-  Tencati Adolfo  -  19/05/2014

IVA E CONCORDATO PREVENTIVO- Cass 9541/14 Adolfo TENCATI

Iva e ritenute arrivo alla fonte del concordato preventivo - Cass. 9541/2014

Avv. Adolfo Tencati

Con la sentenza 30 aprile 2014, n. 9541 la Corte di legittimità consolida il suo orientamento, in forza del quale la proposta di concordato preventivo non può proporre la falcidia dei crediti per IVA, nonché per ritenute fiscali e contributive (operate non versate), anche se la proposta stessa è anteriore alle modifiche ex art. 32 5º co. lett. a d.l. 185/2008 convertito.

Sommario

1 Il dibattito sulla falcidia del credito IVA nel concordato preventivo – 2 L"«intangibilità del credito IVA» nel pensiero della S.C. – 3 Le obiezioni all"orientamento giurisprudenziale – 3.1 Rapporti con la disciplina comunitaria – 3.1.1 La rinuncia al gettito IVA nella giurisprudenza sovranazionale – 3.1.2 Applicazione ai rapporti tra credito IVA e concordato preventivo – 3.2.1 Collocazione del credito per compenso professionale e per rivalsa IVA – 3.2.2 L"interpretazione dell"Amministrazione Finanziaria – – 3.2 Inesistenza dell"oggetto del privilegio e falcidia del credito IVA – 3.3 La natura della disciplina è irrilevante – Normativa da consultare – Bibliografia

 

  1. Il dibattito sulla falcidia del credito IVA nel concordato preventivo

Quando l"impresa è in crisi, un modo per trovare il denaro necessario al «finanziamento dell"attività corrente» consiste nell"«omissione dell"obbligo di versamento di tributi quali l"IVA e le ritenute d"acconto» (La Croce 2012, 154).

Per arginare tale fenomeno il legislatore prescrive: con il piano di concordato preventivo (previsto dall"art. 160 l.fall.)

«il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea; con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento»

(art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall.).

Il testo originario della disposizione negava la possibilità di falcidiare, con la proposta di concordato preventivo, i soli «tributi costituenti risorse proprie dell"Unione Europea». Ne derivava un dibattito dottrinale.

Condotte in questi termini, tuttavia, la discussione rileva sul solo piano storico

[Per l"attrazione dell"IVA tra le «risorse proprie dell"Unione Europea: Marengo 2008, doc. 95/2008. Per la parziale esclusione del tributo sul valore aggiunto da quelle risorse: Mandrioli L. 2008, 296, on-line. A giudizio dell"autore, «un discorso a parte merita […] l'imposta sul valore aggiunto, dal momento che quota parte di tale tributo (e più precisamente lo 0,50% della base imponibile della medesima nei diversi Stati membri si configura quale contributo nazionale e costituisce, limitatamente alla suddetta frazione, risorsa propria dell'Unione Europea, con la conseguenza che seri dubbi sorgono in ordine alla possibilità di applicare la transazione fiscale all'intero gettito, rendendosi al riguardo pertanto necessario un intervento chiarificatore del legislatore». Nello stesso senso Mazzuoccolo 2006, 2258. Il chiarimento, al quale aspirava Mandrioli L., anche se in senso più restrittivo di quanto auspicato dall"autore, è intervenuto con la modifica ex art. 32 5º co. lett. a) d.l. 185/2008 convertito].

Il dibattito, viceversa, non è ancora sopito riguardo alla possibilità di falcidiare l"IVA nel concordato preventivo. Nonostante l"art. 32 5º co. lett. a) d.l. 185/2008 convertito escluda espressamente tale possibilità, riformando in tal senso l"art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall., alcuni giudici considerano

«ammissibile la proposta di concordato preventivo che, senza richiesta di transazione fiscale, preveda il pagamento solo parziale del credito IVA, in quanto la contraria disposizione dell"art. 182 ter l.fall. costituisce regola eccezionale che non può prevalere sulle norme dettate in tema di graduazione dei privilegi e fatte proprie dall"art. 160 l.fall.»

