-  Mazzon Riccardo  -  25/03/2013

INCIDENZA DI REGOLAMENTI LOCALI E NORME EDILIZIE NEL CALCOLO DELLA DISTANZA TRA COSTRUZIONI - Riccardo MAZZON

Il richiamo formulato dall"articolo 873 del codice civile ("Nei regolamenti locali può esser stabilita una distanza maggiore") consente che il calcolo della distanza intercorrente tra le diverse costruzioni possa esser influenzato da criteri contenuti nei regolamenti locali;

"sono sempre integrative dell'art. 873 c.c. - onde la loro violazione comporta la condanna alla riduzione in pristino - tutte le norme edilizie che regolino comunque le distanze, sia che le stabiliscano in misura diversa da quella del codice, sia che ne prevedano la misurazione con diverse modalità, in riferimento a punti determinati: come nel caso del d.m. 2 aprile 1968 che prescrive una distanza minima tra le pareti finestrate degli edifici e quelle degli edifici antistanti" Cass. 12.12.86, n. 7391, GCM, 1986, fasc. 12 – si confronti anche la recentissima T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 20/07/2011, n. 1148 M.G. ed altro c. (avv. Granara) c. Com. La Spezia, Prov. La spezia e Soc. S. c. (avv. Carrabba, Furia, Puliga), (avv. Allegri, Barbieri) (avv. Gerbi) Foro amm. TAR 2011, 7-8, 2291 (s.m.): in tema di disposizioni dirette a regolamentare l'uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa regionale, deve distinguersi fra le prescrizioni che in via immediata stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata — nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione; la destinazione di aree a soddisfare gli standard urbanistici; la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo — dalle altre regole che, più in dettaglio, disciplinano l'esercizio dell'attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio (disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze; sull'osservanza di canoni estetici; sull'assolvimento di oneri procedimentali e documentali; regole tecniche sull'attività costruttiva, ecc.); ed infatti, mentre per le disposizioni appartenenti alla prima categoria s'impone, in relazione all'immediato effetto conformativo dello jus aedificandi dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa, in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio, a diversa conclusione deve pervenirsi, invece, con riguardo alle prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo e possono essere, quindi, oggetto di censura in occasione della sua impugnazione – conforme - Consiglio di Stato, sez. VI, 30/06/2011, n. 3888 (ConfermaTarPuglia, Bari, sez. III, n. 1653 del 2006) Com. Trinitapoli c. (avv. Muscatello) c. T.I. s.p.a c. (avv. Sticchi Damiani) Foro amm. CDS 2011, 6, 2100 (s.m.) - conforme - Consiglio di Stato, sez. IV, 28/03/2011, n. 1868AnnullaTarLiguria, sez. I, n. 3399 del 2010) Com. Gevova ed altro c. (avv. Odone, Pafundi, Pessagno)(avv. Fusillo, Gerbi, Valeri) c. D.V. ed altro c. (avv. Da monte, Sandulli) Foro amm. CDS 2011, 3, 864 – conforme - Consiglio di Stato, sez. VI, 08/09/2009, n. 5258 Conferma Tar Veneto, sez. II, n. 3278 del 2004) Com. Lonigo e altro c. Soc. H3G e altro Foro amm. CDS 2009, 9, 2073 - cfr., amplius, "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto;

in tali situazioni, la giurisprudenza sarà pertanto chiamata ad interpretare la normativa locale, come accade, ad esempio, nella seguente pronuncia:

"in materia di distanze tra costruzioni, l'art. 82 del regolamento comunale edilizio di Bari, secondo il quale lo sporto dei balconi va dedotto dalla misura della distanza nei cortili, fissa un criterio che deve trovare applicazione anche per i distacchi di cui al successivo art. 83 (distanza di otto metri tra costruzioni su fondi finitimi), sia perché i cortili possono essere formati da distinti fabbricati sul confine, sia perché l'unicità del criterio è ribadita dal fatto che le dimensioni dei cortili e la maggiore limitazione dei balconi trova, poi, specifica disciplina nell'art. 86 del citato regolamento, ove si fa menzione di " fabbricati " contrapposti più che di muri opposti" Cass. 14.5.83, n. 3311, GCM, 1983, fasc. 5.

