-  Ziviz Patrizia  -  16/02/2016

Immissioni intollerabili: un test per le regole di risarcimento del danno non patrimoniale - Patrizia Ziviz

Una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. civ., sez III, sent. 16 ottobre 2015, n. 20927) – la quale ha stabilito che, a fronte di immissioni intollerabili, può farsi luogo al risarcimento del danno non patrimoniale, anche in assenza di lesione alla salute tale da determinare un danno biologico, in quanto ricorra la violazione di un interesse costituzionalmente protetto, quale il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all"art.. 8 CEDU – offre all"interprete un fecondo terreno al fine di testare le discusse indicazioni poste dalle Sezioni Unite, nel 2008, con riguardo alla risarcibilità dei pregiudizi non aventi carattere economico. Si tratta di chiarire, in particolare, in che termini trovi applicazione la regola secondo la quale tale categoria di danni trova riscontro, oltre che nei casi esplicitamente determinati dalla legge, nell"ipotesi di ingiustizia costituzionalmente qualificata, purché venga accertata la gravità della lesione e la serietà del pregiudizio in virtù del dovere di tolleranza che impone di sopportare i danni di carattere bagatellare.

 

Un primo punto da evidenziare riguarda la necessità di rifuggire dall"idea – spesso perorata in passato dalla Cassazione – favorevole a legare la tutela risarcitoria all"accertamento di una patologia a carico delle vittime del fenomeno immissivo. E" fuor di dubbio che la lesione alla salute appare, in caso di immissioni intollerabili, un dato soltanto eventuale. Il mancato accertamento di un danno biologico non significa affatto che la vittima abbia subito dei disagi irrilevanti sul piano aquiliano. A fondamento della richiesta risarcitoria si pone, infatti, il superamento dei limiti di tollerabilità ai sensi dell"art. 844 c.c.; ed è evidente che, in presenza di un simile torto, le ripercussioni negative che la vittima è chiamata a sopportare sono esclusivamente quelle provocate dalle immissioni che si collochino sotto la soglia prevista dalla norma. Una volta superato quel livello, le compromissioni patite dalle vittime non potranno per alcun verso essere qualificate come disagi futili; si finirebbe, infatti, per determinare l"esito paradossale secondo cui il fenomeno immissivo intollerabile è suscettibile di provocare conseguenze dannose che devono comunque essere tollerate.

 

Una volta varcata la soglia della normale tollerabilità, sussiste una componente del pregiudizio non patrimoniale che va data per scontata, sulla base del ragionamento presuntivo: non il danno biologico, bensì il danno esistenziale rappresenterà la voce da attribuire in ogni caso alla vittima del fenomeno immissivo. E" ben vero che l"effettiva portata delle compromissioni patite andrà concretamente valutata, in ragione della situazione concreta: ma una quota del pregiudizio va riconosciuta a chiunque abbia patito le immissioni, il che giustifica, in assenza di specifiche allegazioni da parte delle vittime, la possibilità di procedere ad un risarcimento standard.

 

Resta da sciogliere il nodo riguardante l"identificazione del diritto leso e il riconoscimento della relativa rilevanza costituzionale: presupposto considerato indefettibile dalle Sezioni Unite per far scattare la tutela aquiliana del danno non patrimoniale. Ciò da cui bisogna rifuggire è la tentazione, cui indulge talora la giurisprudenza, di proiettare il pregiudizio di carattere esistenziale che viene riscontrato in capo alle vittime – il quale incide sul riposo, sulla tranquillità della vita familiare, sulla vivibilità della propria abitazione – in un corrispondente diritto fondamentale. Si finisce in tal modo per aprire la strada a una sorta di "autoreferenzialità costituzionale", che presta il fianco alle critiche degli interpreti antiesistenzialisti. Bisogna, piuttosto, riconoscere che i vari diritti patrimoniali esercitati sulla casa di abitazione – siano essi di carattere reale, quali la proprietà o l"usufrutto, ecc., ovvero di carattere personale, in quanto fondati su un contratto di locazione o di comodato, e così via – presentano tutti un tratto comune: sul versante personale, ad essere garantito e protetto è il godimento della dimora, in quanto la stessa costituisce un bene che consente a ciascun individuo di esercitare talune delle attività realizzatrici della persona, espressione della vita privata e familiare. Sarà, dunque, la lesione del diritto al godimento della casa di abitazione a porsi alla base del risarcimento del danno non patrimoniale cagionato da immissioni intollerabili, considerata la valenza costituzionale che senz"altro dev"essere riconosciuta, ai sensi dell"art. 2 Cost., ad una posizione del genere.




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