Consumatori  -  Redazione P&D  -  22/02/2022

Il libretto sanitario per gli alimentaristi. Adempimenti, opportunità ed orientamenti dei legislatori nazionale ed europeo - Giovanni Di Salvo

Gli alimentaristi ed il garantismo giuslavorile, alla luce delle recenti riforme post SARS - COVID 2 - 19. In rapporto alle questioni della corretta produzione* e della adeguata nutrizione.

Abstract.

Abstract (inglese).

Introduzione.

Libretto per alimentaristi (ex Libretto Sanitario).

L’esercizio discrezionale del rinvio pregiudiziale limita la circolazione del diritto ed il processo di integrazione europea. Il “Caso: salute e nutrizione”.

Alimentazione e tossinfezioni. Le criticità riscontrate. Perché si qualifica la ipotesi di danno alla persona.

Libretto per alimentaristi. Il “Caso” Campania.

Destinatari e livelli di coinvolgimento.

Contenuti.

Conclusioni.

 

Abstract.

L’articolo illustra sommariamente la normativa inerente il libretto degli alimentaristi e si propone di coinvolgere operatori del settore e studiosi su una serie di valutazioni di politica amministrativa, di politica giudiziaria e di gestione dei corsi di formazione. Pur in considerazione degli sviluppi della normativa europea e degli scenari lavorativi offerti in virtù della libera circolazione dei lavoratori e del diritto. In buona sostanza si esprimono delle valutazioni, in ragione delle mutate esigenze sociali, economiche ed amministrative. Tali per le quali sarebbe necessario avvalersi (anche a causa della attuale  pandemia) di tutele giuslavoristiche adeguate. Superando ogni "retorica" interpretativa riconducibile ai vari combinati disposti delle normative. E premiando le evidenze scientifiche, le diagnosi di laboratorio e gli apporti tecnologi.

Abstract (inglese).

The article summarises the legislation concerning the booklet of grocers and aims to involve professionals and scholars on a series of evaluations of administrative policy, judicial policy and management of training courses. While taking into account the development of European legislation and the work scenarios offered by the free movement of workers and the law. In essence, assessments are being made because of changing social, economic and administrative needs. Such that it would be necessary to avail (also because of the current pandemic) of adequate labour protection. Overcoming any interpretative “rhetoric” that can be traced back to the various sets of regulations. And rewarding scientific evidence, laboratory diagnosis and technologists’ contributions.

Introduzione.

Calda. Una giornata calda e mediterranea, come altre. In quei giorni non avrei avuto da fare nulla di importante. Poiché erano già i tempi dell’ordinario. Quando gli episodi più banali ed intricati si susseguivano nelle nostre esistenze, al punto da divenire ordinati. Ordinari. Omologati.

Intanto nella città fremevano per la organizzazione delle Universiadi e delle manifestazioni che avrebbero aperto la città al mondo. Ed io, come in tanti, mi accingevo a partecipare alle selezioni per essere reclutato.

Proprio in quei giorni, caldi, ordinari e frementi (e così distanti dalle emergenze pandemiche), ripensavo alle dinamiche della comunità. Tutta presa dall’idea di fare bene, di fare meglio. Di apparire sontuosa ed organizzata agli occhi degli atleti ospiti. Di risultare gradevole e, presuntuosamente, indimenticabile.

In quei giorni ripensavo al lavoro degli atleti, degli organizzatori, degli amministratori, degli albergatori, dei trasportatori. Dei ristoratori e delle casalinghe. Senza il lavoro dei quali nessuno avrebbe potuto occuparsi d’altro, o dell’altro. E convinto anch’io di fare bene mi chiedevo quali sforzi la comunità universitaria avrebbe dovuto sostenere per nutrire centinaia di migliaia di persone. Quali pressioni civilizzanti avrebbe espresso. Quali influenze intellettuali? Quali impronte accademiche? E che impegni avrebbe dovuto affrontare il personale addetto dinanzi a questo nuovo fenomeno di “overtourism”. Di sovraffollamento turistico sportivo e popolare.

Così nasceva l'idea di scrivere questo articolo. Dedicato in parte a coloro che provvedono quotidianamente alla nostra nutrizione. Ed in altra parte a quanti vigilano e controllano affinché essa sia sana, salubre ed inoffensiva.

Libretto per alimentaristi (ex Libretto Sanitario).

