Fragilita, storie, diritti  -  Valeria Cianciolo  -  22/10/2016

Il testamento del Signor Esselunga – Valeria Cianciolo

1. In Italia, come in altri paesi europei, si discute sulla funzione sociale del testamento e sull"adeguatezza della disciplina successoria rispetto alle esigenze del tempo attuale, in particolare per quanto concerne la quota di riserva prevista a favore dei legittimari.

Ma d"altro canto, la possibilità di disporre dei propri beni mediante testamento rappresenta da sempre, uno dei principali esercizi dell"autonomia negoziale.

Insegnava il grande Trabucchi, il testamento è "il regno dell"arbitrio".

D"altro canto,  in materia testamentaria, si deve propendere per un"interpretazione "volontaristica" che acquista, rispetto a tale atto, un"evidenza assoluta, senza eguali in nessun"altra forma negoziale.

Rimane il fatto che il testamento conserva intatto il suo fascino. Come anche quello del Signor Esselunga. Ovviamente, redatto in forma pubblica perché con un patrimonio di così tale consistenza da far impallidire Paperon De Paperoni, indicazione di cautela per assicurare il rispetto delle proprie ultime volontà è quella di scegliere la forma pubblica per la redazione del testamento. La presenza poi, del notaio e di due testimoni, come vuole l"art. 603 c.c., e il formalismo che circonda l"atto in questo caso sono, infatti, visti dai più come una garanzia di solidità del lascito.

Il controllo del notaio si esplica sia nella fase di trasposizione della volontà del disponente in termini giuridicamente comprensibili, agevolando l"interpretazione della scheda, sia anche in punto di verifica dell"effettiva condizione di capacità del testatore. Stando al disposto dell"art. 47, comma 2o , l. n. 89/1913, invero, « il notaio indaga la volontà delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità cura la compilazione integrale dell"atto ». Il che significa, da un lato, che il professionista è tenuto a guidare la stesura dell"atto mortis causa, supplendo dall"esterno ad eventuali difetti di cognizioni tecniche del testatore e garantendo una fedele riproduzione delle scelte da questi espresse in merito alla distribuzione del patrimonio. E, dall"altro lato, che la legge notarile, ove impone l"indagine sulla volontà del disponente, implicitamente richiede un accertamento sul fatto che il soggetto che compare dinanzi al pubblico ufficiale appaia come compos sui. Non si tratta di un controllo paragonabile ad una anamnesi medica con certificazione, né di un dato coperto dalla pubblica fede, ma è comunque l"opinione che matura un professionista sotto la propria responsabilità e rappresenta senz"altro un quid pluris rispetto all"olografo.

Si comprende così perché in dottrina si trovi caldeggiata la via del testamento pubblico o quanto meno si suggerisca di limitare l"utilizzo dell"olografo ai soli patrimoni esigui: meno forse si comprende l"auspicio che venga modificata la regola sulla capacità di testare rendendo obbligatorio l"intervento professionale se il testatore superi un certo limite d"età. Ogni generalizzazione in punto di capacità dell"anziano suona ingiusta, tanto più se contenuta in una norma che, per definizione, non può che sottendere una valutazione astratta formulata sulla base di un giudizio a priori.

Il Signor Capriotti aveva 90 anni suonati ed il testamento è stato redatto appena qualche tempo prima del suo decesso.

Ed il testamento del Signor Capriotti è un limpido esempio di come il testamento pubblico non passerà mai di moda.

Non me ne vogliano gli amanti del trust!

 

2. Dice Bernardo Capriotti a chiosa del suo testamento con una vena di malinconia leggiadra che impregna ogni parola: "Il corpo di tutto quanto sopra costituisce il centro delle nostre origini, la nostra tradizione di generazioni. Ho lavorato duramente. Ho sofferto l"improvvisa tragica scomparsa di mio padre (avevo 26 anni ed avevo lavorato con lui solo 6 mesi). Poi, più tardi, il dissidio coi miei due fratelli la cui liquidazione (richiesta) mi è costata quasi vent"anni di ristrettezze; nell"immane fatica, più tardi, la crisi drammatica e la fine della Caprotti."