(App. Genova 27 luglio 2013, FI, 2013, I, 2947)

[Nello stesso senso Trib. Cosenza 29 maggio 2013, FI, 2013, I, 2947. Le ragioni alla cui luce questi giudici ritengono eccezionale la norma è ex art. 182 ter 1º co. I periodo l. all. si veda infra. Per altre citazioni giurisprudenziali: Marengo 2010, 192].

Invece la S.C. — Cass. 4 novembre 2011, n. 22931, F, 2011, (1), 7202, commentata da Santacroce – Pezzella 2012, 15; Cass. 4 novembre 2011, n. 22932, FI, 2012, I, 105; RDT, 2012, II, 26, discusso da Del Federico 2012, 35; Cass., sez. trib., 16 maggio 2012, n. 7667, MFI, 2012, 403; Cass. 30 aprile 2014, n. 9541, attualmente esaminata — contrasta le affermazioni delle Magistrature di merito con argomenti che vanno ora criticamente esaminati.

Tutta la giurisprudenza di legittimità appena menzionata ritiene, innanzitutto, facoltativa la transazione fiscale. Se il contribuente la attiva, ottiene vantaggi consistenti:

  1. nel «consolidamento» del debito fiscale, nel senso che l"importo definito in via transattiva è immutabile, sicché è preclusa ogni attività di accertamento dell"Amministrazione Finanziaria (Cass. 22931/2011, 11, peraltro ritiene che «consolidamento» può significare anche costruzione del «quadro d"insieme» della pretesa fiscale, idoneo a «consentire la valutazione della congruità della proposta transattiva. La Corte non approfondisce il tema, «non essendo materia del contendere»);

  2. nell"estinzione dei giudizi pendenti per cessazione della materia del contendere.

Lo svantaggio per il contribuente, invece (come in particolare rilevato da Cass. 22931/2011), risiede nel «dover accettare in toto le pretese del Fisco», stante l"evidenziata estinzione dei giudizi pendenti.

Inoltre, se l"Agenzia delle Entrate non accetta la proposta transattiva, e conseguentemente esprime il proprio dissenso nell"adunanza dei creditori prevista dalla procedura di concordato preventivo, il suo voto contrario è irrilevante qualora vengano raggiunte le prescritte maggioranze. In tal caso (previa positiva valutazione circa la fattibilità giuridica del piano) il concordato preventivo è omologato. Come prevede l"art. 184 1º co. I periodo l.fall., «il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso» con cui si propone la domanda di procedura concordataria

[in tal senso Trib. Monza 15 aprile 2010 (Fa, 2011, 82, sulla quale Stasi 2011, 85): «l"istituto della transazione fiscale non assurge a condicio sine qua non dell"ammissibilità ed omologabilità del concordato, nel senso che non è vincolante l"assenso del Fisco, una volta che quest"ultimo sia stato posto in condizione di disporre e votare come gli altri creditori, divenendo un creditore come gli altri, in quanto la determinazione del quantum dell"obbligazione tributaria viene subordinato all"interesse pubblico alla composizione della crisi, ritenuto preminente ed essendo stato consentito con il procedimento all"Agenzia delle Entrate di partecipare consensualmente alla quantificazione dell"obbligazione tributaria»].

Introducendo la transazione fiscale, il legislatore voleva aiutare gli imprenditori a superare la crisi, ponendo a loro disposizione uno strumento per raggiungere l"incontestabile quantificazione del debito verso l"Erario.

Tuttavia l"orientamento giurisprudenziale qui sintetizzato rischia di «abrogare nei fatti» la transazione fiscale (così, quasi testualmente, Marengo 2012, doc. 288/2012).

Con questa premessa, il cui ulteriore approfondimento porterebbe fuori tema, si può ora sintetizzare il pensiero dei supremi giudici, sottoponendolo poi alla valutazione critica della dottrina che lo scrivente condivide.

  1. L"«intangibilità del credito IVA» nel pensiero della S.c.

Cass. 22931/2011 è emblematica dell"orientamento giurisprudenziale formatosi attorno all"«intangibilità del credito IVA» nel concordato preventivo.

Pertanto si possono discutere le interpretazioni dei supremi giudici riflettendo sulle argomentazioni portate da tale sentenza.