A tal riguardo, in Italia, fu istituito il Libretto Sanitario per gli addetti alla manipolazione, alla nutrizione ed alla distribuzione degli alimenti con la Legge n. 283 del 30 aprile 1962.

Tale Libretto era rilasciato abitualmente dai medici ufficiali distaccati presso le A.S.L. e gli uffici della Sanità nazionale. I quali medici ufficiali dovevano effettuare visite, ispezioni e controlli anche  periodici. Ed attuare, soprattutto,  profilassi delle malattie infettive. Ove ritenuto indispensabile, od opportuno.

In buona sostanza, era necessario garantire che gli operatori addetti alla nutrizione fossero esenti da malattie infettive, da potenziali microrganismi in grado di "veicolare" e di contaminare gli alimenti. E comunque da patologie tali da causare tossinfezioni alimentari. Diffusioni di infezioni, di contagi o di epidemie. Attraverso gli alimenti, i cibi elaborati e le bevande.

Intanto anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità aveva cominciato a segnalare nel 1989, con il rapporto denominato "Technical Report Series 785/1989", che gli accertamenti sanitari di routine sugli alimentaristi erano stati inefficaci in termini di risultati. Ed in taluni casi vani per la prevenzione. E che avevano rappresentato uno spreco di risorse umane,  economiche e monetarie "stante l'elusione delle prescrizioni".

Successivamente il Decreto Legislativo n.155 del 1997, che recepì la Direttiva europea 43/93 sull’igiene dei prodotti alimentari, modificò e integrò il quadro legislativo. Ed in particolare rese responsabile il titolare dell’azienda (a mio avviso, anche della azienda famigliare) dell’obbligo dell'aggiornamento e della informazione propria, o del proprio personale alimentarista. In seguito a questo Decreto, quindi, molte Regioni e Province autonome modificarono la normativa sul libretto sanitario per gli  alimentaristi, pur al fine di adeguarne le modalità e le finalità di conseguimento alle mutate esigenze di sicurezza sanitaria, di igiene nutrizionale e dell'ordine pubblico dell'epoca contemporanea.

La materia, pertanto, fu completamente riformata. Forse anche in ragione dei gravi vulnus riscontrati. E delle diverse sensibilità e percezioni espresse  nelle comunità degli Stati, circa le finalità e le funzioni economiche e sociali della materia.

Tanto che il Regolamento dell’Unione Europea n. 852 del 2004 si fece carico di abolire il Libretto Sanitario ed introdusse presso gli Stati aderenti nuovi obblighi ed adempimenti. Soprattutto formativi, operativi e culturali. Per cui, in sostituzione dei precedenti protocolli operativi interni, fu previsto l’obbligo in capo ai datori di lavoro di provvedere alla formazione periodica del (proprio) personale addetto alla produzione, alla preparazione, alla manipolazione, alla distribuzione, alla somministrazione ed alla vendita di sostanze alimentari. Affinché essi dimostrino l’effettiva capacità ad operare, consapevolmente, nel settore nutrizionale, rispettandone le norme igieniche - sanitarie. Ed evitino, così, di propagare, di veicolare o, comunque, di favorire la contaminazione dei cibi destinati ai medesimi, od ai terzi avventori.

In tal senso si procedette ad un inquadramento opportuno, sebbene non uniforme ed omogeneo, della materia. Al punto che i titoli rilasciati, a seguito del superamento favorevole dei corsi di formazione,  avrebbero potuto circolare liberamente (ovviamente, al seguito dei rispettivi titolari) sul territorio europeo e presso gli altri Stati dell'EU.

Dagli osservatori e dagli studiosi tale orientamento normativo fu inteso ed annunciato come una evoluzione positiva e favorevole del pensiero europeo, internazionale e globale. In quanto, avendo superato la logica pretermessa alle precedenti procedure, tali per le quali i medici avrebbero dovuto "emettere" una semplice "attestazione di buone condizioni di salute", furono responsabilizzati tutti gli addetti delle filiere dinanzi al paventato rischio (della incolumità) sociale. E fu espressamente normata la "responsabilizzazione" dei  datori di lavoro, così come dei singoli operatori, per tutta la durata del rapporto lavorativo. Il tutto assecondando una logica sistematica e di inquadramento giammai, però, discriminatoria ed esclusiva, ma bensì inclusiva, partecipativa,  collaborativa e solidale.

