Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Giuseppe Piccardo  -  08/07/2022

La CEDU condanna nuovamente l'Italia per inadeguata tutela preventiva in caso di maltrattamenti in famiglia

(breve nota a CEDU sez. I, 16.1.2022 n. 23735 – De Giorgi c. Italia)     

Ancora una condanna, da parte della CEDU, all’Italia, in tema di maltrattamenti in famiglia e violenza di genere.

Con la sentenza  CEDU numero 23735  del 16 giugno, infatti, la Corte di Strasburgo, ha condannato  l’Italia per l’inerzia dell’autorità giudiziaria nell’adozione di idonee misure preventive, al fine di tutelare una cittadina italiana da atti di violenza domestica messi in atto, reiteratamente,  dall’ex marito.

In particolare, la ricorrente era ricorsa alla CEDU , ritenendo violati gli articoli 3 e 8 della Convenzione Europea dei Diritto dell’Uomo, sulla base della circostanza secondo la quale le segnalazioni e  le denunce presentate non sarebbero state sufficienti, a causa della  loro scarsa chiarezza e attendibilità, a poter portare avanti procedimenti giudiziari penali a carico dell’ex marito violento della ricorrente, con conseguente archiviazione del tutto, da parte del GIP del Tribunale di Padova e reiterazione delle condotte violente da parte dell’uomo, nei suoi confronti.

I Giudici di Strasburgo sottolineano, in particolare, nella sentenza in commento, come la ricorrente si sia trovata esposta ad un serio pericolo per la propria incolumità fisica e per la propria vita per molto tempo, e come il lungo periodo di durata delle indagini, successivamente alle denunce presentate dalla vittima, abbiano avuto, quale ulteriore conseguenza, l’affievolimento dell’efficacia delle prove presentate dalla ricorrente e la successiva archiviazione delle querele sporte dalla ricorrente;  e ciò, anche in forza di una ritenuta, scarsa attendibilità della vittima, da parte degli inquirenti.

Per completezza di esposizione in fatto, lo scrivente evidenzia che dalla lettura della sentenza si evince che  il procedimento penale relativo all’aggressione del 2015 si è concluso solamente nel 2021, mentre le denunce dei fatti  di maltrattamenti verificatisi negli anni 2016 e 2017 sono ancora in corso

Inoltre, secondo la Corte Europea, la condotta degli inquirenti patavini, si pone in violazione non solo del dovere di protezione delle vittime di violenza, così come previsto dalla Convenzione di Istanbul, ma anche contro la Raccomandazione del Comitato dei Ministri 30 aprile 2002,  con riferimento all’obbligo di adeguata tutela, soprattutto preventiva, delle donne vittime di violenza, oltre che di adeguata formazione dei professionisti e operatori che si occupano di violenza domestica e di genere.

Quanto sopra, emerge in modo molto netto nella  sentenza in commento, laddove si evidenzia che  l’autorità giudiziaria penale adita dalla ricorrente, con la presentazione non di una, ma di ben  sette denunce,  ha ricondotto gli episodi di violenza a meri fatti ricollegabili a conflittualità coniugale/familiare, sottovalutandone la portata e le conseguenze. Inoltre, dalla lettura della sentenza del 16 giugno scorso, emerge, ancora una volta, come l’Italia sia carente non dal punto di vista legislativo, ma dell’effettività  della tutela delle donne vittime di maltrattamenti e violenza domestica, soprattutto in ottica di prevenzione del fenomeno. Purtroppo, in questa situazione, denunciare può essere molto pericoloso e può esporre a gravi e deplorevoli fenomeni di vittimizzazione secondaria. Peraltro, come rileva la Corte, l’obbligo di protezione imposto agli Stati non potrà trovare soddisfazione se la protezione offerta dal diritto interno, seppur esistente, non esiste che in teoria (paragrafo 81 della sentenza).

Sotto il profilo risarcitorio, la CEDU ristora il danno non patrimoniale subito dalla ricorrente con 10.000 euro, non riconoscendo fondata la richiesta di euro 40.000, in assenza di un nesso di causa tra danno patrimoniale subito ed i fatti denunciati dalla signora De Giorgi.

In sintesi, come lo scrivente ha già avuto modo di rilevare in altri articoli su questo tema, non sono le norme giuridiche a tutela delle vittime di violenza a mancare nel nostro ordinamento, ma l’effettività della protezione preventiva delle vittime.

Sotto il profilo sociale, invece, si rende più che mai necessario un forte e diffuso intervento educativo, soprattutto per le nuove generazioni, affinché si prenda coscienza della gravità del fenomeno della violenza di genere, dei maltrattamenti e di tutte quelle condotte di molestie, che spesso vengono “derubricate” a fatti lievi e di poco conto. Il caso della giornalista Greta Beccaglia, ad avviso dello scrivente, è significativo in questo senso.

Ancora una volta, da uomo, prima ancora che da avvocato, concludo questa breve nota con le parole dello scrittore – saggista francese di Ivan Jablonka, autore del libro “Uomini giusti – Dal patriarcato alle nuove maschilità: “ E’ urgente definire, in tutti i Paesi, quale che sia la condizione delle donne, una morale al maschile per tutti gli atti sociali (…) Oggi abbiamo bisogno di uomini egualitari, ostili al patriarcato, che amino più il rispetto che il potere. Uomini certo, ma uomini giusti”


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