Prima di criticare il ragionamento svolto dalla giurisprudenza di legittimità, al cui vertice si pone l"attualmente esaminata Cass. 9541/2014, tuttavia, occorre conoscerlo.

La soluzione cui giunge la giurisprudenza qui esaminata è che il divieto di falcidiare, con la proposta di concordato preventivo, il credito per IVA (nonché per ritenute fiscali e previdenziali «operate e non versate») discende dall"art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall., norma che, pur dettata nell"ambito della transazione fiscale, a una «forza espansiva» al di fuori di tale istituto.

A suffragio della conclusione, la giurisprudenza propone i seguenti argomenti:

«il primo consiste […] nel richiamo agli orientamenti comunitari […].

Il secondo pilastro è costituito — in stretta connessione al primo — dal fatto che la garanzia che assiste il credito IVA sarebbe spesso inesistente, come nel caso di imposta gravante sulle prestazioni di servizio.

Il terzo architrave del pensiero del giudice ultimo consiste nella considerazione che l"obbligo dell"integrale pagamento dell"IVA sarebbe una norma di carattere sostanziale e non processuale, dettata da motivazioni che atterrebbero alla peculiarità del credito e che prescinderebbero dalle modalità con cui si svolge la procedura»

(La Croce 2012, 156).

Ciascuno di questi argomenti si offre alla valutazione critica, come si vedrà subito.

  1. Le obiezioni all"orientamento giurisprudenziale

    1. Rapporti con la disciplina comunitaria

      1. La rinuncia al gettito Iva nella giurisprudenza sovranazionale

l"«intangibilità del credito IVA» nel concordato preventivo è sostenuta dalla giurisprudenza invocando l"inquadramento del tributo sul valore aggiunto tra le «risorse proprie dell"Unione Europea»

[Cass. 22931/2011 ritiene la «continuità normativa» tra la precedente e l"attuale versione dell"art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall. Da ciò deriva l"applicabilità del (contestato nell"attuale lavoro) divieto di falcidia per il credito IVA nel concordato preventivo, senza transazione fiscale, anche riguardo a fattispecie nate prima dell"innovazione legislativa. Nello stesso senso l"attualmente esaminata Cass. 9541/2014. Quest"ultima sentenza richiama gli argomenti della precedente giurisprudenza, senza aggiungervi particolari motivazioni].

Tale inquadramento è supportato dal confronto con quanto la Non Corte Giust. UE ha giudicato in relazione alla compatibilità comunitaria delle norme italiane sul condono IVA, indipendentemente dal considerare la «dichiarazione integrativa semplice», oppure il «condono tombale».

Il giudice comunitario, infatti, dichiara

«la Repubblica italiana, avendo previsto agli artt. 8 e 9 della l. n. 289/2002 una rinuncia generale e indiscriminata all"accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, colpevole di aver trasgredito gli [n.d.a.] obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 2 e 22 della […] VI direttiva (ora artt. 2, 260, 250 e 273 della direttiva n. 2006/112/CE), relativi, rispettivamente, all"assoggettamento a IVA delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso e alla dichiarazione e al pagamento IVA, nonché dell"art. 10 del Trattato CE, relativo all"obbligo degli Stati membri di adottare tutte le misure di carattere generale o particolare atte ad assicurare l"esecuzione degli obblighi derivanti dal Trattato stesso»

(Corte Giust. UE 17 luglio 2008, causa C – 132/06, GT, 2008, 937).

Rinviando l"ulteriore analisi della sentenza ai documentati commenti (tra i quali: Brighenti 2008, 1389; De Mita 2008, 2267; Falsitta 2008, 334; Tinelli 2008, 944) che l"hanno accompagnata, si evidenzia il mutamento di giurisprudenza verificatosi pochi anni dopo.

Gli estensori delle pronunce della S.c. 22931/ 2011 e 22932/2011 non potevano ovviamente prevedere la (e tener conto della) successiva evoluzione della giurisprudenza comunitaria.

Stupisce invece che la attualmente considerata Cass. 9541/2014 non faccia nemmeno un cenno ai rapporti con la più recente statuizione del giudice sovranazionale.

