-  Foligno Emanuela  -  21/03/2016

IL DIRITTO DEI NONNI DI FREQUENTARE I NIPOTI - Emanuela FOLIGNO

 

Una recente pronunzia della Corte d"Appello di Venezia (Sezione minori civile, Decreto del 24/12/2015), si è occupata del dibattuto problema della frequentazione nonni-nipoti.

Nel caso oggetto di esame la Corte ha accolto il reclamo dei nonni che non vedevano più i nipoti a causa di contrasti familiari tra i genitori ed ha affermato che la frequentazione dei nonni contribuisce ad una crescita equilibrata dei minori.

Come noto, prima della riforma l"orientamento giurisprudenziale negava ai nonni di intervenire -nel giudizio di separazione o divorzio- sull"affidamento e le modalità di visita del minore. Invece, la disposizione contenuta nell"art. 317 bis c.c. riconosce l"importanza educativa della frequentazione dei nonni da parte dei nipoti.

Ed infatti, la Corte richiama la disposizione del codice civile, novellata nel 2013, la quale stabilisce all"art. 317 bis che i nonni hanno il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni e che in caso contrario si può ricorrere al Giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell"esclusivo interesse del minore.

La Corte territoriale del Veneto ha ritenuto necessaria la presenza dei nonni nelle fasi di crescita dei minori anche per l"importanza della conoscenza da parte dei minori delle proprie origini ed ha sottolineato che il rapporto in questione rientra nel bagaglio di esperienza culturale che i minori devono avere per una completa formazione della personalità.

Il ricorso dei nonni è stato accolto ed è stato loro consentito di incontrare i nipoti dapprima in ambiente neutro, con lo scopo di regolamentare una definitiva frequentazione tra gli stessi.

Il provvedimento territoriale è allineato all"orientamento della Corte Europea dei Diritti dell"Uomo che vede il rapporto tra nonni e nipoti pacificamente rientrante nell"art. 8 della Convenzione e che sancisce l"obbligo dello Stato di rendere effettivo il diritto alla vita privata o familiare con misure concrete e adeguate anche dal punto di vista temporale poiché il passare del tempo logora le relazioni familiari.

Significativa e ineccepibile in tale senso la Sentenza della CEDU del 20/01/2015 (Manuello-Nevi/Italia) ove lo stato italiano è stato condannato per la violazione dell"art. 8 Conv. per il mancato rispetto del diritto alla vita privata e familiare di due nonni privati del rapporto con la nipote.

La nota vicenda scaturisce dalla separazione dei genitori della bambina seguita da una segnalazione di sospette molestie sessuali da parte del padre. A seguito di tali eventi ai nonni paterni, che avevano sempre vissuto a stretto contatto con la nipote, la madre impedisce di vedere la bambina.

I nonni paterni, pertanto, ricorrono al Tribunale territoriale per i minorenni chiedendo di vedere la nipote. Nei due anni successivi i contatti tra la bambina e i nonni avvengono solo tramite i servizi sociali con telefonate e lettere.

Nel 2006, la Psicologa che teneva in cura la bambina chiede al Giudice di sospendere la decisione sugli incontri con i nonni paterni, poiché la minore avrebbe mostrato un senso di paura e di angoscia nei confronti del padre e poiché la figura dei nonni era ancora associata a quella del padre, c"era stato un espresso rifiuto di incontrarli. Contemporaneamente si conclude il processo penale a carico del padre con una sentenza di piena assoluzione.

L"anno successivo il Tribunale per i minorenni di Torino ordina la sospensione dei rapporti della minore con i nonni paterni e conferma la sospensione dei rapporti con il padre, incaricando il servizio sociale di proseguire nell'intervento di sostegno e di preparazione per la graduale ripresa dei rapporti.

Il predetto provvedimento viene impugnato dai nonni poiché gli stessi ritengono che il Tribunale non ha valutato la piena assoluzione del padre dalle accuse di molestia sessuale in danno della figlia e che la bambina non ha manifestato un"effettiva volontà di non incontrarli.

La Corte d'appello di Torino nella primavera del 2008 respinge il reclamo, in quanto l"assoluzione del padre non cambia la valutazione dei traumi subiti dalla minore in relazione alla figura paterna e di riflesso anche nei confronti dei nonni, la cui figura la bambina non riesce a scindere da quella del padre.

I nonni approdano alla Corte di Cassazione la quale (sentenza del 17 giugno 2009 n. 14091) dichiara il ricorso inammissibile perché il provvedimento di giurisdizione volontaria, non mira a risolvere un conflitto tra diritti posti sullo steso piano, ma è preordinato all'esigenza prioritaria di tutela degli interessi del minore, per questo motivo non ha attitudine al giudicato.

I nonni si rivolgono, dunque, alla Corte Europea denunciando la violazione del loro diritto al rispetto della vita familiare a causa della durata eccessiva del procedimento per l'autorizzazione degli incontri con la bambina e per il fatto che i servizi sociali non hanno attuato il provvedimento giudiziario che disponeva gli incontri. Gli stessi evidenziano, inoltre, che i tribunali italiani, negando la possibilità di vedere la loro nipote, non hanno preso in considerazione l"interesse della bambina e sono intervenuti in maniera smodata nel loro diritto alla vita familiare, lasciando trascorrere più di dieci anni.

Lo Stato italiano si è difeso affermando che le decisioni sono state prese nell"esclusivo interesse della minore e in conformità agli indirizzi di Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa sulla giustizia del 17 novembre 2010, garantendo la partecipazione del minore nei procedimenti che lo riguardano.

La Corte Europea accoglie il ricorso dei nonni rilevando la violazione dell'articolo 8 della Convenzione Europea da parte dello Stato italiano che mira, appunto, a proteggere gli individui dalle interferenze arbitrarie delle autorità pubbliche. Precisa, inoltre, che è obbligo dello Stato rendere effettivo il diritto alla vita privata o familiare e che tali obblighi devono comportare l'adozione di misure concrete e adeguate.

Le risoluzioni volte a ristabilire un legame familiare devono essere messe in atto rapidamente perché il passare del tempo può avere conseguenze irrimediabili per le relazioni stesse. Lo Stato, dunque, deve mettere a disposizione del cittadino tutti i mezzi giudiziari che consentono l"attuazione di un effettivo diritto alla vita privata e familiare e non deve limitarsi a un comportamento di non ingerenza.

La Corte Europea, richiamando alcune sue precedenti pronunzie, ribadisce che le misure volte a spezzare il legame tra un bambino e la sua famiglia devono essere applicate solo in casi eccezionali e che i principi di cui all"art. 8 della Conv. si applicano anche ai rapporti tra nonni e nipoti, poichè rientranti nell"alveo dei legami familiari.

Riguardo la doglianza dei nonni sul notevole lasso di tempo intercorso la Corte Europea ha evidenziato che il ritardo nel riavvicinamento tra nonni e nipote ha avuto come grave conseguenza la rottura del rapporto e per tale motivo è evidente che lo Stato italiano non ha compiuto sforzi adeguati per preservare il rapporto di parentela ed ha violato il diritto alla vita familiare dei soggetti coinvolti.

Lo Stato italiano è stato condannato al pagamento dell"importo di 16.000 euro a titolo di danno morale subito dai nonni ed all"ulteriore pagamento di 5.000 euro per spese legali.




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