-  Bedeschi Ilaria  -  29/07/2012

IL SEGRETO DI STATO NELLA DISCIPLINA DEL PARTO ANONIMO – Ilaria BEDESCHI

Il tema del parto anonimo s"inserisce all"interno di una disciplina particolarmente complicata, sia dal punto di vista delle fonti giuridiche (diritto costituzionale, civile, penale, internazionale, processuale civile), sia dal punto di vista delle diverse posizioni di diritto, contrastanti, che devono essere tutelate (libertà sessuale, libertà personale, diritto a essere genitore, diritto allo status filiationis, diritto a conoscere le proprie origini biologiche). La difficile armonizzazione delle varie posizioni si diffonde, con particolare riferimento, alle nuove pratiche d"incentivazione alla genitorialità che investono proprio la maternità.

 

Il parto anonimo

Le norme del codice civile, mantenendo la distinzione tra filiazione legittima e filiazione naturale, disciplinano l"istituto giuridico del riconoscimento della filiazione. Queste disposizioni valgono nel caso in cui il figlio sia immediatamente riconosciuto da almeno uno dei genitori i quali decidono di comparire all"interno dell"atto di nascita. Ne discende quindi che il neonato sia identificabile entro un quadro preciso, di portare immediatamente un cognome, di acquisire determinati diritti che derivano da quella particolare discendenza e la possibilità di ricorrere a specifici istituti processuali con i già indicati legittimati passivi.

Può però accadere che la madre non voglia essere nominata e non voglia dunque riconoscere il figlio partorito. Le ragioni possono essere differenti, ma non si deve negare la possibilità di rispettare la volontà della donna di non divenire madre poiché, giuridicamente, sino a quel momento risulta essere solo la partoriente. La qualifica giuridica di madre, con l"acquisizione delle relative posizioni giuridiche, sarà la conseguenza della dichiarazione di nascita e della sua decisione di comparire all"interno dell"atto di nascita.

Questa possibilità, tuttavia, deve essere contemperata con l"oramai consolidato principio della responsabilità da procreazione, ricordando che l"anonimato era stato garantito per la donna al fine di diminuire i casi di termine anticipato della gravidanza causato da aborto volontario.

Già nel 1994 la Corte Costituzionale si era pronunciata con sentenza 5 maggio 1994, n. 171 riconoscendo il diritto all"anonimato di donna partoriente. Non essendo sufficiente una sentenza costituzionale, il legislatore, con D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 " Regolamento per la revisione e la semplificazione dell"ordinamento dello stato civile, a norma dell"art. 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127", ha disciplinato legalmente il diritto alla donna di non comparire come madre.

Se ne occupa l"articolo 30 del decreto presidenziale il quale dispone che "La dichiarazione di nascita è resa … rispettando l"eventuale volontà della donna di non essere nominata".

Nel nostro ordinamento è l"essere nominati oppure no nell"atto di nascita che fa scattare immediatamente il meccanismo del riconoscimento. In questo caso, la madre, può decidere se essere nominata oppure mantenere l"anonimato, escludendo in questo caso il riconoscimento.

La procedura prevede che, in alternativa alla madre, che sarà dichiarata ignota, potrà eseguire la dichiarazione di nascita un procuratore speciale, il medico, l"ostetrica o la persona che ha assistito al parto ma nel rispetto della volontà all"anonimato della madre.

Le questioni che rendono non pacifica la disciplina riguardano principalmente:

-        Madre ignota e riconoscimento del padre naturale nel caso in cui la donna sia coniugata con altro;

-        Se il figlio riconosciuto dalla madre è nato in costanza di matrimonio, quindi è operante la presunzione di paternità, ma la madre è consapevole della circostanza secondo la quale il figlio è nato da terzo, ponendosi dunque la questione del reato di alterazione di stato

-        Richiesta di anonimato nella dichiarazione di nascita di figlio legittimo e contrasto con il sistema delle presunzioni;

È evidente che le questioni sono diverse, tuttavia la linea comune nelle pronunce della Corte Costituzionale si manifesta nell"interessa alla tutela della madre, coniugata o no, che voglia restare innominata.

In via subordinata alla madre che desidera non comparire, l"ordinamento dispone che nella formazione dell"atto di nascita sia l"ufficiale di stato civile a fornire un nome ed un cognome con la successiva apertura della procedura per la dichiarazione di adottabilità

Le origini biologiche

La questione sulla conoscenza delle origini biologiche ha natura altamente trasversale e riguarda, più in generale, la possibilità di poter conoscere quali siano i genitori "reali" ossia quelli biologici.

Assolutamente non pacifica in dottrina e non previsto come diritto esplicito dal nostro ordinamento nazionale, la conoscenza delle origini biologiche risponde ad una versione moderna e democratica del diritto all"identità personale.

Realisticamente e materialmente sarebbe possibile giungere al nome della madre (cartella clinica, ricovero, degenza, consenso al trattamento, codice utilizzato per la richiesta di anonimato), ma legalmente non è possibile, nemmeno con l"intervento del giudice, rivelare il nome della madre a chiunque ne faccia richiesta se la madre è ricorsa all"anonimato. La tutela della madre è garantita e protetta nel senso più esteso; garanzia avallata anche dalle recenti disposizioni in materia di trattamento di dati sensibili.

Il figlio nato da madre ignota non ha dunque la possibilità di conoscere le proprie origini biologiche.

I problemi che ne derivano si elevano se l"anonimato scivola nel terreno dei "metodi per procreare". Il nostro codice vieta, ad esempio, il ricorso all"anonimato di madre che abbia aggirato il divieto dell"eterologa. Inoltre, nel caso di utero in affitto potrebbe disporsi il reato di alterazione di stato, supposizione o soppressione di stato.

Non si deve dimenticare che già la legge sull"interruzione di gravidanza, sollecitata dalla stessa Corte Costituzionale, ha avuto come obiettivo principale la delimitazione dei casi di aborto clandestino; il diritto all"anonimato della madre partoriente segue questo scopo. D"altronde è innegabile che la libertà della donna debba essere garantita nel decidere se divenire madre ma, allo stesso tempo, l"ordinamento ha garantito al minore la certezza di vivere all"interno di una famiglia, anche se non biologica, ma che possa offrirgli comunque una stabilità.

Resta però in sospeso un combinato disposto che potrebbe indicare implicitamente un barlume di diritto del minore a conoscere le proprie origini biologiche: l"articolo 7 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo di New York del 1989 dispone che " il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi veri genitori e a essere allevato da essi" e l"articolo 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184 "Diritto al minore ad una famiglia" annunciando il diritto del minore a crescere e ad essere educato nella propria famiglia.

Occorre distinguere i diversi piani in cui si muove la conoscenza delle origini biologiche.

Non è permessa nel caso di fecondazione artificiale dato che il donatore deve restare anonimo e così anche, come già detto, nel caso in cui la madre abbia richiesto l"anonimato. Diverso è il caso dell"adozione, senza anonimato, dove è possibile fare richiesta per la conoscenza della propria famiglia di appartenenza anche se con alcune restrizioni.

La disciplina è fortemente dibattuta tanto più in un momento in cui l"artificialità consente, in modo incalzante, di aggirare la biologia in favore della chimica.

 




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