L"interprete, invece, deve confrontarsi con tale statuizione. Essa è intervenuta riguardo alla disposizione che sancisce la definizione automatica («con decreto assunto dal Presidente del Collegio od altro componente da lui delegato») delle «controversie tributarie pendenti» dinanzi alla Commissione Tributaria Centrale «che originano da ricorsi iscritti a ruolo nel primo grado […] da oltre dieci anni, per le quali risulti soccombente l"Amministrazione Finanziaria dello Stato nei primi due gradi di giudizio(» (art. 3 2º co. bis co. alinea e lettera a) d.l. 40/2010 convertito).

Chiamata ad applicare questa norma — in relazione ad un giudizio pendente addirittura da circa trent"anni (la dichiarazione IVA contestata dall"Ufficio impositore riguarda l"anno di imposta 1982) — la Commissione Tributaria Centrale propone alla Corte Giust. VE una domanda di pronuncia pregiudiziale (art. 234 TUE, già art. 177 dello stesso Trattato). Per argomentare contro la compatibilità comunitaria del richiamato art. 3 2º bis co. alinea e lettera a) d.l. 40/2010 si può prendere spunto dalla (parimenti richiamata) sentenza comunitaria 132/06, ma la Corte Giust., facendo proprie le conclusioni dell"Avvocato Generale (presentate il 17 novembre 2011), considera

«tale misura non […] paragonabile a quelle di cui trattavasi nella controversia sfociata nella citata sentenza Commissione/Italia 132/2006 [n.d.a.]. Infatti, come osserva l"Avvocato Generale ai paragrafi 36 e 37 delle sue conclusioni, le misure di cui trattavasi in tale controversia erano intervenute pochissimo tempo dopo la scadenza dei termini assegnati per il pagamento degli importi dell"IVA normalmente dovuti, e consentivano così ai soggetti passivi interessati di sfuggire a qualsiasi controllo dell"Amministrazione tributaria. La Corte ha dichiarato che esse costituivano una rinuncia generale ed indifferenziata alla verifica delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi d"imposta»

(Corte Giust. UE 29 marzo 2012, causa C – 500/10, www.federalismi.it, § 26).

Invece la fattispecie descritta dall"art. 3 2 bis co. alinea e lettera a) d.l. 40/2010

«non costituisce una rinuncia generale alla riscossione dell"IVA per un dato periodo, bensì una disposizione eccezionale, diretta a far osservare il principio del termine ragionevole di durata dei processi, rispettando così l"art. 6 1º § CEDU [n.d.a.], estinguendo le procedure più vecchie pendenti dinanzi al giudice tributario di terzo grado, con la conseguenza che la decisione di secondo grado passa in giudicato»

(Corte Giust. UE 29 marzo 2012, causa C – 500/10, www.federalismi.it, § 26).

  1.  
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      1. Applicazione ai rapporti tra credito IVA e concordato preventivo

La distinzione tra «rinuncia generalizzata» alla pretesa tributaria (sentenza sulla causa 132/06) ed attenzione a singole ipotesi (sentenza sulla causa 500/10) torna utile all"analisi del caso sul quale è intervenuta la pronuncia 9541/2014 (attualmente esaminata) della Corte di legittimità.

La vicenda sulla quale quest"ultima si esprime consiste nella presentazione della proposta di concordato preventivo, come precedentemente detto, non accompagnata dalla transazione fiscale, nella quale la falcidia (differenza tra entità del credito tributario fatto valere dall"Agenzia delle Entrate e somma proposta dal debitore concordatario) dipende dalla mancanza della liquidità necessaria a pagare tutti i creditori al 100%.

In tale evenienza si applica la disciplina generale, che (con l"art. 2778 1º co. n. 19) c.c., il quale richiama l"art. 2752 3º co. stesso codice), colloca il credito per IVA e relativi accessori in posizione infelice (il credito de quo si trova al 19º posto in un elenco che comprende 20 voci) nell"ordine degli «altri privilegi sui mobili», disciplinati dal predetto art. 2778 c.c.

In tal modo lo maiuscolo stato, anziché rinunciare in via generale ed astratta al recupero dell"IVA, si trova in condizione perfettamente identica a quella dei restanti creditori muniti di privilegio, che il patrimonio del debitore non riesce a soddisfare per intero.