In Italia l’applicazione delle nuove norme è stata affidata, in conformità alla Costituzione, alle Regioni. Le quali non si sono adoperate in modo uniforme ed hanno emanato, anzi, provvedimenti legislativi il più delle volte non coordinati.

In talune Regioni (ad esempio) non è stata emanata alcuna normativa specifica, o di dettaglio. Mentre presso altre esse (normative) sono state in seguito abolite. Ed in tal modo è stata creata una situazione, una prassi, che consente di operare disorganicamente e disfunzionalmente.

Per cui capita che la formazione attuata in una Regione non sia valida in un’altra. O che addirittura non venga fatta, o che non venga controllata. E ciò sebbene siano stati sollecitati in diverse occasioni anche istituzionali la predisposizione dei codici applicabili ai settori particolari.

Infatti tali codici specifici e le relative linee guida dovrebbero essere abbinate a questo documento, all’HACCP ed alle Linee Guida di orientamento per la sua applicazione" (Sezione II; Scopo, uso e campo di applicazione, 2.1 – Scopi; 2.1.1 La Filiera Alimentare) (**).

Un aspetto non armonizzato riguarda, quindi, la stessa formazione, che è stata trasformata nel corso degli anni in un ottimo e lucrativo affare, in un "business", in una "macchina per fare soldi". E che ha visto fiorire strutture pubbliche e private di ogni tipo; nelle quali si avvicendano amministratori, ufficiali pubblici, manager, professionisti e talvolta speculatori.

Infatti può capitare che gli attestati dei corsi di formazione vengano rilasciati con una certa leggerezza da enti non idonei; od addirittura contraffatti, falsificati o trafficati.

Tutto ciò a discapito dei controlli, che avrebbero dovuto operare in modo sempre più puntuale ed in via preventiva nei riguardi dei cittadini; al fine di dare compiute informazioni e trasferire nozioni sempre più dettagliate ai medesimi. Eppoi nei riguardi degli utenti, al fine di trasferire ad essi le necessarie competenze, attraverso una formazione effettiva e funzionale. 

Forti riserve permangono, quindi, in merito alle disponibilità del personale ed alle competenze delle varie strutture. Questioni che hanno disvelato realtà e scenari tanto disomogenei, disgreganti e scollegati quanto inquietanti. Basti valutare al riguardo le vulnerabilità degli addetti, le indeterminatezze dei percorsi curricolari. La scarsa igiene dei locali deputati alla somministrazione dei pasti. E la provenienza dubbia, quando non illegale, degli alimenti e degli ingredienti.

Motivi tutti che inducono a ritenere, sempre più spesso, opportuno di intensificare il coinvolgimento delle autorità giudiziarie europee (pur mediante il ricorso alla "legittima suspicione"). O delle giurisdizioni sovranazionali, attraverso lo strumento processuale del "rinvio pregiudiziale".

L’esercizio discrezionale del rinvio pregiudiziale limita la circolazione del diritto ed il processo di integrazione europea. Il “Caso: salute e nutrizione”.

Al riguardo è bene evidenziare che il rinvio pregiudiziale è "riservato" alla mera ed insindacabile attività del giudice interno. Ovvero è una attività rimessa, ancora oggi, alla volontà della singola parte processuale, che sebbene assolutamente qualificata opera, sovente, al limite della "discrezionalità colposa grave". Poiché essa è priva di limiti effettivi, interni ed esterni. Ed opera  disgiunta dalla dimensione europea. E, soprattutto, il Giudice interno, l’unico “custode ed interprete” nazionale del diritto europeo, non risulta concretamente e funzionalmente aperto al contraddittorio pieno ed effettivo con tutte le altri parti processuali. In buona sostanza i codici di procedura e gli indirizzi giurisprudenziali, così come della politica giudiziaria, hanno avallato una applicazione del diritto del Trattato europeo tale per la quale il giudice interno rimarrebbe l’unico custode ed interprete delle dinamiche sovranazionali. Limitando con ciò la libera circolazione delle persone, del diritto ed il processo di integrazione europeo, anche in merito alle criticità riscontrate nei diversissimi ambiti sanitari, alimentari, nutrizionali e produttivi.

