Letteratura  -  Redazione P&D  -  13/05/2022

Il mondo di Paolo Cendon, recensione di Giuseppe Piccardo

“Il Mondo di Paolo Cendon” è un  volume pubblicato dall’editore Santelli nel mese di aprile scorso, che  ricostruisce, come indica il titolo stesso,  un mondo poliedrico e di rara sensibilità costruito, dal prof. Paolo Cendon nel corso  della sua vita e della sua importante carriera accademica come docente di diritto civile, presso l’Università degli Studi di Trieste.

Il volume è un libro a più voci che con l’aiuto di amici, studiosi, ex studenti, alcuni dei quali divenuti poi collaboratori, ricostruisce la vita e le vere e proprie battaglie civili che il prof. Cendon ha affrontato e combattuto a favore dei più deboli e delle persone svantaggiate, senza armi, ma semplicemente con una magistrale applicazione del diritto alle scienze sociali, quali la psicologia, la psichiatria e la sociologia, contro ogni stereotipo, ogni ingiustizia ed ogni discriminazione.

La vita del prof. Cendon, infatti, è stata sempre, e continua ad essere, tutt’oggi, una vita dedicata allo studio e alla divulgazione del diritto, certamente, ma anche e soprattutto un vita dedicata a rendere il diritto una disciplina non astratta, rigida e stereotipata, come spesso è, ma una disciplina utile e umanistica  nel senso proprio e classico del termine, soprattutto al servizio delle persone più deboli, che proprio per questa ragione hanno difficoltà a vivere in un mondo spesso indifferente, discriminante  ed egoista. Il diritto, come insegna il prof. Cendon, non può essere avulso dalla vita reale e dalle sue complesse problematiche, se non vuole ridursi ad essere considerato attività tecnica e  burocratica.

A riprova della concretezza dell’azione del giurista, ma anche dell’intellettuale prof. Cendon, vi sono i capitoli del libro dedicati alle multiformi attività del professore, volte a contrastare le disuguaglianze, derivanti dalla disabilità, dal genere o da altre cause.

Sul piano giuridico, la più grande intuizione del prof. Cendon è sicuramente l’elaborazione della  della legge  numero 6 del 2004 sull’amministrazione di sostegno della quale, nel libro si racconta la genesi.  La legge suddetta  ha davvero rivoluzionato il rapporto tra diritto e incapacità, rovesciando i presupposti che avevano indotto il legislatore a concepire l’interdizione e l’inabilitazione, nel 1942.                                                                                                                       L’impegno del prof. Cendon si è sviluppato, successivamente al 2004, nel miglioramento e nel monitoraggio dell’applicazione della normativa da lui stesso pensata, ma anche nel passaggio successivo, vale a dire quello dell’abolizione dell’istituto dell’interdizione, con la redazione di una proposta di legge, depositata in Parlamento.

Di primaria importanza, nel periodo anteriore al 2004, è l’attività del prof. Cendon  con il prof. Basaglia, in relazione al lungo e tortuoso percorso che avrà, quale importante risultato finale, la  chiusura dei manicomi, così come la battaglia per il riconoscimento del danno esistenziale e del danno non patrimoniale alla persona, sempre nella prospettiva ideale di dare dignità e rilievo alla disabilità ed alla sofferenza umana, anche in ambito giuridico. Dignità e riconoscimento che proseguono, con quello che il prof. Cendon definisce “Patto di rifioritura”, vale a dire un sistema organico di misure finalizzato ad un percorso di uscita da situazioni di disagio, violenza,  malattia psichica, verso una vita dignitosa e ricca di stimoli umani, diversa da quella alla quale, la fragilità, spesso conduce. 

Ancora, va ricordata la tematica relativa a progetti psico – giuridici volti a definire strumenti di tutela di persone disabili,  successivamente alla morte dei genitori, tematica di primaria importanza, per il Professore, nell’ambito di un “Progetto esistenziale di vita”, così come l’istituzione di una struttura, a Trieste, per persone prive di autonomia, che mette in pratica gli strumenti di tutela concettualizzati dal Professore medesimo, in primis l’amministrazione di sostegno.

Lo scrivente non ha avuto la fortuna di conoscere il Professor Cendon durante gli studi universitari, avendo frequentato la facoltà di giurisprudenza presso l’Università  degli studi di Genova, ma lo ha conosciuto in prima persona in occasione dell’organizzazione di un convegno con la sezione ONDIF (Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia) di Savona,  durante il quale presentare l’ultimo romanzo a sfondo giuridico del Professore, “Storia di Ina”. Del primo, colloquio telefonico con il Professore, durante il quale il Professore mi ha raccontato con passione ed entusiasmo gli incontri più significativi della sua vita di giovane ricercatore universitario e di giovane docente, successivamente,  ricordo, in particolare una frase, che tengo sempre a mente: non si può essere bravi giuristi se non si ama la musica, l’arte, la musica, la lettura, il cinema, la cultura in generale. E questo, perché per il prof. Cendon il diritto è  molto di più di un codice o di una sentenza, ma è l’essenza della vita stessa, con tutte le sue sfumature e le sue contraddizioni, e come tale non può essere astratto dalla vita stessa, dalla cultura, dall’emotività.

Da quel momento, con il coinvolgimento in “Diritti in movimento”, al quale il libro dedica un interessante capitolo, la partecipazione alle iniziative del Prof. Cendon si è, piacevolmente, intensificato. Ogni riunione, ogni incontro con una mente libera, indipendente e ricca di curiosità  intellettuali, oltre che guridiche, quale è quella del Prof. Cendon, è una fonte di arricchimento interiore importante, significativa, ed in continua evoluzione. Così come la lettura di questo libro, che doveva assolutamente essere scritto.




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