-  Mazzon Riccardo  -  18/12/2012

IL SIGNIFICATO DI COSTRUZIONE E LA SENSIBILE ELEVAZIONE RISPETTO AL LIVELLO DEL SUOLO - Riccardo MAZZON

Che il manufatto oggetto del contendere abbia i caratteri della solidità, della stabilità e dell"immobilizzazione rispetto al suolo, non risulta sufficiente, al fine di consentire all"interprete di considerarlo "costruzione", ai sensi e per gli effetti dell"articolo 873 del codice civile.

Ulteriore, necessaria condizione infatti, affinché legittimamente si applichi la norma de qua, è che il manufatto sporga sensibilmente

la disposizione di cui all'art. 873 c.c. che stabilsce, per le costruzioni su fondi finitimi, la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, si riferisce, in relazione all'interesse tutelato, non necessariamente a un edificio, ma a un qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità o che emerga in modo sensibile dal suolo e che, inoltre, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza e alla salubrità del godimento della proprietà Corte appello Firenze, sez. I, 10/08/2011, n. 1095 Avenia c. Marchettini e altro Guida al diritto 2011, 38, 84 (s.m.)

rispetto al livello del suolo:

il concetto di costruzione, ai fini della disciplina sulle distanze legali (art. 873 c.c.), si estende a qualsiasi opera stabilmente infissa al suolo che, per solidità, struttura e sporgenza dal terreno, possa creare quelle intercapedini dannose che la legge, stabilendo la distanza minima tra le costruzioni, intende evitare Cass. 22.5.98, n. 5116, GCM, 1998, 1106.

Tale, ulteriore, condizione (la sensibile sporgenza dal terreno) è, in effetti, necessariamente richiesta dalla giurisprudenza, con la finalità di garantire la rispondenza della norma alla sua ratio, che è quella di evitare pericolose e dannose intercapedini:

l'art. 873 c.c., con la locuzione "costruzioni su fondi finitimi", si riferisce alle opere erette sopra i fondi e che stabilmente sporgano dal suolo e siano, per la loro consistenza, idonee a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza e alla salubrità del godimento della proprietà fondiaria. Ne consegue che all'ambito delle costruzioni, ai fini del rispetto delle distanze legali, non possono ricondursi le opere assolutamente inidonee a creare intercapedini, quale ad esempio una rete metallica sorretta da sottili paletti, essendo tale manufatto inidoneo a intercettare, schermandole, luce e aria Tribunale Patti, sez. lav., 24/06/2010, n. 131 C. e altro c. S.T. Giust. Civ. 2011, 5, 1318 conforme, Cass. 20.5.91, n. 5670 GCM, 1991, 5, secondo cui il concetto di costruzione ai fini della disciplina dettata dall'art. 873 c.c. non si esaurisce in quella di edificio, ma si estende a qualsiasi opera stabilmente infissa al suolo, che per solidità, struttura e sporgenza dal terreno possa creare quelle intercapedini dannose che la legge, stabilendo la distanza minima fra le costruzioni, intende evitare.

Ecco perché, ad esempio, un garage totalmente interrato può essere legittimamente realizzato senza rispettare la distanza di tre metri dal confine, stabilita dall'art. 873 del codice civile:

un garage totalmente interrato può essere legittimamente realizzato senza rispettare la distanza di tre metri dal confine stabilita dall'art. 873 del codice civile, in quanto tale norma fa riferimento alle sole costruzioni che, erette sopra il suolo, ne sporgano stabilmente, con esclusione quindi dei manufatti completamente interrati. T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 05/03/2009, n. 134 P. c. Com. Montesilvano e altro Foro amm. TAR 2009, 3, 810

Alla luce di tali considerazioni, risulta altresì inevitabile concludere che le distanze minime, determinate dall"articolo 873 del codice civile,

indicano le condizioni ritenute essenziali perché le intercapedini non siano dannose o pericolose, per cui in caso di loro difetto, al giudice non è dato di accertare in concreto se siffatta situazione si sia verificata, essendo essa presupposta dalla norma applicabile (Cass. 20.5.91, n. 5670 GCM, 1991, 5.

