-  Bucci Elisa  -  02/02/2016

INVALIDITÀ: RIDUZIONE DELLA CAPACITÀ LAVORATIVA E OCCUPAZIONI CONFACENTI – Cass. 1186/16 – Elisa BUCCI

Assegno ordinario di invalidità

Durata di tre anni confermabile

Riduzione di almeno due terzi della capacità lavorativa al proponimento della domanda amministrativa.

 

Un signore proponeva ricorso per ottenere la pensione di inabilità o l"assegno ordinario di invalidità con decorrenza dalla data della domanda amministrativa.

Con la sentenza allegata, la Corte di Cassazione afferma che la legge n. 222/1984 è chiara nel riconoscere l'assegno ordinario di invalidità per la durata di tre anni, confermabile per periodi della stessa durata in caso permangano le medesime condizioni, quando vi sia una riduzione permanente a meno di un terzo a causa di infermità o difetto fisico o mentale" della capacità di lavoro, "in occupazioni confacenti alle attitudini" dell'interessato.

Tale situazione deve essere accertata con riferimento al momento della presentazione della domanda amministrativa; per attività confacente alle attitudini dell'assicurato deve intendersi ex art. 1 e 38 Cost. un'attività che sia "non usurante, non dequalificante, e remunerativa, da valutarsi in concreto. Inoltre, il carattere della permanenza dello stato invalidante deve comprendere la valutazione del lavoro esercitato dall'assicurato e del carattere usurante dello stesso con la precisazione che anche un'infermità emendabile e guaribile può dar luogo ad incapacità lavorativa nella misura richiesta per la percezione di detto assegno.

L'indagine circa l'usura assume rilievo solo quando la riduzione della capacità lavorativa sia prossima alla soglia legale d'invalidità e deve essere condotta tenendo conto che lavoro usurante è quello che accelera ed accentua il logoramento dell'organismo (che si verifica in un tempo più breve ed in misura superiore rispetto alla norma), in quanto il lavoro è sproporzionato rispetto alla residua efficienza fisiopsichica di cui il soggetto ancora dispone

E" usurante quel lavoro nel quale l'organismo logora le proprie energie per una misura superiore al normale e in un periodo di tempo più breve, con la conseguenza che un complesso morboso possa determinare un grave pregiudizio per la residua efficienza fisica del soggetto, in conseguenza del perdurare dell'attività lavorativa, è da ritenersi invalidante ai fini del diritto all'assegno sopraindicato (Cass. 14 novembre 1995, n. 11798).

La qualificazione della "attività confacente alle attitudini dell'assicurato" come usurante o stressante è una qualificazione di tipo giuridico che non può essere fatta dal CTU. Nel caso di specie la Corte ha riscontrato una naturale evoluzione in senso peggiorativo delle infermità nel suo perdurare, un grave pregiudizio per la residua efficienza fisica dell'interessata e come tale da ritenere invalidante ai fini del diritto all'assegno in oggetto.

La corte pertanto accoglie il ricorso.




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