inoltre, il Tribunale rileva che sussiste la responsabilità aquiliana del convenuto verso il marito della signora e i due figli minori, responsabilità che “ trova fondamento nel dovere di vigilanza gravante sull’operatore cinofilo, a sua volta derivante dalla circostanza che l’animale gli era stato affidato “ e che è “ correlata all’omissione delle cautele necessarie, suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, affinchè, fosse salvaguardata l’incolumità dell’animale …” ( pag. 9, par. 4.3 ). Infatti, risulta dalle circostanze di fatto accertate e sopra richiamate che “ la condotta di C.V., nella sua qualità di operatore cinofilo e titolare di una posizione di garanzia, è connotata da colpa grave “, non avendo egli approntato le misure necessarie per evitare che, anche in considerazione del clima estivo, la cagnolina si ammalasse, non essendosi attivato, una volta constatato che l’animale stava molto male, per curarlo né avendo chiesto l’intervento di un veterinario, al contrario essendosi probabilmente allontanato dalla struttura il giorno stesso ( 7 agosto ) in cui erano emerse le preoccupanti condizioni di salute del cane, per farvi rientro solo tre giorni dopo, quando ormai Adel era deceduta da tempo ( pag. 9, ibidem ).
In base alla ben nota regola probatoria, tipica della causalità civile, del “ più probabile che non “, il Tribunale di Prato ritiene provato anche il nesso causale tra la condotta del convenuto C.V. e l’evento dannoso, “ poiché la cagnolina stava bene quando è stata consegnata al convenuto e siccome quest’ultimo si era accorto quantomeno dalla mattina del 7 agosto … che Adel aveva la diarrea e appariva visibilmente sofferente, si può presumere che un tempestivo intervento, con idonee cure veterinarie, ne avrebbe evitato la morte, avvenuta, presumibilmente, per disidratazione “ ( pag. 9, par. 4.4 ).
Dunque, il Tribunale statuisce l’obbligo del convenuto C.V., in considerazione della sua responsabilità contrattuale, di risarcire all’attrice, proprietaria del cane, i danni patrimoniali derivati dall’inadempimento, correlati alla spesa sostenuta per l’acquisto di Adel, alle somme corrisposte al convenuto per il servizio di pensione, agli esborsi sostenuti per l’esame autoptico e lo smaltimento della carcassa dell’animale e alle spese amministrative per l’accesso agli atti presso il Comune di Calenzano, per un totale di Euro 1.373,00 ( pag. 9, par. 4.5 e 4.7 ).
2.1. Ma veniamo, finalmente, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dagli attori in conseguenza della perdita della cagnolina Adel : questa parte della sentenza del giudice pratese è quella più interessante ed innovativa, anche per il contrasto con l’orientamento tradizionale della Corte di Cassazione. Infatti, si osserva che “ questo Tribunale, in linea con la più recente giurisprudenza di merito, intende discostarsi dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità che qualifica(va) come futile la perdita dell’animale d’affezione, in quanto non integrante un’offesa grave a un diritto inviolabile della persona costituzionalmente garantito… “, dal momento che “ tale indirizzo, peraltro risalente a oltre un quindicennio fa, non appare…rispondente ‘ad una lettura contemporanea delle abitudini sociali e dei relativi valori “ ( pag.10 della sentenza, par. 4.8 ).
Al contrario, si ritiene dal giudice toscano che “ la perdita in questione possa determinare la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata attraverso l’art. 2 Cost., in quanto il rapporto tra padrone e animale d’affezione costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale “ ( ibidem ). Questa “apertura” della sentenza in esame ha ingenerato qualche dubbio tra i primi commentatori, rilevandosi che si tratta di una equiparazione sostanziale del rapporto affettivo con un animale con il rapporto affettivo con una persona e che ciò appare eccessivo, riconoscendo che entrambi siano meritevoli di copertura costituzionale(1).
Indubbiamente, la distanza tra questo più recente orientamento dei giudici di merito e l’orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità è piuttosto netta : se quest’ultimo ritiene che il pregiudizio sofferto per la perdita di un animale non possa essere risarcito per difetto dell’ingiustizia costituzionalmente qualificata, dato che la lesione incide su un rapporto, tra l’uomo e l’animale, privo di copertura costituzionale nell’attuale assetto dell’ordinamento (2), ben diversa è l’impostazione della recente giurisprudenza di merito, secondo la quale invece “ è indubbio che nella realtà sociale è negli ultimi tempi emerso un interesse particolare nei confronti degli animali di affezione, che ormai nell’evoluzione del costume sono visti come integrati nell’ambito familiare e parte del contesto affettivo “ e parimenti “è indubbio che, rispetto a dieci anni fa, si sia rafforzato nella visione della comunità il bisogno di tutela di un legame che è diventato più forte tra cane e padrone, cosicchè non possa considerarsi come futile la perdita dell’animale e, in determinate condizioni, quando il legame affettivo è particolarmente intenso così da far ritenere che la perdita vada a ledere la sfera emotivo-interiore del o dei padroni, il danno vada risarcito “ (3).
