-  Trisolino Luigi  -  17/08/2015

IL DIRITTO CONTRATTUALE TRA INFORMAZIONE E TRASPARENZA – Luigi TRISOLINO

-L"informazione contrattuale

-La trasparenza contrattuale quale portato della buona fede e della correttezza

-Dalla codificazione civile italiana di tipo classico alle discipline specializzate di protezione

 

La materia del diritto contrattuale italiano ha ricevuto rilevanti stravolgimenti a seguito della sempre maggiore incidenza del diritto europeo.

Il diritto contrattuale propinato dal legislatore codicistico del "42, invero, definendo il contratto all"art. 1321 come l"accordo tra due o più parti per regolare un rapporto giuridico patrimoniale, costituendolo, modificandolo o estinguendolo, ha delineato un sistema ove si parla genericamente di parti; come a voler sottolineare la parità formale dei soggetti stipulanti, al di là della qualifica professionale o meno nel mercato e, in particolare, nella singola contrattazione. Il legislatore del 1942, così, non si è posto il problema della eventuale esistenza di un soggetto contrattualmente più debole, e quindi più vulnerabile. Soltanto in alcune norme (artt. 1341-1342 c.c.) si può notare qualche accenno sugli squilibri nelle condizioni in contratti conclusi mediante moduli o formulari. In particolare, nell"art. 1341 si regolano genericamente le cc.dd. clausole generali di contratto (c.g.c.): il dettato normativo specifica che siffatte clausole devono essere conosciute dalle parti e che alcune clausole devono essere scritte.

Importante è mettere in rilievo l"attenzione primitiva e generalizzante del legislatore del "42 all"elemento della informazione-conoscibilità; un germe normativo evidentemente destinato ad essere ampliato e approfondito nelle successive legislazioni speciali (europee e nazionali).

Il primo comma dell"art. 1341 c.c. dispone che le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell"altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle assumendo un comportamento improntato e ispirato alla ordinaria diligenza, una diligenza dell"uomo-contraente medio, o del buon padre di famiglia se si preferisce. Viene già in risalto, tra le maglie normative del comma appena esposto, l"inscindibile rapporto congiuntivo tra il principio etico-negoziale della (ordinaria) diligenza e l"attenzione alla informazione-conoscenza. Un rapporto che viene concepito ancora non a tuttotondo, non interamente a favore e a garanzia del contraente acquirente, non professionista, debole per antonomasia. Un rapporto che manifesta un"esigenza di connessione logica, non ancora però orientata e improntata alle ortopedie nomo-poietiche di matrice consumocratica.

Il secondo comma dell"art. 1342, invece, concretizza quanto affermato genericamente nel comma precedente, e dispone che in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l"esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell"altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell"autorità giudiziaria.

In sostanza, i contraenti potevano concludere un contratto con clausole vessatorie, generatrici quindi di uno squilibrio e di una asimmetria tra i diritti e gli obblighi dei soggetti contraenti medesimi, solo qualora queste clausole fossero state approvate per iscritto; la siffatta specifica approvazione per iscritto denota un primo germe per una potenziale ricerca sulla "ratio" della forma scritta, e del formalismo in generale, come maniera – non ancora come metodica tecnica e precisa – di protezione. Nella metà degli anni "90 il nostro legislatore ha inserito all"interno del nostro codicistico nazionale gli artt. 1460bis-1469-sexies: attraverso questa novella veniva per la prima volta inserita nel nostro codice una disciplina di matrice comunitaria, la quale ultima ha come "humus" logico-giuridico il riconoscimento delle eventuali posizioni di disparità contrattuale. Qualche tappa normativa sulle possibili disparità di posizioni  contrattuali si è avuta nel 1992, anno in cui il D.lgs. n. 50, in materia di contratti conclusi fuori dei locali commerciali, ha fornito una prima nozione di consumatore. Nel 1996, poi, la L. n. 52/1996 ha inserito il Capo XIVBIS ("Dei contratti del consumatore") nel Titolo II, Capo originariamente costituito dagli artt. 1469bis-1469sexies ed oggi comprendente soltanto l"art. 1469bis, così come sostituito ai sensi dell"art. 142 del D.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del consumo, una sorta di testo unico delle normative speciali satelliti sviluppate negli apporti normativi del legislatore nazionale e comunitario).

Ciò che nell"art. 1337 c.c., in tema di responsabilità precontrattuale, è stato sancito generalmente e genericamente dal legislatore del "42 (le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede), sarà approfondito e specificamente ampliato e strutturato dalla e nella nuova semantica funzionale del diritto contrattuale consumeristico.