Per la possibilità di falcidiare il credito IVA nel concordato preventivo depone, inoltre, la parola sia dell"Avvocato Generale UE, sia della Carta costituzionale italiana.

L"Avvocato Generale sostiene: gli

«obblighi di riscossione dell"imposta sul valore aggiunto a carico degli Stati membri […] non debbono mai arrivare a garantire che le Autorità tributarie di un Paese membro, a titolo di regola generale, siano necessitate a continuare a presentare ricorsi contro le decisioni giudiziarie sino ad arrivare ad ottenere una decisione favorevole e, soprattutto, […] il diritto UE non esige [n.d.a.] che sia disponibile, allo scopo, più di un ricorso»

(Avvocato Generale UE, conclusioni 17 novembre 2011).

L"art. 97 2º co. Cost., da parte sua, prescrive che l"ordinamento della P. A. assicuri «il buon andamento e l"imparzialità» della sua azione.

Ne segue la legittimità di falcidiare il credito per IVA nel concordato preventivo. Se proprio si vuol muovere una critica all"ordinamento italiano, questa deve allora investire l"infelice collocazione del credito de quo nell"elenco delle cause legittime di prelazione.

Contro le osservazioni qui svolte non vale invocare l"art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall.

Diversamente da quanto affermato dalla compatta giurisprudenza di legittimità, un giudice di merito (App. Genova 27 luglio 2013, precedentemente richiamato) giustamente afferma la specialità della norma che, nella transazione fiscale, vieta la falcidia del credito per IVA .

L"art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall. Ha natura eccezionale laddove prevede la possibilità del solo pagamento rateale.

Infatti, per regola generale, i crediti per tributi gestiti dalle Agenzie fiscali possono essere sia decurtati che pagati a rate, come nel caso concreto previsto dall"atto di transazione fiscale.

Ne segue l"impossibilità di applicare per analogia la disciplina vigente per la transazione fiscale al diverso istituto del concordato preventivo.

Ma non è neppure possibile l"interpretazione estensiva del predetto art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall. Infatti presupposto dell"interpretazione estensiva è l"identità di ratio tra le fattispecie confrontate.

Ma tale identità non esiste. Ed invero la transazione fiscale definisce con modalità transattiva la posizione debitoria dell"imprenditore in crisi nei confronti del Fisco.

Per contro, il concordato preventivo aiuta l"imprenditore ad uscire dalla crisi (o dall"insolvenza) attraverso un piano giudicato giuridicamente fattibile dal giudice ed economicamente profittevole per i creditori.

  1.  
    1. Inesistenza dell"oggetto del privilegio e falcidia del credito IVA

      1. Collocazione del credito per compenso professionale e per rivalsa IVA

La giurisprudenza di legittimità, al cui vertice si pone Cass. 9541/2014 (attualmente esaminata), fonda la non possibilità di falcidiare il credito IVA nel concordato preventivo sul fatto che il privilegio del Fisco potrebbe non trovare oggetto, vedendo nelle prestazioni di servizi le attività da cui nasce il debito IVA.

Peccato che la Corte di legittimità cade in «un increscioso equivoco» (La Croce 2012, 156).

Il ragionamento del giudice supremo sarebbe infatti corretto se considerasse il privilegio speciale che assiste

«i crediti di rivalsa verso il cessionario ed il committente previsti dalle norme relative all'imposta sul valore aggiunto, sui beni che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio»

(art. 2758 2º co. c.c.).

I giudici supremi hanno più volte applicato la norma al caso dove il professionista, che ha assistito l"imprenditore quand"era in bonis, e emette la fattura relativa al proprio compenso, con addebito della corrispondente IVA, dopo l"apertura del procedimento concorsuale fallimento.

Gli interessati pretendono la prededuzione dei propri crediti professionali, ma l"ormai pacifico orientamento giurisprudenziale (valido anche per il concordato preventivo) replica:

«l"emissione della fattura da parte del professionista in costanza di fallimento e l"assoggettamento ad IVA di rivalsa non qualifica quest"ultimo credito di natura prededucibile, ma privilegiato ai sensi dell"art. 2758 c.c. perché l"operazione non comporta alcun mutamento del soggetto nei cui confronti viene eseguita e la fonte genetica dell"obbligazione rimane pur sempre la prestazione professionale effettuata prima del fallimento»

(Cass. 8 aprile 2011, n. 8422, Fa, 2011, 787, on-line).