Ricorda l"incipit di un testamento di un grande della Storia d"Italia, Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica italiana: "Tutto il mio patrimonio è frutto esclusivo del mio lungo, assiduo, onesto lavoro professionale di cinquanta anni".

Anche i ricchi piangono!

Cosa ha fatto il Patron dei supermercati Esselunga?

Leggiamo la clausola iniziale: "Nomino mie eredi universali, in parti uguali tra loro, mia figlia Marina e mia moglie Giuliana, precisando che le disposizioni di seguito effettuate devono intendersi: - come disposizioni volte a comporre le quote ereditarie, quanto alle disposizioni effettuate a favore delle mie due eredi universali; - come legati in conto di legittima, quanto alle disposizioni a titolo particolare effettuate a favore dei miei figli Giuseppe e Violetta; - come legati a valere sulla disponibile, quanto alle disposizioni a titolo particolare effettuate a favore di altri soggetti."

Giuliana è la seconda moglie e Marina la figlia nata da questo matrimonio..

Giuseppe e Violetta sono figli di primo letto. A questi il de cuius ha lasciato dei beni in conto di legittima.

 

3. Il legato in conto di legittima è disciplinato dall"art. 552 c.c. e, benché la norma sia genericamente rubricata «Donazioni e legati in conto di legittima», in realtà riguarda solo l'ipotesi particolare del legittimario, chiamato a succedere come erede, che rinunzia all'eredità (e quindi anche alla legittima).

In sostanza, si tratta di attribuzioni a titolo particolare che vanno imputate (salvo dispensa, ex art. 564, 2° co.) alla quota di legittima del beneficiario.

Il legato in conto è un istituto che mira a salvaguardare la disponibile e deve essere considerato alla stregua di un legato fatto ad un estraneo; ciò comporta anche che il rinunciante non fa numero agli effetti della determinazione della legittima complessiva, e la quota del rinunciante si accresce agli altri legittimari. Infine, il legittimario che rinuncia all'eredità non trattiene nulla a titolo di legittima

Capriotti nel  testamento spiega poi la ratio della scelta di lasciare solo la minoranza ai figli di primo letto Giuseppe e Violetta, da anni estromessi dai vertici e con cui era in corso una querelle giudiziaria per il controllo.

"Il disegno di ripartizione e continuità familiare e di business che con tanta sofferenza avevo costruito 16 anni fa è definitivamente naufragato. Ora, dopo anni di battaglie legali e di pubbliche maldicenze da parte di Violetta e Giuseppe, destino le partecipazioni delle due aziende che ho creato e che mi appartengono in modo da dare tranquillità e continuità alle imprese, salvaguardando i diritti di tutti". Così  "dopo tante incomprensioni e tante, troppe amarezze ho preso una decisione di fondo per il bene di tutti, in primis le diecine di migliaia di persone i cui destini dipendono da noi". "Famiglia non ci sarà – continua Caprotti – ma almeno non ci saranno lotte. O saranno inutili, le aziende non saranno dilaniate".

Il mitico imprenditore Bernardo Capriotti ha così lasciato alla seconda moglie Giuliana e alla loro figlia Marina il controllo di Supermarkets Italiani, la società alla quale fa capo Esselunga. Loro due ottengono così il controllo di Supermarkets Italiani, la holding che controlla Esselunga, e il 55% della Villata, l"immobiliare che raccoglie uffici, magazzini e supermercati. Alle due donne infatti ha assegnato la quota del 25%: la cosidetta "disponibile", così madre e figlia  arrivano insieme al 66,6%.

Il controllo di Esselunga passa alla figlia Marina e alla moglie Giuliana.

I figli di primo letto Giuseppe e Violetta si spartiscono quindi il restante 30% di Esselunga e il 45% dell"immobiliare. "Non sono stato molto premiato per quanto ho fatto, o ho cercato di fare, a favore di Giuseppe e Violetta – scrive Bernardo nelle sue ultime volontà - svantaggiati dalla legge italiana rispetto a Marina e alla madre".

