Ai sensi dell’art. 4 del Codice del Terzo settore, come è noto, soltanto i soggetti giuridici che rispettino le condizioni previste nell’articolo citato, e che svolgano una o più delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 del medesimo Codice, possono risultare iscritti nel Runts. In considerazione delle finalità, delle attività e dei profili giuridici che caratterizzano un trust con scopi sociali, si potrebbe ritenere che anche quest’ultimo dovrebbe poter trovare “cittadinanza” nel RUNTS, nella categoria degli “altri enti di carattere privato diversi dalla società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.
Tuttavia, l’assenza di soggettività giuridica propria non consente al trust di essere annoverato tra gli ETS. In questo senso, con nota direttoriale n. 9 del 21 aprile 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha escluso che il trust possa risultare iscritto nel Runts tra “gli enti di diritto privato diversi dalle società”. Secondo l’interpretazione ministeriale, infatti, i trust mancherebbero di soggettività giuridica in senso proprio, poiché costituiscono un patrimonio separato destinato al perseguimento di un determinato scopo.
L’interpretazione ministeriale sopra richiamata è stata recentemente confermata dal Tar Campania, sez. I, con la sentenza 24 maggio 2023, n. 3158. In quell’occasione, i giudici amministrativi hanno respinto il ricorso di un trustee di un trust che svolge attività finalizzate al perseguimento di scopi di interesse generale, al quale è stata negata l’iscrizione nel Runts. Nella sentenza di può leggere che, a differenza del “ramo-ETS” di ente ecclesiastico, al quale il ricorrente aveva assimilato il trust, e al quale, a giudizio del Tar, si “trasla” la soggettività giuridica dell’ente ecclesiastico di riferimento, il trust non godendo di propria soggettività giuridica non risponde ai requisiti previsti dal d. lgs. n. 117/2017. In questa prospettiva, per vero, nel caso di specie, la stessa “traslazione” sarebbe ipotizzabile, trattandosi di un trust istituito da una fondazione, che – come è noto – gode di una propria soggettività (e personalità) giuridica.
Ad una diversa soluzione, si sarebbe potuti giungere considerando che il trust era già stato considerato tra le ONLUS, sebbene soltanto quindi ai fini fiscali. Al riguardo, tuttavia, il Tar non ha ritenuto conferente con la questione in parola la possibilità riconosciuta dalla legge di iscrizione del trust nell’anagrafe delle ONLUS, atteso che profili fiscali e civilistici non sono “sovrapponibili”.
Se l’assenza di soggettività giuridica impedisce al trust in quanto tale di essere iscritto nel Runts, é comunque sempre possibile che gli enti del terzo settore, se istituiti trustees ossia fiduciari del trust, possano essere, in quanto ETS, iscritti nel Runts. Si pensi, in quest’ottica, ad una fondazione (anche di partecipazione) ovvero ad una cooperativa sociale, le cui affidabilità patrimoniale, esperienza gestionale ed organizzativa e reputazione territoriale locale costituiscono invero gli elementi caratterizzanti e necessari per svolgere l’attività di trustee di un trust a finalità ideali.
Se, dunque, da un lato, il dato letterale e l’interpretazione del contesto normativo non sembrano lasciare margini per una iscrizione del trust nel Runts, dall’altro, la finalizzazione delle attività di un trust con scopi solidaristici rende evidente la “compatibilità” tra l’istituto giuridico in parola e la ratio della riforma del terzo settore.
Da ciò consegue che, anche per completare e rafforzare, in quest’ottica, il percorso di valorizzazione dei trusts benefici e di pubblica utilità operato dalla legge n. 112 del 2016, è auspicabile un intervento legislativo ad hoc, per il quale non mancano i riferimenti già presenti nel nostro ordinamento giuridico.