-  Valeria Cianciolo  -  20/05/2017

Il ddl sul fine vita. Al traguardo? – di Valeria Cianciolo

Non essendo al momento consentito nel nostro Paese congedarsi dal mondo e passare ai distinti saluti, in barba al diritto di autodeterminazione sancito dalla Costituzione, che si fa? Si fa da sé.

Lucio Magri è andato a morire in Svizzera nel 2011, Carlo Lizzani si è gettato dal balcone di casa sua nel 2013, Mario Monicelli da quello dell"ospedale nel 2010.

Citiamo i casi noti perché sono finiti sul giornale, ma i suicidi che hanno come movente la malattia, sono circa mille. E sono silenti.

Dopo la triste ribalta mediatica del noto "Caso Englaro" e del caso Welby, il dibattito italiano in tema di disposizioni sul fine vita e di testamento biologico si è assopito per un lungo periodo per tornare recentemente alla ribalta. Anzi. Sembra quasi che i lavori parlamentari in materia abbiano avuto una accelerazione cruciale in merito in corrispondenza delle storie di Walter Piludu, ex presidente della provincia di Cagliari malato di Sla, morto ottenendo il distacco del respiratore e con il caso di DJ Fabo che si è fatto accompagnare in Svizzera da Marco Cappato, sesto malato aiutato in questo modo ad ottenere l"eutanasia dall"Associazione Coscioni.

Da marzo 2015 la campagna Eutanasia legale ha "aiutato 233 persone a mettersi in contatto con i centri svizzeri per il suicidio assistito", ha reso noto di recente il coordinatore Matteo Mainardi. Da ultimo, Davide Trentini, il 53enne malato di sclerosi multipla, ha seguito lo stesso iter.

Perché il punto è: quanto è lungo un dolore a cui non si può porre rimedio? Quanto "dura" una malattia senza speranza?

E dunque, per ovviare alla situazione di profonda incertezza che viene a determinarsi per effetto dell"incapacità in cui versa il paziente, si è fatta strada l"idea che ciascuno in fasi diverse della propria vita – e, quindi, sia che si trovi in piena salute oppure sia già colpito da una patologia – possa prestabilire ""ora per allora"" le prestazioni e gli interventi medici cui sottoporsi; ove ""ora"" sta ad indicare un preciso contesto temporale in cui un soggetto perfettamente compos sui assume una o più determinazioni destinate ad essere operative ""allora"", nel momento cioè, in cui il medesimo soggetto, perduta la capacità di esprimere la propria volontà, venga a trovarsi in situazioni che richiedano scelte in ordine alle cure, ai trattamenti ed agli interventi da realizzare.

La tematica inerente alle istanze di fine vita da parte del paziente in condizione di disagio e sofferenza o del malato terminale rappresenta una questione particolarmente sentita nella società contemporanea e presenta molti aspetti controversi nei vari settori disciplinari che ne vengono investiti, in primo luogo nella materia bioetica, a cui in misura prevalente essa attiene.

Le questioni poste da tali istanze si mostrano particolarmente delicate anche in ambito giuridico, in quanto implicanti una presa di posizione su temi per lo più concernenti la sfera della coscienza individuale delle persone, e questa circostanza si riflette anche sul ruolo che viene ad assumere il

diritto nel momento in cui è chiamato a offrire una risposta alle problematiche sollevate dai casi concreti, che ormai sempre più spesso sembrano essere portati all'attenzione dell'opinione pubblica anche nel nostro paese.

L"ambito da cui il dibattito sul fine vita si origina e si trasforma in vero e proprio scontro tra posizioni opposte e di difficile conciliazione è certamente quello dell"etica.

Le disposizioni anticipate di trattamento servono proprio a stabilire inequivocabilmente la volontà del soggetto sulle terapie a cui sottoporsi, e ciò attraverso le indicazioni che egli stesso fornisce in relazione all"eventuale momento in cui ciò non gli fosse più possibile.

Si tratta di un modo per disporre anticipatamente della propria salute che permette di tutelare la libertà di scelta individuale anche laddove non si sarebbe potuta esprimere.

L"idea che nel corso degli anni Settanta del secolo scorso inizia a farsi strada fa perno sull"autodeterminazione del paziente il quale, ancorché sfornito di qualsiasi competenza di natura medica, non può non essere chiamato ad esprimere le proprie opinioni e/o preferenze, in ordine alla condotta del sanitario[1].

In assenza di una disciplina specifica sui diritti della persona nelle decisioni di fine vita, la ricostruzione del quadro normativo di riferimento si realizza a partire dai principi di autodeterminazione, tutela del consenso e diritto al rifiuto dei trattamenti sanitari.

 Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento

Il 4 febbraio 2016 in XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati cominciava  l"esame delle 16 proposte di legge in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento.

Nel marzo 2016 iniziava nelle commissioni II Giustizia e XII Affari sociali in sede congiunta, l"esame delle 4 proposte di legge[2] in tema di eutanasia.

La divisione dei percorsi dipende in parte dai regolamenti parlamentari, in parte da una scelta consapevole: era necessario affermare in modo chiaro e con legge ordinaria il principio del consenso informato rispetto alle scelte di cura e sulla validità delle disposizioni anticipate, perché vi fosse un ampio consenso nel Paese e nel Parlamento.