Quindi ciò che è più grave è che spesso i controlli vengano svolti sotto il coordinamento investigativo esclusivo della magistratura ordinaria e dagli operatori della polizia reclutati negli ambiti locali. Dai miliari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri, la quale si avvale del nucleo speciale dei NAS. O non vengano effettuati affatto. Il più delle volte per accondiscendenza con le tradizionali economie della c.d. filiera corta (ad esempio, pescivendoli-contrabbandieri, panettieri-abusivi, macellai-illegali, caseifici-contraffattori, vignaioli-adulteratori, mercatini rionali, ristoratori ambulanti, dettaglianti ambulanti, etc.); e per la mancanza di una cultura locale maggiormente sensibile riguardo ai temi della salute, della incolumità e della salubrità nutrizionale.

Inoltre è plausibile affermare che sia riscontrabile l’assenza, o la lacunosità, di una normativa specifica in molte Regioni. Sia perché in alcune tra esse gli stessi organi delle A.S.L., che avrebbero dovuto essere deputati al controllo, sono impegnati (con scarsi risultati) proprio nella formazione. Generando, così, un conflitto d’interesse evidente ed talvolta insanabile. Essia perché tali corsi sono erogati, in numerose occasioni, con modalità, interessi e competenze tali da svilirne le finalità.

Il risultato è che sempre più spesso gli operatori non percepiscono il momento formativo come un obbligo. Come un arricchimento. E quindi non integrano la "formazione". Oppure la praticano in modo approssimativo. E favoriscono, così, un processo illogico e preterintenzionale di dissolvenza della conoscenza e di svalutazione delle tutele.

Al riguardo è bene evidenziare che esiste un articolo di Legge che impegna il Ministero della Salute ad uniformare la formazione in questo settore. E ad introdurre tutti i mezzi e le innovazioni necessarie per favorire una diffusione capillare delle competenze, anche attraverso l’utilizzo delle tecniche di formazione a distanza (D.A.D); ormai riconosciute più efficaci rispetto a quelle adoperate tradizionalmente in aula.

Ministero che, inspiegabilmente, è stato osteggiato dalle Regioni, le quali ritengono di subire una perdita di potere, una lesione dei diritti ed una delegittimazione delle proprie prerogative istituzionali e costituzionali (riserva di Legge). A causa delle intromissioni costanti e degli sconfinamenti istituzionali ed amministrativi.

Alimentazione e tossinfezioni. Le criticità riscontrate. Perché si qualifica la ipotesi di danno alla persona.

È innegabile, di tanto, che il principale problema della sicurezza alimentare sia rappresentato dalle tossinfezioni alimentari. E che esse siano dipendenti, in gran parte, dalla gestione del cibo operata a livello domestico (abitazioni private), così come nell’ambito della ristorazione collettiva (mense, catering), o pubblica (bar, ristoranti, pub, friggitorie trattorie, pescherie, fruttaioli, ortolani, etc.). E più in generale in ogni attività dove si trattino o si somministrino alimenti di varie origini e nature (carni, verdure, frutte, ortaggi, erbe, pesci, molluschi, crostacei, etc.).

In effetti i cittadini non vogliono o non hanno la concreta possibilità di verificare la correttezza delle modalità formative ed operative del personale addetto alla ristorazione. Ed il compito delle verifiche è rimesso, principalmente, alle competenze dei S.I.A.N. (Servizi di Igiene Alimentazione e Nutrizione) delle A.S.L..

Con una certa frequenza inoltre, vengono segnalate irregolarità nei negozi degli alimentari, nei supermercati, nelle attività di ristorazione, nei depositi e nelle aziende di produzione, a causa delle condizioni igieniche e sanitarie carenti, od approssimative. Oppure a causa della illecita conservazione degli alimenti; così come della errata utilizzazione dei prodotti, talvolta anche scaduti. Ovvero, in tali casi non risulta che vengano né valutate tempestivamente né monitorate adeguatamente le certificazione che dovrebbero comprovare la preparazione del personale nel gestire gli alimenti. E spesso le irregolarità dipendono proprio dalla scarsa od inadeguata formazione (preparazione) degli addetti.

L’impressione è che la questione della preparazione del personale venga "gestita" come una mera formalità tributaria, burocratica e non fondamentale. Ritenuta talvolta dispendiosa, non economica e non necessaria. E talaltra non opportuna. A seconda delle premesse o delle prospettive degli interlocutori. Motivi a causa dei quali la maggioranza degli operatori del comparto si limitano ad affrontare qualche ora di lezione residenziale, od a distanza, e dei semplici esami di routine. Ignavi, soprattutto, degli adempimenti ulteriori (assicurazioni) e degli oneri sanitari (vaccinazioni, visite oncologiche, accertamenti dermatologici, esami clinici, etc.) ai quali dovrebbero attenersi, pur nell'interesse della collettività.