Questa scelta sancisce la gestione e impedisce ai figli di primo letto di avere la minoranza di blocco sui supermercati.

Poi l"auspicio che non ci siano "ulteriori contrasti e pretese" e tutti possano "starsene in pace nei propri ambiti".

Tra le ultime volontà del Signor Esselunga, salta fuori inaspettatamente anche un dispetto alla città di Milano. L"imprenditore scomparso venerdì a 90 anni, ha cancellato tutte le donazioni di dipinti e opere d"arte previste. E non donazioni di poco conto.

A trarne vantaggio sarà infatti il Museo Louvre di Parigi al quale verrà donato l"olio di Manet, La vergine col coniglio biancocon l"onere che venga esposto accanto al Tiziano originale»).

Il motivo del dietrofront di Capriotti? È ben spiegato nel testamento, per una donazione effettuata nel 2013: «Avendo donato alla Pinacoteca di Milano un dipinto di scuola leonardesca di possibile grande interesse ed ingente valore, ed avendo da ciò ottenuto una esperienza molto negativa, fino al dileggio da parte degli studiosi e degli esperti dell"istituzione medesima, segnatamente Monsignor Buzzi e tale Marani, cancello le donazioni previste alla Galleria d"Arte Moderna della città di Milano».

Tecnicamente il lascito in questione è un legato modale.

L"onere (o modus) testamentario può essere definito come un peso che il beneficiario di una disposizione subisce per volontà dello stesso testatore;  in un certo senso, si traduce in una limitazione della liberalità ricevuta dall"erede o dal legatario e può consistere, sia nell"erogazione di una parte o di tutto il vantaggio patrimoniale, sia nel compimento di un"azione a favore del disponente o di un terzo.

Tradizionalmente il modus, da intendersi come peso subito dal soggetto beneficiario di una liberalità, consistente nel compimento di un comportamento attivo o negativo a favore del disponente o di terzi ovvero nella destinazione per una data finalità di una parte o di tutto il vantaggio patrimoniale ricevuto, viene costruito come un motivo penetrato nella struttura negoziale e divenuto modalità del negozio, e pertanto annoverato, accanto alla condizione ed al termine, tra gli elementi accidentali del negozio.

L"onere comporta il sorgere a carico dell"erede o del legatario di una vera e propria obbligazione in senso tecnico, che rientra nell"ampia formula dell"art. 1173 c.c., il quale dispone che le obbligazioni derivano, oltre che da contratto e da fatto illecito, «da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità all"ordinamento giuridico».

L"onere è considerato elemento accidentale perché esso può ma non deve, come gli elementi essenziali, ricorrere nel negozio giuridico. È considerato accessorio perché il disponente vuole con esso attuare un fine che si aggiunge a quello principale, ovvero annettere agli effetti tipici del negozio altri effetti secondari

Il modus, pertanto, deve consistere in un comportamento, il quale sia valutabile economicamente e può avere ad oggetto, non solo una prestazione di dare o di fare, ma anche di non fare.

Nel caso in esame, l"attribuzione patrimoniale realizzata con quello che viene qualificato come legato modale si è verificata al momento stesso dell"apertura della successione (art. 649 cod. civ.), e l"eventuale inadempimento dell"onere potrebbe al più legittimare l"azione di risoluzione della disposizione ex art. 648, comma 2o , cod. civ

Autorevole dottrina, affermata la natura autonoma dell"onere, ravvisa la differenza tra modus e legato in relazione al soggetto il cui interesse è stato preso di mira dal testatore.

In conseguenza si avrebbe un legato se la disposizione è a vantaggio di un terzo determinato o determinabile, mentre si avrebbe un onere se la disposizione è a vantaggio dello stesso testatore, dell"onerato, di terzi indicati solo genericamente o è posta al fine di accudire animali o conservare beni inanimati. Come nel caso della clausola testamentaria del Signor Capriotti.