 

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Se è vero, com"è vero, che il magistrato, accertata la violazione delle distanze, non ha discrezionalità nel valutare la concreta pericolosità o dannosità delle relative intercapedini,

la distanza dal confine di un edificio che presenti sporgenze non meramente decorative e stabilmente incorporate nell'immobile (nella specie, una scala esterna in muratura) deve essere misurata tenendo conto delle sporgenze stesse, specie qualora la distanza sia stabilita in un regolamento edilizio comunale che non preveda espressamente un diverso regime giuridico per le costruzioni accessorie. Ne consegue, in caso di accertamento della violazione delle norme sulle distanze legali, la irrilevanza di qualsivoglia, ulteriore indagine di fatto, quale quella, oggettiva, inerente all'accertamento della concreta pericolosità o dannosità delle intercapedini relative agli sporti medesimi, ovvero quella, soggettiva, circa l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di esercitare legittimamente un proprio diritto, concretandosi l'animus turbandi nella semplice volontarietà del comportamento contra ius (Cass. 26.5.98, n. 5222, GCM, 1998, 1136),

altrettanto pacificamente l"accertamento della concreta dannosità o pericolosità insita nel manufatto è necessaria al fine (pur esclusivo), di poter qualificare (o meno) quest"ultimo quale costruzione:

il principio secondo cui le distanze nelle costruzioni debbono essere osservate anche se in concreto non esiste un effettivo danno o pericolo, in quanto la legge, imponendo l'osservanza di determinate distanze, ha ritenuto che solo queste valgono a soddisfare le esigenze di igiene, di salubrità e di sicurezza degli abitanti, non esclude il potere del giudice del merito di stabilire l'oggettiva idoneità dell'elemento costruttivo a determinare, per la sua struttura, entità e ubicazione, intercapedini che siano fonti di danno o di pericolo, in quanto l'accertamento della concreta dannosità o pericolosità dell'opera viene compiuta al fine esclusivo di stabilire se essa presenti le caratteristiche necessarie per poterla qualificare costruzione nel senso voluto dalla legge e non già, per decidere se un'opera qualificabile come costruzione, sia soggetta o meno all'osservanza della distanza (Cass. 30.3. 84, n. 2110, GCM, 1984, 3-4).

In effetti, premessa l"ovvia conseguenza, alla condizione della sensibile elevazione del manufatto rispetto al livello del suolo, del non rientrare, nel concetto di "costruzione" ex art. 873 c.c, i manufatti completamente interrati,

ai fini dell'osservanza delle distanze legali tra edifici, non costituisce costruzione un manufatto, in conglomerato cementizio, completamente interrato, essendo inidoneo per la sua collocazione nel sottosuolo a creare intercapedini dannose o pericolose, e inoltre privo di qualsiasi funzione autonoma in relazione all'attiguo edificio Cass. 31.1.85, n. 638, GCM, 1985, 1, RGE 1985, I,438,

resta da definire che cosa s"intenda per "sensibile" elevazione del manufatto, rispetto al livello del suolo, posto, come sopra riferito, che

l'art. 873 c.c, nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata nei regolamenti locali, si riferisce, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, ad opere che, oltre a possedere caratteri d'immobilità e di stabile collegamento con il suolo, siano erette sopra il medesimo sporgendone stabilmente, e che, inoltre, per la loro consistenza, abbiano l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà fondiaria, idoneità il cui accertamento (rimesso al giudice di merito ed insindacabile se adeguatamente motivato) è indispensabile per qualificare l'opera quale costruzione ai fini dell'applicazione della norma menzionata, senza che ciò comporti deroga alla presunzione di pericolosità collegata dalla legge al mancato rispetto delle distanze legali, presupponendo tale presunzione il preventivo accertamento che il manufatto eretto a distanza inferiore a quella legale abbia i caratteri della costruzione (Cass. 01.7.96, n. 5956, GC 1997, I, 44, RGE 1997, I, 29, GBLT 1997, 4065, NGCC 1997, I, 907).

Corretto e doveroso, in tale frangente, rimettere al giudice di merito tale giudizio, in quanto, pur valendo generalmente la regola secondo la quale,

l'art. 873 c.c. non comprende invece nè le opere completamente realizzate nel sottosuolo nè i manufatti che non si elevino oltre il livello del suolo, non ricorrendo per le une o per gli altri la ragione giustificatrice della norma stessa (Cass. 1.07.96, n. 5956, GC 1997, I, 44, RGE 1997, I, 29, GBLT 1997, 4065, NGCC 1997, I, 907),

lo sporgere il manufatto di pochi, soli centimetri, può non configurare casistica idonea a giustificare l"applicazione della normativa in questione.