In tal modo, l"elemento informativo, strutturalcontrattuale, funzionalizzato e sistematicizzato nell"etica della nuova buona fede specifica, e nei rimedi apprestati a tutela del contraente debole, da satellite astratto di un iperuranico piano negoziale, entra nel nucleo fondante precontrattuale e contrattuale, costitutivo e inalienabile della sistematica contenutistica del contratto dei consumatori (anche consumatori non "stricto sensu" intesi). Il legislatore comunitario ha fatto della regola (per qualcuno, del principio) dell"informazione una regola finalizzata all"introduzione di concreti e specifici strumenti legali.

Il legislatore comunitario, così, ha previsto e sancito in modo puntuale tutta una serie di informazioni che una parte deve garantire all"altra prima della conclusione del contratto. Ciò non si ha nella struttura del codice civile del 1942.

Per quanto riguarda i pacchetti turistici, ad esempio, l"opuscolo informativo presente nella struttura dell"agenzia viaggi acquista sempre più rilevanza, fino a ricoprire un vero e proprio ruolo: le informazioni che sono fornite nella fase che precede la conclusione del contratto entrano a far parte del contenuto del contratto medesimo; anzi, esse sono vincolanti per le parti, e quindi per il contenuto negoziale propinato dal "tour operator"; quest"ultimo, invero, non può ordinariamente derogare alle informazioni presenti nell"opuscolo informativo.

Nel contratto di intermediazione finanziaria, prima di ogni ordine del risparmiatore all"intermediario professionista, quest"ultimo deve fornire e garantire tutta una serie di informazioni al risparmiatore, sulla tipologia e sui rischi del prodotto (ad esempio, delle obbligazioni); d"altro canto, tuttavia, il risparmiatore ha pure l"obbligo di informare il professionista degli obiettivi che intende raggiungere. Si parla a tal riguardo, infatti, di flusso informativo bidirezionale delle intermediazioni finanziarie.

Per i contratti conclusi a distanza, per esempio nel contratto telefonico, ossia concluso mediante il mezzo della comunicazione telefonica, il codice del consumo prevede che se il professionista non informa il consumatore del fatto che lo scopo della telefonata è di carattere commerciale, il contratto è nullo. Si discute se questa violazione, di una regola di comportamento e non di validità, possa legittimamente condurre ad un vizio così radicale qual è la nullità. Qui si sanziona, invece, proprio con la sanzione più grave, la nullità, una mancata informazione precontrattuale. Anche nei contratti di viaggio è prevista la nullità come conseguenza diretta della mancata informativa, e quindi, logicamente, come diretta conseguenza della violazione dell"obbligo di informativa. Tra gli studiosi vi è chi pensa ad una vera e propria evoluzione della sistematica contrattuale nel versante della patologia.

Il legislatore comunitario, comunque, ha affiancato alla regola (o principio) dell"informazione (pre)contrattuale la regola (e principio) della trasparenza. L"informazione consiste nel trasferimento di dati. Tuttavia i dati medesimi devono essere trasferiti attraverso determinate modalità garantite. Il principio nonché la regola della trasparenza si innesta proprio nel momento realizzativo della trasmissione dei dati, dato che attiene alle modalità dell"informazione: attiene quindi, tra gli altri indici, al numero di dati, al carattere utilizzato nella trasmissione per iscritto; il sovra-eccesso informativo equivale, invero, al non trasferire da un punto di vista dell"effettività sostanziale della conoscenza, e non solo della astratta e ipotetica conoscibilità. La micrografia, ad esempio, non è utile al trasferimento dei dati, e non giova al pieno ed efficace rispetto del principio-regola di trasparenza. Dal "labor limae" dell"osservatorio empirico della "nuova" contrattualistica sono emersi due aspetti essenziali: da un lato l"eccesso di informazione e dall"altro l"omissione di informazione. Nell"eccesso è immanente un rischio: il rischio, per il consumatore, di non comprendere le informazioni oggettivamente più utili. L"omessa informazione si ha o per reticenza o per dimenticanza. La reticenza informativa è stata oggetto di diverse riflessioni da parte degli studiosi, e ha avuto delle ricadute dalla dottrina degli anni "70 al campo operativo di successiva giurisprudenza. La reticenza informativa risulta essere quindi in grado di incidere sul contratto, poiché essa incide sull"ordinario "iter" di formazione dell"elemento volitivo, e quindi sul processo di genesi del consenso: sussistendo il vizio del consenso si arriverebbe necessariamente allo strumento invalidante dell"annullabilità. L"omissione informativa (specifica) – con dolo omissivo – può inoltre condurre al risarcimento per mancanza di buona fede (specifica) nella fase precontrattuale, e non solo. Così, se un intermediario finanziario è a conoscenza di informazioni rilevanti, delicate (come il rischio di "default") e vuole trasferire il rischio ad un investitore, per trarre il vantaggio personale ed egoistico di liberarsene, non fornendo a questo le informazioni dovute ("ex lege"), non può non prospettarsi, a livello giuridico, la configurazione del dolo omissivo come criterio soggettivo d"imputabilità del comportamento negligente e lesivo, quindi dannoso e risarcibile. Le parti sono qui manifestamente in posizione di disparità contrattuale: parte contrattualmente forte è quella che, per via della sua professionalità, detiene tutta una serie di informazioni rilevanti, importanti e necessarie. Nel codice civile italiano non esiste uno specifico obbligo di informativa nella fase precontrattuale delle trattative, data la genericità del comportamento ispirato alla buona fede (non specifica e non specificata) richiesta nella fase delle trattative dall"art. 1337.

