Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Giuseppe Piccardo  -  19/05/2023

La Cassazione si pronuncia sul reato di maltrattamenti in famiglia in caso di ostentazione dell’infedeltà nei confronti della convivente - Cass. pen., Sez. VI, Sent. 29/09/2022- 03/11/2022, n. 41568

La sentenza in commento riguarda una tematica di estremo interesse e attualità (purtroppo) e precisamente quella relativa all’integrazione del reato di maltrattamenti in famiglia, con riferimento ad una condotta violenta e ingiuriosa consistita, fra l’altro, nella ostentata frequenza di rapporti con altre donne e da manifestazioni di disprezzo nei confronti della convivente.

A seguito della conferma della sentenza di  condanna di primo grado, il maltrattante ricorreva in Cassazione, ritenendo che  erroneamente la Corte d’Appello di Torino avesse considerato due episodi di violenza fisica lontani nel tempo e caratterizzati da specifici moventi, in assenza di individuazione, da parte della parte offesa, di altri specifici episodi, nell’ambito di una relazione conflittuale e burrascosa, che non  essendo di tipo matrimoniale,  non prevedeva alcun obbligo di fedeltà, con libertà, quindi, di poter intrattenere liberamente relazioni con altre donne, senza che ciò potesse rappresentare un atto di disprezzo e umiliazione.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso ritenendo integrato il reato di cui all’articolo 572 c.p., in relazione alla condotta umiliante e vessatoria, perpetrata dal ricorrente nei confronti della convivente e rappresentata dall’ostentata frequenza di rapporti con altre donne, unitamente a manifestazioni di disprezzo nei suoi confronti.

La decisione in commento si inserisce nell’ambito di un filone giurisprudenziale consolidato, che ritiene condotte, quali quelle tenute dal ricorrente, integrative del  reato di maltrattamenti, così come quella del marito che costringe la moglie a sopportare la presenza di altre persone con la quale intrattiene rapporti sentimentali, nella casa familiare (1).

Similmente al caso oggetto della sentenza che si sta commentando, la Suprema Corte ha ritenuto  integrati i maltrattamenti a fronte delle continue ingiurie e offese nei confronti della moglie, costituite nell’ostentare “rapporti extraconiugali, con confronto delle qualità dell’altra donna con quelle della moglie, con denigrazione di quest’ultima, sia sul piano fisico che morale e intellettuale”,nonchè con ostentazione dei regali fatti all’altra donna e dei momenti felici con la stessa trascorsi, risultando evidente la gravità e il meccanismo dei maltrattamenti psicologici innescato nei confronti della moglie(2). 

In generale, e in sintesi, la sentenza si pone in linea di continuità con i precedenti della Suprema Corte, che ritiene, molto opportunamente, ad avviso dello scrivente, rientranti nella nozione di “maltrattamenti” non solo atti di violenza fisica ma ogni condotta lesiva del patrimonio morale della vittima, quindi anche umiliazioni, offese e gesti di disprezzo che rendano l’esistenza del familiare, o di persona convivente, abitualmente penosa e difficile da sopportare, come la condotta di ostentata reiterazione dei ropri tradimenti con altre donne, atteggiamento sintomatico di violenza psicologica di estrema gravità, e come tale da combattere sia sul piano giuridico, che sociale.

Premesso quanto sopra, tuttavia, il profilo più apprezzabile della sentenza è quello relativo all’affermazione di principio che espressamente ricollega l’obbligo di reciproca fedeltà alla convivenza more uxorio, dal quale derivare l’infedeltà come causa di umiliazione della partner, riconducibile al reato di maltrattamenti in famiglia.

La Cassazione, infatti, andando oltre il dettato legislativo, ed in particolare oltre quanto prevede la legge 76/2016, sulle unioni civili e convivenze, che nulla precisa sul punto, estende l’obbligo di fedeltà alle convivenze di fatto stabili, come tali assimilabili ad un rapporto matrimoniale, che impone ai partners obblighi di “reciproco rispetto” , la cui violazione, in determinati contesti, può dare luogo a responsabilità civile e penale.

Per tutto quanto sopra,  la sentenza in commento è da ritenere non solo apprezzabile, ma importante, sul piano del contrasto alla violenza di genere, in quanto dà rilevanza, inequivocabilmente, a condotte diverse dalle violenze fisiche, ed in particolare a condotte di violenza psicologica, altrettanto gravi e disprezzabili, se non forse, maggiormente censurabili di quelle legate alla violenza fisica, a prescindere dal fatto che siano commesse dal coniuge o dal convivente.

La recente riforma del processo civile, con l’introduzione di disposizioni specifiche in materia di violenza di genere, ha dimostrato che il mondo giuridico ha preso coscienza della gravità del problema e della necessità di un forte e serio contrasto al fenomeno, a livello sovranazionale e interno. La stessa presa di coscienza è, ad avviso dello scrivente, ancora lontana a livello sociale e  di  linguaggio della violenza; ma questo è un altro capitolo, troppo lungo per poter essere scritto in questa sede.


1) Cass. Pen. 12 settembre 1996, n. 8396, in Giust. pen., 1997, II,461; Cass. Pen. 3 aprile 2017, n. 16543, reperibile sul sito www.altalex.it.; Cass. Pen. 6 agosto 2019, n. 35677, in Dir. e Giust. on line, secondo cui “il delitto di maltrattamenti in famiglia non è integrato soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche dagli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, quali ad esempio, come nel caso della sentenza in commento, la costrizione della moglie a sopportare la presenza di una concubina”.

 2) Cass. Pen. 29 febbraio 2012 n. 15057, in Dir. e giust. on line 2012


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