Naturalmente, non tutti i regolamenti si pronunciano in relazione ai criteri da utilizzare nel calcolo delle distanze,

"l'art. 22 del regolamento edilizio di Napoli è dettato al solo fine del calcolo della superficie degli spazi destinati a cortile: esso non deroga alle norme del piano regolatore che stabiliscono la distanza massima degli edifici, nè assorbe la disciplina delle distanze, in caso di unità edilizie autonome" Cass. 14.2.79, n. 962, GCM, 1979, fasc. 2,

imponendo, in tali casi, all"interprete l"applicazione dei principi generali già evidenziati nei precedenti paragrafi del presente capitolo:

"l'art. 6, ultimo comma, del regolamento di attuazione del piano regolatore di Torino approvato con d.P.R. 6 ottobre 1959, che per la "costruzione principale" prescrive una distanza minima di sei metri dal confine, non esclude dal calcolo della distanza le opere accessorie del fabbricato e gli sporti che, come i balconi, per la loro consistenza e stabilità, presentino le caratteristiche dell'opera edilizia" Cass. 25.2.95, n. 2156, GCM, 1995, 445.

L'esclusione di alcuni elementi della costruzione dal calcolo delle distanze, eventualmente disposta dai regolamenti locali, risulta legittima solo se, complessivamente, è rispettato il limite minimo stabilito dalla relativa normativa civilistica,

"è legittima l'esclusione disposta dai regolamenti locali di alcuni elementi della costruzione dal calcolo delle distanze, se complessivamente è rispettato il limite minimo stabilito dalla relativa normativa civilistica…" Cass. 13.5.98, n. 4819, GCM, 1998,

come chiaramente motiva la seguente pronuncia:

"la disciplina delle distanze nelle costruzioni del codice civile impone al legislatore locale di non stabilire in ogni caso distanze inferiori ai tre metri, salva restando la facoltà per i regolamenti locali, purché sia rispettato l'anzidetto limite, di prevedere punti di riferimento per il computo delle distanze diversi da quelli stabiliti dal codice civile. (Nella specie, la Corte Suprema in base all'enunciato principio ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano interpretato l'art. 22 del regolamento edilizio di Marigliano nel senso che la distanza con esso prescritta andava misurata dalle pareti e dalle sporgenze soltanto se chiuse, senza tenere conto dei balconi). Si deve affermare, circa le censure formulate dalla ricorrente, che secondo la costante giurisprudenza di questa corte, il limite imposto dal codice civile al legislatore locale in tema di distanze tra costruzioni è che in nessun caso possono essere stabilite distanze inferiori a tre metri. Purché non sia stato violato questo limite, i regolamenti locali (che generalmente stabiliscono distanze maggiori) possono anche determinare punti di riferimento, per la misurazione delle distanze, diversi da quelli indicati nel cod. civ. (per es., caso più frequente, dai confini, anzichè, o in aggiunta, dalla costruzione del vicino). Nella specie la corte ha ritenuto, dandone piana spiegazione, stante il chiaro tenore letterale della norma del regolamento di Marigliano, che la distanza debba misurarsi a partire dalla parete, e, dalle sporgenze, soltanto se sono chiuse (cd. bowindows), e dunque senza tenere conto dei balconi, come quelli esistenti nella costruzione della convenuta. La norma, così interpretata si porrebbe in contrasto con quella del codice civile solo nel caso in cui, misurata la distanza regolamentare in questo modo, gli sporti esistenti determinassero poi una distanza tra due costruzioni in questione inferiore a tre metri; ma questa ipotesi è ben lungi dal realizzarsi nella specie, rimanendo tra le costruzioni delle parti uno spazio ben più ampio, anche tenendo conto degli sporti. Resta in tal modo superata anche l'argomentazione che fa leva sulla necessità di evitare il formarsi di intercapedini dannose, perché dal cod. civ. si ricava la certezza che tali non possono essere quelle che siano di ampiezza non inferiore a 3 metri" Cass. 22.6.90, n. 6351, GCM, 1990, fasc. 6.

Particolarmente interessante, in argomento, la seguente, recente pronuncia, laddove la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima la previsione - di un regolamento comunale - la quale si era limitata a stabilire distanze differenziate in relazione a ciascuna tipologia di costruzione, senza in alcun modo violare il limite previsto dal codice civile:

"il limite imposto dall'art. 873 c.c. ai regolamenti locali in tema di distanze tra costruzioni è che in nessun caso essi possono stabilire distanze inferiori a tre metri. Ne consegue che, ove detto limite non sia stato violato, i regolamenti locali, nello stabilire distanze maggiori, possono anche determinare punti di riferimento, per la misurazione delle distanze, diversi da quelli indicati dal codice civile, escludendo taluni elementi della costruzione dal calcolo delle più ampie distanze previste in sede regolamentare Cassazione civile, sez. II, 10/09/2009, n. 19554 Soc. Immob. Postioma c. Cafaro Giust. civ. Mass. 2009, 9, 1295.