Un"altra pronuncia del nozione S. C., che inoltre considera il credito di rivalsa per i contributi dovuti alla Cassa di previdenza ed assistenza del professionista considerato, aggiunge: il credito

«di rivalsa IVA può giovarsi […] del privilegio speciale di cui all"art. 2758, secondo co., c.c. […] nel caso in cui sussistano beni — che il creditore ha l"onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo — sui quali esercitare la causa di prelazione»

(Cass. 14 febbraio 2011, n. carattere 3585, Fa, 2011, 791)

[idee simili in Cass. 8422/2011. Nella motivazione di quest"ultima sentenza sono citate altre sentenze conformi del supremo giudice].

Riguardo alle prestazioni dei professionisti, il credito di rivalsa IVA è quindi chirografario, mancando per definizione, nell"ambito dei servizi, il presupposto per l"operatività del privilegio speciale ex art. 2758 2º co. c.c.

Resta comunque fermo il privilegio generale sui beni mobili del debitore, accordato dall"art. 2751 bis 1º co. n. 2) c.c. alle «retribuzioni dei professionisti […], dovute per gli ultimi due anni di prestazione». Qualora il patrimonio del debitore non sia capiente per i crediti da compenso professionale e da rivalsa IVA, l"art. 2778 1º co. c.c. attribuisce la preferenza al credito per la retribuzione del professionista. Il credito per rivalsa IVA, in tal caso, diventa chirografario.

  1.  
    1.  
      1. L"interpretazione dell"Amministrazione Finanziaria

La Direzione Centrale Normativa e Contenzioso (organo dell"Amministrazione Finanziaria), con argomento valido sia per il fallimento che per il concordato preventivo,

«osserva che, dal punto di vista degli adempimenti fiscali, il professionista che si insinua al passivo nell"ambito di una procedura concorsuale, è portatore di un credito complessivo per prestazioni professionali, composto da imponibile ed imposta sul valore aggiunto, elementi strettamente collegati tra loro da un nesso inscindibile»

(Direzione Centrale Normativa e Contenzioso 2008, on-line).

Muovendo da tale presupposto, l"Amministrazione Finanziaria rileva:

«se il piano di riparto, approvato dal giudice fallimentare, dispone il pagamento parziale del credito riguardante le prestazioni professionali rese ante fallimento, ancorché lo stesso faccia riferimento alla sola voce imponibile iscritta tra i crediti privilegiati, sotto il profilo fiscale, i professionisti emetteranno fattura per un importo complessivo pari a quello ricevuto dal curatore, dal quale andrà scorporata l'IVA relativa»

(Direzione Centrale Normativa e Contenzioso 2008, on-line).

La soluzione suggerita dall"Amministrazione Finanziaria è vantaggiosa per il professionista, ma non condivisibile sul piano giuridico.

Infatti il professionista:

  1. a soggetta ad IRPEF, quale reddito professionale, la differenza tra la somma ricevuta dall"organo della procedura concorsuale e l"importo risultante dallo scorporo dell"IVA (si veda infra un esempio);

  2. corrisponde, a titolo di IVA, una somma inferiore a quella derivante dalla sottoposizione dell"intero importo al tributo sul valore aggiunto.

Per chiarire tali affermazioni, si ritiene utile un esempio numerico (costruito rielaborando quello presentato da Stasi 2011a, 794, nota 21).

Tabella 1 Calcolo esemplificativo ex Risoluzione 127/E/2008

Descrizione

Importo

Somma pagata dall"organo della procedura concorsuale

EUR 5000

Somma fatturata dal professionista

EUR 5000

Importo con IVA scorporata = € {5000 ÷ [(100 + 22) ÷ 100]}

euro 4098,36

Tutto maiuscolo Iva da corrispondere euro (5000 - 4098 36)

Euro 901 64

Il giurista, tuttavia, non condivide il meccanismo così esemplificato. Innanzitutto il legislatore disciplina distintamente il privilegio spettante al compenso del professionista intellettuale (art. 2751 bis 1º co. N. 2 c.c.) e la prelazione che assiste il credito di rivalsa IVA (art. 2778 1º co. n. 19) c.c.).

