-  Foligno Emanuela  -  22/09/2016

La Cassazione sulla proporzionalità del licenziamento - Cass. 17355/2016 - Emanuela Foligno

Un lavoratore dipendente di un Ente comunale calabrese è stato licenziato per assenza non giustificata di due giorni.

In particolare, il lavoratore a seguito di un periodo di assenza per malattia, al termine della stessa, ha omesso di comunicare la prosecuzione dello stato patologico. Ne è conseguita, appunto, una assenza dal lavoro ingiustificata che ha indotto il Comune ad adottare la sanzione disciplinare del licenziamento.

Il lavoratore si è rivolto al Tribunale impugnando il licenziamento e chiedendo la reintegrazione nel ruolo. Il Giudice del merito ha ritenuto corretta la sanzione del licenziamento irrogata dal Comune e ha respinto le domande svolte dal lavoratore.

Il dipendente comunale si rivolge, quindi, alla Corte d"Appello territoriale la quale, in riforma della pronunzia di primo grado, pur riconoscendo sussistente una assenza ingiustificata del lavoratore, accoglie la domanda di reintegra nel ruolo dello stesso perché non ritiene che la sanzione del licenziamento irrogata dal datore di lavoro sia adeguata ai fatti.

L"Ente comunale propone ricorso per Cassazione.

Gli Ermellini escludono categoricamente l"esistenza di automatismi nelle irrogazioni delle sanzioni disciplinari poiché la ratio delle sanzioni disciplinari è quella di intervenire in maniera punitiva nei confronti del lavoratore utilizzando canoni di proporzionalità tra la punizione e il fatto commesso.

Specificano, inoltre, che il principio di proporzionalità della sanzione e il fatto, è un principio valido per tutto il diritto punitivo.

Tale proporzionalità risulta cristallizzata nell"art. 2106 c.c.  ove è stabilito che la sanzione è irrogabile allorquando vi sia sussistenza ed imputabilità del fatto e adeguatezza della sanzione, ovvero proporzionalità tra infrazione e sanzione. Ne discende che il Giudice, valutando attentamente caso per caso, può intervenire sulla sanzione ritenuta eccessiva annullandola.

L"intervento del Giudice è attuabile per la mancanza di automatismi sanzionatori perché non è possibile, ribadisce la Suprema Corte, introdurre un sistema di sanzioni disciplinari automaticamente ancorato a determinati illeciti.

La Suprema Corte ha ulteriormente evidenziato che l'art 2119 c.c., la cui ratio legis implica l"accadimento di un fatto di tale gravità da porre in crisi il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, è una norma elastica dal contenuto ampio, destinato ad essere precisato attraverso i casi e la formazione del diritto vivente.

In conclusione, nel caso concreto i Giudici di legittimità hanno ritenuto corretta la motivazione della Corte di secondo grado riguardo la mancanza di proporzionalità tra l"addebito e il fatto contestato al lavoratore, considerato che il ritardo della comunicazione di proseguimento della malattia riguardava le giornate di sabato e domenica e che le condizioni di salute del dipendente erano estremamente gravi.

 




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