Sarebbe necessario diffondere, pertanto, una maggiore consapevolezza tra gli utenti e gli enti di rappresentanza. Intensificare i controlli, verificare periodicamente gli enti di formazione; monitorare e tracciarne i percorsi formativi. Accertare le effettive competenze formative del personale. E rendere pubblici gli esiti dei controlli medesimi.

Al riguardo, in Emilia Romagna il libretto della idoneità sanitaria per i lavoratori del settore alimentare è stato abolito con la Legge Regionale n. 11/2003. E coloro che lavorano nella produzione, nella  preparazione, nella manipolazione degli alimenti devono frequentare, al posto delle visite mediche annuali per il rilascio, od il  rinnovo, del libretto sanitario, specifici corsi di formazione. Ritenuti più idonei al fine di aumentare l'attenzione degli allievi sulle norme igieniche e di comportamento. E di garantire la salubrità degli alimenti.

I corsi di formazione - sostitutivi del libretto sanitario - sono organizzati dai Dipartimenti di sanità pubblica delle Aziende A.S.L. o dalle varie associazioni di categoria [alle quali andrebbero aggiunte, a mio avviso, le rappresentanze delle casalinghe, delle badanti, dei cuochi domestici, delle baby sitters, in accordo con i Dipartimenti di sanità pubblica.

Corsi a conclusione dei quali sono rilasciati, dopo le verifiche necessarie degli apprendimenti, gli attestati di idoneità.

Per i lavoratori del settore alimentare (così come per i residenti in Emilia-Romagna) ma che lavorano in altre regioni, il libretto sanitario può invece essere ancora necessario. Gli interessati possono, pertanto, rivolgersi al Dipartimento di sanità pubblica dell'Azienda A.U.S.L. di residenza.

Libretto per Alimentaristi. Il “Caso” Campania.

La Regione Campania pubblicava il Decreto Dirigenziale n° 9 del 13 marzo 2006 che introduceva in via definitiva l’obbligo per gli operatori del settore alimentare di partecipare ad un corso specifico per “alimentarista”.

Tale corso è stato ritenuto obbligatorio dal 1 gennaio 2007, pena l’illecito amministrativo perseguibile con la applicazione delle sanzioni amministrative, in quanto, in linea anche con il Decreto Dirigenziale n°46 del 23 febbraio 2005. In forza di esso si stabiliva la necessità di acquisire l’attestato di formazione professionale, o di aggiornamento, per gli alimentaristi in sostituzione del libretto di idoneità sanitaria di cui all’art. 14 della precedente Legge n. 283 del 1962.

La necessità di approntare tale rimedio normativo derivava dalla risoluzione della Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) n° 785/89, la quale aveva evidenziato che gli accertamenti sanitari di routine introdotti presso i singoli Stati erano stati inefficaci ai fini di garantire una adeguata attività di prevenzione delle malattie di origine alimentare. E per cui le misure medesime avevano rappresentato un inutile quanto "inefficace dispendio di risorse umane ed economiche". Inoltre aveva ribadito la necessità di apportare dei correttivi mediante la introduzione di adeguati  percorsi di formazione e di aggiornamenti continui degli addetti, da approntarsi mediante l’utilizzo delle più innovative e giuste tecnologie di sicurezza, utili per il conseguimento degli scopi.

I corsi per alimentaristi, ovvero, avrebbero dovuto essere rivolti sia al personale qualificato che manipola professionalmente alimenti e bevande, sia al personale che manipola abitualmente, o meno, alimenti e bevande. E, perciò, il datore di lavoro avrebbe dovuto svolgere il ruolo di responsabile dell'industria alimentare (od, a mio avviso, della unità famigliare) e degli operatori collocati all’interno dell’azienda, o dell'esercizio, assolvendo così appieno al ruolo ulteriore di addetto qualificato che manipoli alimenti e bevande.

Destinatari e livelli di coinvolgimento.

Proviamo a considerare i diversi livelli di coinvolgimento e di apprendimento (sulla base di quanto disposto dalle autorità competenti):

1. Addetto Livello di rischio 1: baristi, fornai, addetti alla produzione di pizze e similari; addetti alla vendita ed alla somministrazione di alimenti sfusi, inclusi ortofrutta; addetti alla somministrazione ed al porzionamento dei pasti in strutture nutrizionali, socio - assistenziali e scolastiche.