In secondo luogo, l"organo della procedura concorsuale calcola la ritenuta sui redditi di lavoro autonomo in relazione all"intero importo corrisposto al professionista: EUR 5000 nell"esempio costruito in TAB. 1 (quasi testualmente Stasi 2011a, 795).

Indipendentemente dalla soluzione preferita, questa consente di regolare i rapporti tra privati (professionisti e loro committenti, sullo sfondo della procedura concorsuale in cui questi ultimi sono coinvolti).

Diversa considerazione, invece, meritano le relazioni tra i contribuenti IVA e lo Stato, impositore di tale tributo .

La giurisprudenza, al cui vertice si pone Cass. 9541/2014 (attualmente esaminata), pertanto, confonde i differenti piani di indagine.

  1.  
    1. La natura della disciplina è irrilevante

La giurisprudenza di legittimità, coronata da Cass. 9541/2014, attualmente esaminata, sostiene l"impossibilità di falcidiare il credito per IVA nel concordato preventivo, stante il carattere sostanziale della norma ex art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall.

A parte che un illustre commentatore (Marengo 2012, doc. 288/2012) individua nell"art. 182 ter 1º co. I periodo l.fall. disposizioni al contempo sostanziali e processuali (per l"elenco si veda il richiamato lavoro di Marengo), l"indagine sul carattere della disciplina in esame è irrilevante.

In tal senso depone il parallelo tra l"esecuzione forzata individuale e quella concorsuale.

Alla prima è soggetto l"imprenditore non fallibile, purché non attivi le procedure di «composizione delle crisi da sovraindebitamento» previste dagli artt. 6-20 l. 3/2012. In tal caso il credito dell"Amministrazione Finanziaria per IVA è soddisfatto nella misura in cui i creditori collocati prima del Fisco nell"elenco ex art. 2778 c.c. sono interamente soddisfatti ed il patrimonio del debitore non è interamente consumato.

In caso contrario la posizione dell"Erario è identica a quella dei restanti creditori chirografari. (Così, quasi testualmente, La Croce 2012, 156).

«Ad analogo trattamento sarebbe assoggettato il credito erariale per IVA nell"ambito del concorso fallimentare. Seguendo il ragionamento del giudice di ultima istanza, nell"ambito del concorso concordatario la medesima ragione di credito — per effetto, tra l"altro, di una disposizione contenuta all"interno della regolamentazione di un sub-procedimento che la stessa Corte afferma essere non obbligatorio — assurgerebbe, invece, al rango di credito superprivilegiato. Ma, a ben vedere, con il differente trattamento che così il credito IVA subirebbe, a seconda del diverso processo esecutivo ad esso applicato, si finirebbe per affermare l"esatto principio contrario, ossia che l"obbligo di pagamento integrale dell"IVA deriva da una norma processuale e non da una norma sostanziale, dato che […] il medesimo credito non godrebbe di analogo trattamento negli altri procedimenti esecutivi»

(La croce 2012, 157).

Non si riesce a spiegare la differenza di trattamento dell"identico credito per IVA in relazione al carattere individuale o concorsuale dell"esecuzione forzata. Nasce, dunque, il dubbio di violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 1º co. Cost.

Non risulta che questa eccezione sia giunta al vaglio della Consulta.

Indipendentemente dall"esito di un (ancora futuribile) giudizio di incostituzionalità, difficilmente le argomentazioni qui svolte smuoveranno l"ormai consolidato orientamento del supremo giudice.

Tuttavia si spera che le considerazioni presentate nell"attuale lavoro portino la Corte Suprema a meditare un"altra volta su un argomento sicuramente importante per gli operatori pratici.

Normativa da consultare

r.d. 16 marzo 1942, n. 267. Disciplina del fallimento, del concordato preventivo […] e della liquidazione coatta amministrativa. Art. 182 ter 1° co. I periodo.

d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dall"art. 1 l. 28 gennaio 2009, n. 2. Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale. Art. 32 5º co.. a).

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