La presenza di ben 16 proposte di legge ha poi obbligato alla formazione di un Comitato Ristretto, formato da una quindicina di deputati, che è arrivato alla formulazione di un testo unificato.

Il 20 aprile 2017 è stato approvato alla Camera il ddl recante "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento" (A.C. 1142° e abbinati).

Si tratta del testo, licenziato lo scorso 2 marzo dalla Commissioni Affari Sociali in sede referente, che unifica le molteplici proposte d"intervento su consenso informato, alleanza terapeutica e disposizioni anticipate di trattamento presentate nel corso dell"attuale legislatura.

Il ddl si compone di 6 articoli, dall"esame dei quali si deduce che:

  • nessun trattamento e diagnosi può avere luogo senza il consenso informato del malato;
  • il consenso informato al trattamento del minore è espresso o rifiutato dai genitori, tenendo tuttavia in conto la volontà del malato in relazione alla sua età e al suo grado di maturità;  
  • il consenso della persona incapace è espresso o rifiutato dal tutore, considerando ove possibile la volontà del malato. Infine, nel caso di persona inabilitata, il consenso è espresso dal malato stesso;
  • nel caso in cui il rappresentante legale di persona minore o interdetta o inabilitata, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento, rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare;
  • sono introdotte le Disposizioni anticipate di trattamento che permettono di premunirsi nel caso di eventuali future incapacità di autodeterminazione, purché in pieno possesso delle facoltà mentali; tra medico e malato si instaura un rapporto che impone al primo di attenersi alla volontà del secondo qualora venisse a trovarsi nella condizione di non poter autodeterminarsi.
  • L"atto di pianificazione delle cure può essere sempre modificato su richiesta del paziente; introduzione di una norma transitoria che convalida le scritture private sottoscritte prima dell"entrata in vigore della legge, mentre l"articolo 6 comprende una clausola di invarianza finanziaria per la quale l"attuazione della legge non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri per le casse dello Stato.

 Ethos anthropoi daimon.

 

Questo frammento attribuito ad Eraclito è tradotto così: 'il carattere di un uomo è il suo destino'.

Se traduciamo il termine 'daimon' appunto come 'carattere', piuttosto che 'genio personale' o 'démone, s"intende. Qui c"è tutto il realismo di Eraclito: tu sei il modo che sei. "Il modo come": è  questa locuzione cruciale, che lega la vita, così come viene abitualmente "eseguita", con la chiamata della tua immagine.

Le cose che facciamo nella nostra vita hanno effetti sul nostro cuore, modificano la nostra anima e riguardano il daimon.

Con il nostro comportamento noi facciamo anima, perché l'anima non arriva preconfezionata dal paradiso.

Il divino dell'uomo è la sua capacità di attribuire un senso al suo agire, al suo deliberare, al suo costruire una dimora degna per sé, fosse anche il suo corpo.

In una materia nella quale si intrecciano discipline così disparate e dov"è, soprattutto, difficile discernere l"ideologia dalla scienza, sembra indispensabile attenersi ai dati certi dell"esperienza. E l"esperienza dimostra l"emergere, oggi, di una domanda collettiva, largamente diffusa e crescente — come prova la documentazione statistica —, diretta alla protezione di un bene: un bene che consiste nella dignità del morire, concetto ripreso dalla Procura di Milano nella richiesta di archiviazione[3] nei confronti di Marco Cappato che ha accompagnato in Svizzera DJ Fabo malato irreversibile, ma non terminale, per sottoporsi ad una procedura di suicidio assistito.

L'aspetto più interessante è il motivo per cui è richiesta l'archiviazione: la condotta di aiuto non sarebbe punibile perché, in buona sostanza, costituirebbe concorso nell'esercizio di un diritto dell'individuo.

Il passaggio più coraggioso ed innovativo della richiesta in esame consiste, peraltro, nell"affermazione dell"esistenza di un diritto costituzionalmente garantito ad ottenere una morte dignitosa.

Il ragionamento dei p.m. è certamente innovativo, in quanto né la Corte costituzionale né la Corte di Strasburgo hanno finora riconosciuto il rango di diritto fondamentale al diritto a porre fine alla propria vita in modo dignitoso.

La ricollocazione del frammento eracliteo nel nostro contesto, induce a considerare l'impresa etica come lo spazio nel quale si decide del proprio essere.

Fuori da ogni metafora, è l'attribuzione della dignità che al meglio rappresenta il significato che io attribuisco alla mia esistenza, riferito alle modalità del mio vivere, ma anche del mio morire.

 

 



[1] «""Il corpo è mio e me lo gestisco io"", si grida, con un senso del possesso cosı orgoglioso e ricco, e perfino gioioso, da spazzar via interi scaffali di biblioteca piene delle preoccupate riflessioni dei giuristi intorno all"impoverimento del concetto di persona, che si sarebbe avuto se questa avesse considerato il corpo come oggetto di proprietà»: RODOTA", Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, 144-145.

[2] C.2973 Nicchi (Norme in materia di eutanasia)

C. 1582 d'iniziativa popolare (Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia)

C. 2218 Di Salvo (Norme in materia di eutanasia)

C. 3336 Bechis (Disposizioni in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari)

 

[3] Richiesta di Archiviazione del 26 aprile 2017, proc. 9609/2017 R.G.N.R., PP. MM. Siciliano e Arduini, indagato Cappato




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