L"effetto invalidante, come conseguenza della lesione del consumatore-contraente debole per omessa o insufficiente o inesatta informativa scritta precontrattuale, invero, diviene indice dello stretto collegamento intercorrente, nella nuova contrattualistica, tra forma e informazione. Il neoformalismo dei contratti del consumatore, quindi, non è connesso alla tradizionale regola della forma libera del contratto, ma ha una funzione di tutela, di protezione, di garanzia; fa sì che il consumatore abbia a propria disposizione il contenuto del contratto, e che possa verificare se l"informazione sia stata fornita, e se sia stata fornita in modo chiaro, adeguato ai parametri della trasparenza informativa. Altrimenti, come anzidetto, appunto, l"ordinamento appresta degli specifici rimedi.

La giurisprudenza in materia, però, non è unidirezionale nelle soluzioni apprestate. Due sentenze del 2007, delle Sezioni Unite del Supremo Collegio, ad esempio, sciolgono i dubbi sulle conseguenze civilistiche, e sulla connessa tutela riservata alla controparte, nel contratto-base di intermediazione stipulato in violazione degli obblighi informativi gravanti sull"intermediario. Siffatta giurisprudenza, invero, afferma che se non è espressamente previsto dalla legge, la violazione di regole comportamentali non può mai comportare la nullità del contratto, ai sensi dell"art. 1418, comma 1, c.c.

La nullità c.d. "da disvalore" riguarda, infatti, soltanto i vizi strutturali del contratto, e non attiene alle condotte tenute dalle parti. L"illegittimità di tali condotte, d"altra parte, può determinare in capo al loro autore la responsabilità civile per il danno cagionato alla controparte, nel cui interesse è previsto il rispetto della regola comportamentale medesima; in particolare, secondo la tesi dominante, si tratta di responsabilità precontrattuale avente natura extracontrattuale.

Gli obblighi di informazione investono non solo la fase precedente la conclusione del contratto, ma anche il perfezionamento dello stesso, e la sua successiva esecuzione. Secondo un orientamento dottrinale attualmente consolidato nel panorama della riflessione accademica in materia, invero, poiché gli obblighi legali di informazione costituiscono regole di condotta, destinate ad orientare il comportamento del professionista nel rapporto contrattuale, la loro violazione deve qualificarsi come inadempimento, sicché la più appropriata sanzione sarebbe quella della risoluzione del contratto, con il conseguente risarcimento del danno. La buona fede c.d. oggettiva, così, si riempie di maggiori contenuti sostanziali, attraverso il dispiegamento di una specifica normativa in tema di contratti del consumatore. Secondo l""humus" culturale proprio di un"ottica post-rawlsiana che considera il consenso, e quindi l"accordo, come elemento non sufficiente per la genesi di un obbligo morale e/o etico di esecuzione del contratto, l"equità e la giustizia contrattuale non attengono soltanto al piano dell"automatismo consensualistico (anche a discapito delle esigenze informative, soprattutto del contraente debole), né ancora attengono ad un"ottica propinatrice del giusto modo di distribuire i beni, bensì al modo adeguato di poter valutare i beni medesimi, attraverso la appropriata, obbligata, giusta informazione.

 




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