Il patron di Esselunga perché ha chiesto che il suo quadro di Manet sia messo di fianco al quadro di Tiziano?

Probabilmente per sminuire il dileggio che il quadro aveva subito in vita. In tal modo affiancandolo al quadro di Tiziano che porta lo stesso nome del dipinto di Manet, ne sarebbe derivato un maggiore apprezzamento economico.

Laconiche le ultime volontà relative alle esequie: Per le mie esequie dispongo quanto segue: 1) spero di morire in questa casa. 2) il Santuario San Giuseppe mi attende; è a 300 metri. 3) il mattino, il più presto possibile, onde non disturbare il prossimo. 4) dal Santuario XXX il carro vada direttamente al Cimitero di Albiate; il mio loculo è il II° a sinistra, appena sotto i miei nonni. 5) niente annunci; sarebbero paginate di fornitori, cortigiani, etc. 6) la cappella del cimitero è perfettamente restaurata ed i cipressi del cimitero cambiati nuovamente; per tre anni ho assunto col Comune di Albiate l"impegno della loro cura o sostituzione. Giuliana è informata, il Dottor Arcari di Esselunga gestisce.

Si chiamano tecnicamente "disposizioni a favore dell'anima" (art. 629 c.c.) quelle con cui il testatore impone il compimento di atti di culto a beneficio della propria anima o dell'anima altrui: il fine di culto si presenta quindi come essenziale.

Come quelle di Luigi Pirandello: "Sia lasciata passare in silenzio la mia morte... morto non mi si vesta... carro d'infima classe, quello dei poveri... bruciatemi."

Più volte è stato sostenuto che l"individuazione del diritto a disporre della salma, o di quanto ne residui, non abbia, in quanto tale, una definizione in norma positiva, quanto discenda da un"elaborazione giurisprudenziale (anche non sottovalutando come la gran parte delle decisioni della giurisprudenza nelle materie della c.d. polizia mortuaria, derivino, non a caso, proprio da conflitti intra-familiari sulla disposizione del defunto), divenuta tale da considerarsi non solo costante, quanto consolidata. Così costante al punto che non è stato difficile introdurla, schematicamente, nell"art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.

Spesso si pongono questioni sul diritto di disposizione della salma. La questione emerge quando vi siano più soggetti in una qualche relazione col defunto, specie quando non vi sia un accordo comune o, almeno, non contestato da altri. Come nel caso in esame.

Il diritto di intervenire per la sepoltura del de cuius (e quindi per le operazioni anche conseguenti, in quanto presuppongono in genere una diversa ulteriore sepoltura) non è legato a questioni ereditarie, bensì è "jure sanguinis", cioè, connesso ai legami di sangue, nella famiglia.

Gli autori sono concordi nel ritenere sicuramente rilevanti, agli effetti dell"art. 629 cod. civ., gli atti esteriori che si traducono nella celebrazione di riti, prima tra tutti la S. Messa; anzi, se il testatore tace sul tipo di suffragio desiderato, per la tesi prevalente, si dovrà ricorrere proprio a quest"ultima funzione, in quanto massimo suffragio possibile secondo la Chiesa cattolica.

Non pare, comunque, che la prescrizione di tali comportamenti pregiudichi l"essenziale patrimonialità delle disposizioni: per il principio del favor testamenti, esse dovranno intendersi in un senso per cui possono avere un qualche effetto e, quindi, anche laddove il testatore non l"abbia espressamente affermato, dovranno ritenersi importare il compimento di un vero e proprio ufficio.

E quindi, onde evitare contestazioni il Signor Capriotti, ha nominato due persone , la moglie e un funzionario di sua fiducia che lavorava con lui, quale esecutori testamentari.

Saranno loro a dare corretta esecuzione alle volontà testamentarie del de cuius anche in confronto del Comune di Albiate che per tre anni dovrà provvedere alla manutenzione dei cipressi.

In tal caso, è evidente la qualifica di onere che caratterizza le disposizioni a favore dell"anima. 




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