Durata del corso 4 ore, con esame finale.

2. Addetto Livello di rischio 2: cuochi, aiuti cuochi e responsabili addetti alla ristorazione collettiva, scolastica, aziendale, dei ristoranti e degli affini. Pasticcieri, gelatieri ed aiuti pasticcieri o gelatieri addetti alla produzione. Addetti alla gastronomia alla produzione ed alla vendita. Addetti alla produzione della pasta fresca. Addetti alla lavorazione del latte, dei formaggi e dei derivati. Addetti alla macellazione, al sezionamento, alla lavorazione, alla trasformazione ed alla vendita delle carni, dei pesci e dei molluschi. Addetti alle produzioni degli ovo prodotti. Addetti alla produzione, alla manipolazione, alla somministrazione ed alla vendita degli alimenti e dei nutrimenti.

Durata Corso 8 ore, con esame finale.

3. Addetto Livello di rischio 3: Responsabili di industrie alimentari. 

Durata Corso 12 ore, con esame finale.

Contenuti.
Il corso e strutturato con delle modalità tali da garantire un risultato di idoneità sui seguenti temi:

Generalità sulle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti: tossinfezioni ed intossicazioni alimentari; fattori che contribuiscono alla loro insorgenza e modalità di prevenzione.

Responsabilità degli alimentaristi nella prevenzione delle infestazioni e nella trasmissione degli agenti patogeni ai consumatori attraverso i prodotti alimentari.

Igiene della persona.

Igiene degli ambienti di lavoro.

Legislazione sanitaria.

Good manifacturing pratices e buone pratiche di lavorazione.

Processi di preparazione, di conservazione e di  distribuzione degli alimenti. Ed individuazione dei fattori di rischio sanitario.

Piano di autocontrollo alimentare basato sui principi del sistema HACCP. I responsabili delle industrie alimentari approfondiranno i principi del sistema HACCP e la gestione dell’autocontrollo.

Conclusioni.

In conclusione richiamo, sinteticamente, la attenzione sui seguenti temi dell'articolo, che non derivano né da valutazioni di politica giudiziaria, né dalle mutate esigenze sociali ed amministrative. Tali per le quali sarebbe necessario avvalersi (anche a causa della attuale  pandemia) di tutele giuslavoristiche adeguate. Superando ogni "retorica" interpretativa riconducibile ai vari combinati disposti delle normative di riferimento, ma avvalendosi di opportunità inclusive e da tali da premiare le evidenze scientifiche, le diagnosi di laboratorio e gli apporti tecnologi.

Ovvero, 1) permane un obbligo di adeguamento alle normative ed ai regolamenti vigenti nelle materie della nutrizione, della lavorazione e della somministrazione degli alimenti e della salute.

2) Gli operatori ed i soggetti interessati sono tenuti ad acquisire le nozioni tecniche tramite dei corsi di formazione. Corsi che sono rivolti sia agli operatori professionali, sia alle persone che provvedano alla nutrizione propria, dei conviventi o dei famigliari.

3) Ogni operatore, privato o meno, è responsabilizzato rispetto ai propri dipendenti, od ai terzi avventori. Secondo una logica giuridica, costituzionale, non discriminatoria ed inclusiva.

4) Ogni operatore assolve ad un lavoro che dovrà essere retribuito ed assicurato regolarmente (pur avvalendosi dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.I.L.). Al riguardo mi riferisco, in particolare, alla assistenza sanitaria ed alle tutele previdenziali previste per gli operatori domestici e, quindi, a fronte degli incidenti occorsi negli ambiti medesimi.

5) Sarebbe possibile ridurre, in tal modo, la incidenza delle tossinfezioni, delle  intossicazioni e delle infestazioni.

6) Ridurremo, o contribuiremmo a ridurre, l'impatto ambientale e l’inquinamento.

7) Contribuiremmo al contrasto della "povertà alimentare" e, quindi, alla riduzione dei gaps produttivi  e distributivi.

8) L'incidenza del prelievo fiscale per i contribuenti sarebbe contenuto, sostenibile ed opportuno, rispetto ai vantaggi economici, sociali e salutistici per la medesima comunità.

Il 10 aprile 2021.

Il 22 febbraio 2022.

In allegato l'articolo integrale con note


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