A mo" d"esempio, si riportano le seguenti interpretazioni fornite dalla giurisprudenza, relative ai balconi,

"le norme di piano che prevedono che ai fini della misurazione delle distanze dai confini o dagli altri fabbricati non si considerano i balconi ove abbiano aggetti inferiori a metri 1,50, si interpreta nel senso che ove tali balconi abbiano una profondità maggiore, la distanza va misurata dal limite esterno del balcone stesso; in definitiva, la distanza di metri 1,50 non costituisce una franchigia che viene tolta alla profondità del balcone, ma solo il limite di tolleranza sotto il quale il balcone diventa irrilevante" T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 06/10/2009, n. 579 E. c. (avv. Briolini, Franchi) c. Com. Pescara c. (avv. Petaccia) Foro amm. TAR 2009, 10, 2882 (s.m.)

agli sbalzi tamponati,

"poiché l'art. 13 lett. c), comma 2 della l. 25 novembre 1962 n. 1684, concernente le modalità esecutive delle costruzioni, in zone sismiche, stabilisce che " sono ammesse anche strutture a sbalzo tamponato dell'aggetto massimo di metri 1, 20, purché realizzate con intelaiatura ad ogni piano, sia sui fianchi che sui fronti, solidalmente connesse alle strutture portanti dell'edificio ", il giudice del merito non deve tener conto dell'aggetto a sbalzo tamponato, non solo ai fini di stabilire l'ampiezza dell'intervallo di isolamento, nonché per la determinazione della correlata altezza dell'edificio condizionata dalla larghezza dell'intervallo, in quanto a norma dell'art. 6, comma 4, della stessa legge la larghezza degli intervalli di isolamento, ai fini del calcolo dell'altezza dell'edificio, va stabilita nella distanza minima tra i muri frontali degli edifici, senza tener conto degli sbalzi tamponati" Cass. 5.8.83, n. 5270, GCM, 1983, fasc. 8,

alla determinazione dell"altezza di costruzioni verso strada pubblica, finalizzata al calcolo delle distanze fra le medesime,

"le norme generali del P.R.G. del comune di Spoleto, stabilendo che, per il calcolo dell'altezza delle costruzioni verso la strada pubblica, finalizzato alla determinazione delle distanze fra le medesime, deve assumersi, in caso di edificio che sorga su terreno in declivio, l'altezza delle fronti, calcolata dal piano di calpestio esterno alla linea superiore della gronda del tetto o dell'extradosso della terrazza di copertura, comportano l'adozione di un parametro costituito dall'altezza media delle fronti - di quella cioè con affaccio verso la detta strada e dell'altra sull'opposto versante - calcolandola, ove la strada stessa sia in pendenza, ai sensi dell'art. 40 del regolamento edilizio dello stesso comune, sulla verticale passante a mezzo della lunghezza del fabbricato e cioè in senso longitudinale alla pendenza della strada" (Cass. 16.8.93, n. 8725, GCM, 1993, 1293),

alla normativa antisismica del 1962,

"le norme della legge antisismica n. 1684 del 1962 non contengono alcuna deroga al principio desumibile dall'art. 873 c.c. secondo cui nel calcolo delle distanze legali fra le costruzioni si deve tener conto degli elementi o corpi aggettanti che comportano ampliamento dell'edificio in superficie o in volume come nel caso di balconi anche scoperti e, a più forte ragione, di balconi coperti (cosiddetti "bow window"). L'art. 13 lett. c) della legge citata, infatti, il quale ammette eccezionalmente strutture a sbalzo a condizione che siano osservate determinate modalità atte a neutralizzare i movimenti tellurici, non implica che di dette strutture, ove aggettanti su un intervallo di isolamento, non si debba tener conto al fine di calcolare la distanza minima prescritta per tale intervallo dagli art. 5 e 6. Nè comporta deroga alla prescrizione della minima larghezza dell'intervallo di isolamento di cui ai menzionati articoli, l'art. 8 comma 4 integrando la regola in esso contenuta un'eccezione soltanto ai limiti massimi di altezza di cui al precedente art. 7" (Cass. 15.10.92, n. 11281, GCM, 1992, fasc. 10),

alla previsione di sporgenza massima di poggioli e cornicioni:

"l'art. 55 del regolamento edilizio del comune di Genova, il quale prevede che la sporgenza di poggioli e cornicioni può raggiungere al massimo la misura di m 1,20, è dettato unicamente a tutela dell'interesse pubblico e dell'estetica dei caseggiati, onde non può considerarsi norma integrativa dell'art. 873 c.c., nè può avere carattere derogatorio delle distanze tra fabbricati previste dall'art. 14 della variante al piano regolatore generale di Albaro (adottato in deroga all'art. 34 del regolamento edilizio di Genova), che debbono essere calcolate tenendo conto delle sporgenze costituenti aggetti - cioè implicanti un ampliamento dell'edificio in superficie e volume" (Cass. 18.5.93, n. 5639, FI, 1993, I, 2846).




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