Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  03/04/2023

Interdizione, rigetto della domanda e trasmissione atti al GT - Tribunale di Genova, sentenza n. 852/23 - Laura Provenzali

Necessità di una misura di protezione

Scelta della misura più adeguata 

Carattere residuale dell’interdizione

Divieto di contrarre nozze

Trasmissione degli atti al GT 

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ricorre affinché sia dichiarata l’interdizione di una giovane donna, previa revoca dell’amministrazione di sostegno di cui già beneficia, stante l’aggravarsi del quadro psicopatologico e la mancanza di collaborazione.

Al vaglio del giudicante gli effetti che la fragilità e la malattia riverberano sul piano delle dinamiche affettive e delle relazioni condotte senza reale consapevolezza, con il conseguente rischio di rivelarsi pregiudizievoli.

La signora, sposata e separata, è madre di quattro figli che le sono stati allontanati proprio per le anomalie comportamentali legate al contesto clinico.

Già in passato, per intrattenere una nuova relazione, ha posto in essere condotte incongrue e agite sulla base dell’impulso dalle quali sono derivate conseguenze dannose, non da ultimo la perdita della residenza e, con essa, della possibilità di ricevere aiuti economici.

Per seguire una nuova storia decide di sposarsi, seguendo ancora una volta lo stimolo del momento e, benché evidente che il proposito non può essere attuato, il sottostante peggioramento delle condizioni di salute motiva, da parte del servizio, la richiesta di intervento alla Procura.

Il Tribunale di Genova, accertata la necessità di adottare una misura di protezione nei confronti dell’interessata, affronta la questione della scelta più adeguata al caso concreto, confermando l’orientamento di favore verso l’istituto dell’amministrazione di sostegno da tempo assunto dai giudici genovesi, nel solco dei principi più volte espressi dalla Corte di Cassazione che lo stesso Collegio richiama(1) .

Il Tribunale, nel rigettare la domanda, non si sottrae tuttavia dal prendere in considerazione il tema di future, possibili nuove nozze dell’interessata.

Se, da un lato, emerge che l’amministrazione di sostegno “garantisce una più che sufficiente protezione degli interessi patrimoniali oltre che personali della beneficiaria, soprattutto quelli relativi alla sua salute, alla luce della maggior duttilità e capacità di tale strumento di adattarsi al caso specifico, a fronte invece dell’estrema rigidità ed afflittività dell’interdizione, misura ormai residuale e da adottarsi soltanto laddove gli interessi del beneficiario non possano trovare adeguata protezione con lo strumento dell’amministrazione di sostegno” (2), occorre anche tenere in debita considerazione che, in un contesto siffatto, se l’interessata riacquisisse lo stato civile libero, ad invarianza di gravità del quadro clinico, potrebbe inconsapevolmente agire delle condotte per lei dannose.

Sul punto si evidenzia che l'art. 411, ultimo comma c.c. prevede che il giudice, con provvedimento motivato, possa disporre che determinate limitazioni, previste dalla legge per l'interdetto e l'inabilitato, si estendano al beneficiario, avuto riguardo all'interesse del medesimo e a quello tutelato dalle predette disposizioni. 

Quanto mai opportuna, dunque, la decisione del Collegio di attenzionare il Giudice Tutelare che segue l’andamento dell’amministrazione di sostegno affinché, laddove si rivelasse in futuro necessario, possa disporre il divieto di contrarre nozze.

Si chiude, a sommesso avviso di chi scrive, una bella pagina, caratterizzata dall’attenta valutazione degli interessi in gioco e scritta nel rispetto assoluto della dignità della persona e delle regole del diritto vigente. 

Resta solo da chiedersi quando, attesa l’adattabilità dell’amministrazione di sostegno alle varie sfumature della vita, potremo chiudere anche la pagina che riguarda l’interdizione, riponendola definitivamente in archivio.


1.“In materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, la legge 9 gennaio 2004, n. 6 ha configurato l'interdizione come istituto di carattere residuale, perseguendo l'obbiettivo della minor limitazione possibile della capacità di agire, attraverso l'assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente; ne discende la necessità, prima di pronunziare l'interdizione, di valutare l'eventuale conformità dell'amministrazione di sostegno alle esigenze del destinatario, alla stregua della peculiare flessibilità del nuovo istituto, della maggiore agilità della relativa procedura applicativa, nonché della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie; mentre non costituisce condizione necessaria all'applicazione di tale misura la circostanza che il beneficiario abbia chiesto, o quantomeno accettato, il sostegno ovvero abbia indicato la persona da nominare o i bisogni concreti da soddisfare” (Cfr.  pag. 4 che, a sua volta, cita Corte Cass. n. 4866/2010 e n. 22332/2011).

2. Cfr pag 5 della sentenza


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