Cultura, società  -  Maria Rosa Pantè  -  07/04/2022

Incontri, Renata la professoressa di Greco

Il nostro primo incontro è stato in classe, quando lei ha cominciato a scrivere in greco alla lavagna. La mia professoressa del Liceo, poi siamo diventate amiche. E io le ho dedicato un racconto, la mia professoressa vista dal punto di vista del Rocci, il più famoso vocabolario di greco, ancor oggi credo. Questo piccolo ricordo è diventato, alla sua morte, il suo necrologio.

Ricordo quando le sue mani paffute, da bambina, mi toccavano con curiosità: ancora non arrivavano a sfogliarmi, anzi ero persin troppo pesante perché lei riuscisse a spostarmi...

Sicuramente era attratta dalla mia mole, dal fatto che spesso volti preoccupati mi consultavano, talvolta sbuffando per la noia, talvolta sospirando per la soddisfazione!

In seguito, però, oltre che sfiorarmi, cominciò a sfogliarmi, cercava di capire cosa erano quegli strani segni neri: stava imparando a leggere...

Per un po' di anni mi lasciò in disparte.

La prima volta che mi riprese in mano, dopo tanto tempo, stentai a riconoscere il suo tocco: le sue mani erano molto diverse, non più paffute, ma piuttosto magre e grandi, rispetto a prima!

Però era sempre delicata, mi sfogliava con calma, mi studiava con pazienza, talvolta mi sfiorava con la matita per seguire meglio le mie indicazioni, addirittura sussurrava quando qualche passo le sembrava oscuro:" orao, dunque: vedere, ma anche...".

Credetemi era una vera soddisfazione!!!

Sentivo di essere apprezzato, io il famoso, famigerato "Rocci", il vocabolario di greco più diffuso tra i liceali, da decenni amato-odiato, letto, studiato, martoriato, dimenticato in qualche angolo e poi ripreso, rimesso a nuovo per figli, nipoti, di generazione in generazione!

La mia amica cresceva, ma, al contrario di molti altri, finito il liceo continuò a custodirmi con somma cura: mi fece rilegare e così col mio abito nuovo entrai, insieme a lei, all'Università. Eravamo a Milano, bella città, anche se allora non ne visitai granché.

Infatti studiare era molto difficoltoso, era appena finita la guerra, la II° guerra mondiale: io avevo percepito un'eco lontana di quei fatti; ciò che più mi colpì di quel periodo furono i viaggi.

Arrivò poi il giorno della laurea. E subito cominciò la sua carriera di insegnante

In particolare fu un periodo molto significativo ed importante quello che trascorremmo a Genova. L'aria di mare mi giovò, stare in una gran città mi piacque, gli studenti mi sembravano più aperti, più intraprendenti, venni sfogliato ancor più frequentemente: il superlavoro non mi stressava, anzi!.

Ma in seguito a un grave incidete familiare ancora una volta mutammo residenza, città, vita!

Non più il mare, ma le montagne; non più il clima mite, ma l'aspro inverno e la neve; non più un ambiente aperto, vivace, ma un paese chiuso, piccolo, un po' sonnacchioso! La nuova casa, comunque, mi piaceva abbastanza.

Non è giusto, però, dare dei nostri rapporti un quadro troppo sereno ed idilliaco.

Lei aveva un bel caratterino!

In primo luogo, con l'andar del tempo, mi usava un po' meno: sapeva già tutto!

Non ho mai sopportato la sua capacità di tradurre a prima vista: mi sentivo trascurato!

La perdonavo, però, sempre: soprattutto quando la assistevo nella correzione dei compiti in classe. Talvolta era davvero divertente: devo ammettere che i suoi studenti hanno sempre avuto una sfrenata fantasia e una vena comica straordinaria; riuscivano a far ridere persino traducendo quel barboso Isocrate o quell'irritante Demostene o addirittura quel Platone che non stava ne in cielo ne in terra!

Quel che più mi piaceva era la sua "pignoleria" - così la definivano gli allievi maldicenti e criticoni, com'è ovvio che fossero! - nulla sfuggiva alla sua matita rossa e blu!

Il suo modo di correggere non era mai sarcastico o "crudele": veramente in lei sentivo la volontà di aiutare e far crescere la massa di fanciulli e fanciulle che avevano avuta la buona ventura di incontrarla lungo il loro cammino scolastico.

Io non ho avuto il piacere di assistere a tutte le sue lezioni: sicuramente, però, dovevano essere molto interessanti. I ragazzi, infatti, scrivevano incessantemente. Vedevo le loro teste chine sui quaderni e le mani che si affannavano nel vano tentativo di trascrivere tutte, ma proprio tutte le parole che lei diceva! E, devo ammetterlo, mi sembrava pure che parlasse piuttosto velocemente!

L'unico caso in cui mi univo alla sacrosanta indignazione degli studenti era quando, con somma gentilezza e cortesia, affermava che "Insomma il vocabolario non è poi il Vangelo ( ah no? pensavo io), anch'esso può sbagliare...": il povero discepolo, privato di S. Rocci, non sapeva più a quale superiore potenza appellarsi e il sottoscritto si sentiva ingiustamente degradato e criticato.

Ma bastava che mi riprendesse in mano, mi spolverasse un po' ed io mi sentivo subito più importante, rivalutato!

Quando, a causa di problemi alla vista, dovette lasciarmi in disparte, non me la presi: sentivo le sue mani divenute un po' più deboli ed esitanti e percepivo il suo sguardo stanco e affaticato.

Non mi sorprese perciò la sua sofferta decisione di lasciare la scuola: la pensione non significò, però, per noi l'abbandono, anzi, è sempre un vero piacere per me, dal mio scaffale, vedere il via vai di persone, molti ex studenti, che percorrono la casa della mia amica, si siedono in salotto, gustano qualche cioccolatino e conversano con lei!

Le sue mani, sono ancora, comunque, la parte più importante della mia esistenza, sono state il filo conduttore dei miei anni, il mio contatto vitale col mondo esterno: cosa sarei senza di loro?

Sto aspettando che esse mi affidino ad altre mani, paffute, da bambina e che così la mia storia abbia un senso e continui grazie al tocco di qualcun altro... Anche se non sarà mai la stessa sensazione!




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