E" stato così deciso, ad esempio, che

non fossero costruzioni, ai fini di cui all'art. 873 c.c, una superficie al livello del cosiddetto piano di campagna, perfettamente spianata, attrezzata quale campo da tennis, ed i plinti, interrati nel sottosuolo, di sostegno dei pali d'illuminazione del campo stesso, nonché il "cordolo" di recinzione del campo, alto venti centimetri, la rete metallica intorno al campo ed i pali d'illuminazione del terreno di gioco, considerando in particolare che il primo per la sua modesta elevazione e gli altri per la loro struttura e consistenza non erano idonei ad intercettare aria e luce ed a formare quindi intercapedini vietate dal menzionato art. 873 c.c." Cass. 1.7.96, n. 5956, GC 1997, I, 44, RGE 1997, I, 29, GBLT 1997, 4065, NGCC 1997, I, 907).

E ancora, sempre riguardo ad un campo da tennis:

la disciplina legale delle distanze opera per le costruzioni sporgenti in qualche modo dal suolo, e non pure per quelle eseguite nel sottosuolo e non emergenti dal piano di campagna, inteso come livello medio di una determinata zona (anche se portato in linea orizzontale mediante sbancamento dal lato a monte e riporto di terra verso il lato a valle, con o senza gli opportuni muri di contenimento), sicché non è applicabile ad un campo da tennis ad uso privato, che consiste normalmente in un terreno spianato e coperto di materiale adatto, munito di drenaggio, in cui il cordolo in muratura non è destinato a sporgere sensibilmente dal suolo, avendo solo la funzione di contenere il terreno e di formare l'appoggio per la rete metallica, mentre quest'ultima, non essendo capace di intercettare luce ed aria o di formare intercapedine, non rientra nel concetto di costruzione nel senso previsto dalla disciplina suindicata" (Cass. 21.5.83, n. 3534, GCM, 1983, 5).

Medesima conclusione è stata raggiunta, sulla base della considerazione che essa non determinava alcuna sporgenza né creava alcuna intercapedine, non potendo con ciò configurarsi "costruzione" ex art. 873 c.c, per una rampa d"accesso ad un muro di cinta:

"Il muro divisorio o di cinta non può dare luogo all'esercizio di una servitù di veduta sia perché ha solo funzione di demarcazione del confine e o tutela del fondo sia perché, anche quando consente di inspicere e prospicere sul fondo altrui, è inidoneo a costituire una situazione di soggezione di un fondo all'altro a causa della reciproca possibilità di affaccio dei proprietari dei fondi confinanti. Nella specie il tribunale ha respinto la domanda degli attori, proprietari del muro, che volevano fosse rimossa una rampa costruita dai convenuti. Ciò perché tale rampa non comporta sporgenze e, non creando alcuna intercapedine, non costituisce opera che possa essere considerata costruzione" (Trib. Savona 7.10.04, ReGiu 2005).

Al contrario, lo sporgere dal suolo per un"altezza di 70 centimetri, ha comportato che il manufatto fosse considerato "costruzione" ex art. 873 c.c.:

"Ai fini dell'osservanza delle norme codicistiche e regolamentari sulle distanze da osservare nella realizzazione di un'opera edilizia, la nozione di costruzione non si esaurisce in quella di edificio, ma si estende a qualsiasi opera non complementare interrata, avente i requisiti della solidità e dell'immobilizzazione rispetto al suolo (nella specie, la sentenza impugnata, annullata dalla S.C., aveva negato il carattere di costruzione, assoggettata al rispetto delle distanze legali, ad un'opera edilizia seminterrata, sporgente dal suolo per un'altezza di cm. 70)" (Cass 4.12.95, n. 12489, GCM, 1995, 12).

Il medesimo approccio ha comportato l"inserimento, nel concetto di costruzione ex art. 873 c.c, ad esempio, di un manufatto configurante scala:

"Ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli art. 873 ss. c.c, la nozione di "costruzione" comprende qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo (Fattispecie relativa a condanna per arretramento di una scala)" (Cass. 30.8.04, n. 17390, GCM, 2004, 7-8).

Ancora, quanto ad un chiosco annesso all"impianto di distribuzione di carburante:

"Ai fini dell'osservanza delle distanze di cui all'art. 873 c.c, la nozione di costruzione comprende qualunque opera non completamente interrata avente i requisiti della solidità e della immobilizzazione rispetto al suolo. (Nella specie, un chiosco annesso all'impianto di distribuzione di carburante)" (Cass. 9.6.92, n. 7067, GCM, 1992, 6).




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