Ciò detto, non sembra che l’orientamento seguìto con convinzione dal Tribunale di Prato sia eccessivo o eterodosso rispetto ai princìpi consolidati in tema di risarcibilità del danno non patrimoniale : si precisa, infatti, nella sentenza del giudice pratese che “ laddove allegato e provato anche nei necessari requisiti di gravità, il danno non patrimoniale da perdita o lesione dell’animale d’affezione può e deve essere risarcito…” ( pag.10, par. 4.8 ).
Dunque, resta fermo il principio che non è sufficiente la deduzione di un danno non patrimoniale in re ipsa in dipendenza della morte dell’animale domestico, ma invece occorre la prova, incombente sul danneggiato, di aver subìto un effettivo pregiudizio in conseguenza di tale evento (4). Nel caso di specie - rileva il Tribunale di Prato - gli attori hanno assolto l’onere probatorio sugli stessi gravante, poiché dai documenti allegati risulta dimostrata “l’esistenza di una vera e propria relazione affettiva tra gli attori e la cagnolina “, che fa presumere, unitamente alle circostanze in cui la morte dell’animale si è verificata, che “ da tale evento siano derivati a carico dei sig.ri S. e M. e dei loro figli una forte sofferenza e un profondo patema d’animo “ ( ibidem ).
2.2. Per concludere, qualche breve considerazione sui criteri di quantificazione del danno non patrimoniale ( da qualificarsi come danno morale, ossia sofferenza e patema d’animo ) derivante da perdita dell’animale d’affezione seguìti dalla sentenza in esame.
A questo riguardo il Tribunale tiene conto, oltre che degli elementi già evidenziati, anche dell’età della cagnolina al momento del decesso ( circa 5 anni e 10 mesi ) rapportata alla vita media dei cani (10/15 anni a seconda della taglia e della razza ), nonché dell’età e del legame con la cagnolina di ciascun attore : quindi, si liquida in via equitativa una somma più elevata, pari a Euro 6.000,00, in favore della sig.ra S., in considerazione del suo “ ruolo di prima linea, sia prima che dopo il decesso di Adel, di cui era anche proprietaria “, e una somma leggermente inferiore, pari a Euro 4.000,00 ciascuno, in favore degli altri attori, marito e due figli minori ( pag.11, par. 4.10 ).
Si tratta, evidentemente, di una liquidazione equitativa del danno, ai sensi degli artt.1226 e 2056 c.c. : a prima vista, è una liquidazione non simbolica ma piuttosto consistente, dato che l’importo complessivo liquidato a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale è pari a Euro 18.000,00. Taluno ha sottolineato il rischio, non insussistente, che “ sul risarcimento così liquidato incidano le maggiori o minori simpatie del giudicante nei confronti dei nostri amici a quattro zampe, con un range che può spaziare da liquidazioni simboliche fino al danno da perdita del rapporto parentale “ (5). Il rischio esiste, indubbiamente, e il rimedio migliore per evitare palesi difformità nella liquidazione sembra quello suggerito dall’Autore citato, il quale propone di “ stabilire che il danno in discussione non possa comunque superare una certa percentuale di quello che potrebbe essere riconosciuto per la perdita di una persona cara “ (6).
Infatti, una volta riconosciuto e provato l’an debeatur , con riferimento al danno non patrimoniale da perdita dell’animale d’affezione, occorre anche individuare dei criteri uniformi di liquidazione del quantum, al fine di evitare non giustificate disparità di trattamento in sede giurisprudenziale.
Massimo Niro
( giurista, ex-magistrato )
1) Cfr. R. Foffa, La morte del proprio cane lede beni costituzionali e genera danno non patrimoniale, in Il Quotidiano Giuridico.it, 4 febbraio 2025.
2) Cfr. Cass. sez. III 27 giugno 2007, n.14846, secondo cui “ la perdita del cavallo in questione, come animale da affezione, non sembra riconducibile sotto una fattispecie di un danno esistenziale consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta “, atteso che “ La parte che domanda la tutela di tale danno, ha l’onere della prova sia per l’an che per il quantum debeatur, e non appare sufficiente la deduzione di un danno in re ipsa, con il generico riferimento alla perdita delle qualità della vita “. Per un commento critico a questa sentenza v. P. Ziviz, Perdita dell’animale d’affezione e risarcimento del danno non patrimoniale, in Persona e Danno.it, 13 luglio 2007.
3) Così Trib. Pavia sentenza 16 settembre 2016, n.1266, citata dalla sentenza che qui si commenta.
4) Su questo punto concorda anche R. Foffa, op. cit., il quale osserva che “ se il danno è grave e non si limita a disagi o fastidi, ma è effettivamente legato alla sofferenza del proprietario, allora può giustificare un risarcimento “.
5) R.Foffa, op.cit..
6) R. Foffa, cit..
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