-  Mottola Maria Rita  -  17/07/2014

IN NOME DELLA MADRE: SARA LEGGE? - Maria Rita MOTTOLA

Sembrava fatta … ma oggi il provvedimento sull"imposizione del cognome materno è stato bloccato in Commissione e quindi non andrà, almeno per ora, in discussione alla Camera.

Di cosa si tratta? In Commissione è arrivato il testo di un d.d.l. che ricalca la proposta di legge Garavini, che prevede che i genitori coniugati, all"atto della dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo loro volontà, il cognome del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell"ordine concordato e che in caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico. Una delle problematiche sollevata anche da chi scrive in relazione alla possibilità che fratelli portino cognomi differenti è stata risolta, infatti, il testo specifica che i figli degli stessi genitori coniugati, nati successivamente portano lo stesso cognome attribuito al primo figlio. Altra questione è il dissenso tra genitori che così trova disciplina: il figlio al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta. E pare che proprio su tale norma i deputati non si siano trovati d"accordo così che l"esame del provvedimento è stato demandato ad altra data.

Ciò che appare del tutto fuor di luogo sono le affermazioni di contorno: chi denuncia il maschilismo retrogrado e la violazione del sacrosanto diritto delle donne; chi afferma che è indispensabile procedere perché "lo vuole l"Europa"; chi sostiene che l"Italia è sempre l"ultima a imitare gli altri paese e via di questo passo; chi conosce la storia e richiama il fatto che il cognome risalirebbe agli statuti napoleonici.

Cerchiamo di fare un po" di ordine consigliando ai nostri parlamentari di studiare un po" di storia che, magistra vitae, potrebbe tornare utile. E" noto che già presso i romani era in uso il nomen, il praenomen e il cognomen, uso che con il tempo si perse. Ma è ben evidente che la necessità di individuare le persone è un"esigenza di ogni civiltà strutturata e, quindi, quando dopo le invasioni barbariche iniziò a riorganizzarsi il tessuto sociale, ritornò il bisogno di identificazione. Ma, con buona pace dei filo-napoleonici, è il Concilio di Trento (1563) che impose ai parroci di registrare tutti i nati con nome e cognome del padre. Tale obbligo era assolto in precedenza da molti parroci (si sono reperiti registri risalenti al XIV sec.). Sempre nei registri parrocchiali dal XXVIII si iniziarono a inserire altri dati, per esempio, accanto al nome della madre si aggiunse il suo cognome.

E" per questo che quando si sostiene che in Italia non esiste una norma relativa all"imposizione del cognome ai figli si richiama il diritto consuetudinario. Da epoca antica, e certamente dal Concilio di Trento i figli erano riconosciuti con il nome di battesimo e il cognome del padre. Ma questo aveva una sua logica. La madre era certamente identificata, mentre il padre doveva apparire almeno nel cognome.

I nostri parlamentari richiamano poi il diritto spagnolo che prevede per il figlio la compresenza del cognome materno e paterno. Anche qui sbagliano, nei territori sottoposti alla Corona spagnola i nobili (anche in quella parte d"Italia) non spagnoli avevano il vezzo di aggiungere al cognome paterno anche quello materno e questo senza autorizzazione. Ciò che richiedeva autorizzazione regia era la conservazione del solo cognome materno al fine di ereditare il titolo nobiliare che altrimenti sarebbe andato perduto. E qui si evidenzia un"altra caratteristica del cognome strettamente collegato ai diritti successori (che effettivamente sono stati da tempo modificati nel nostro ordinamento).

Che sia una questione di modernità e di essere al passo con gli altri stati l"attribuzione del cognome potrebbe suscitare qualche dubbio, almeno guardando con occhio critico la situazione dei beni pubblici, artistici, ambientali e non solo.

Che poi ce lo imponga l"Europa o meglio la Corte europea dei diritti dell"uomo che ha condannato l"Italia nel gennaio del 2014 in quanto la non previsione del diritto della madre di imporre il proprio cognome ai figli sarebbe discriminatoria è argomento di un certo interesse ma riguarda ben altra e più ponderosa questione e in particolare se il trattato di Lisbona del 2007 sia conforme o meno alla nostra Costituzione. Del resto la Corte Costituzionale tedesca si è sul punto pronunciata sin dal 2009, dimostrando la sua incostituzionalità (in Germania ovviamente). Ma queste sono questioni di tale gravità che non è certo possibile discuterne in Parlamento.

E quindi rimane un solo ultimo argomento: la discriminazione sessista nei confronti delle madri.

Ma esposta così la questione è estremamente fuorviante. Il diritto al nome non è il diritto del padre o della madre. E" il diritto del figlio alla propria identità, a richiamare, anche nei segni esteriori, la sua appartenenza a un nucleo familiare, a dimostrare agli altri e a se stessi le proprie radici. Non diritto della madre ma diritto sacrosanto dei figli. Diritto che per i figli è tutelato dall"art. 7 della Convenzione di New York: il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi.

E allora se il diritto è del figlio perché dovrebbe essere una conquista della madre? Viviamo in un mondo capovolto e sconclusionato. Strumentalizzazione, cattiva informazione, carenze culturali, talvolta vera e propria manipolazione delle notizie ci fuorviano.

Forse, e con sincera umiltà chi scrive si permette di suggerirlo, sarebbe necessario fermarsi … e pensare. Forse noi donne dovremmo fermarci … e ritornare a pensare. Liberare la mente e il cuore da false ideologie e assurde verità, e rimboccarci le maniche. Non possiamo certo essere fiere di ciò che vediamo intorno a noi. Eppure mai come negli ultimi 10-15 anni le donne hanno invaso qualsiasi area culturale, amministrativa, politica, lavorativa del paese. Con quali risultati? Certo non è colpa nostra … o forse sì. Forse abbiamo guardato nella direzione sbagliata, forse ci siamo fatte usare ancora una volta, forse abbiamo abbandonato la nostra femminilità che è la nostra vera forza rivoluzionaria per giocare a chi distruggeva meglio il "maschio", dimenticando che il maschio è anche padre, e marito, e fratello, e amico, e collega di lavoro, e figlio, e nipote o cugino. Forse è meglio fermarsi a pensare. Se le cose non vanno come devono non sarà certo perché, per consuetudine, i figli si chiamano Rossi e non Bianchi. Se le cose non vanno non sarà con piccoli maquillage che cambieranno. Dobbiamo cambiare strategia, dobbiamo inventarci un mondo nuovo.

 P.S. le cose serie debbono essere affrontate con leggerezza e con un sorriso. E quindi provate a indovinare perché mai i coniugi italiani abbiano fatto ricorso a Strasburgo? Semplice desideravano imporre il cognome materno ai figli per consentire loro di perpetuare il patrimonio morale del nonno materno, deceduto, e che secondo la coppia era un filantropo, del quale sarebbe rimasta cancellata la memoria perché il fratello della signora non ha eredi. Divertente non è vero? Hanno dato il cognome materno in onore di un uomo!!!




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