Cultura, società  -  Redazione P&D  -  22/07/2021

La competizione nei bambini - Rosa Palma

E' usanza ormai diffusa quella di far sì che i bambini siano competitivi in ogni ambito della vita che li riguarda: dalla scuola alle attività extrascolastiche. Ma la competizione non appartiene al mondo dell'infanzia, essa è infatti un sentimento tipico di noi adulti. I bambini assimilano gli atteggiamenti dei grandi, abbiamo più volte ripetuto in questa rubrica che essi sono il nostro specchio ed è proprio così! Essi ripetono i nostri atteggiamenti per compiacerci e non perché ciò corrisponda a un loro reale desiderio. Quante volte da insegnanti capita di invitare qualche genitore a non creare competizione a tutti i costi nei propri figli, spiegando che quella “utile” potrebbe essere esclusivamente la “competizione sana”. Infatti la competizione non ha solo aspetti negativi, al contrario, se percepita nella maniera adeguata,può essere stimolante e costruttiva perché spinge a fare di più e meglio e ad allargare i propri orizzonti. Ma, a onore del vero, va detto che i bambini non hanno progetti a lungo termine, non hanno ambizioni e se imparano fin da piccoli il rispetto delle cose altrui non patiscono alcun capriccio, quale ad esempio potrebbe essere  quello di desiderare il giocattolo di un compagno. Quindi il senso del competere non appartiene al mondo dell'infanzia ma solo agli adulti ed è esclusivamente a questi ultimi che deve essere imputata la competitività  dimostrata da un bambino o da un ragazzino. Un bambino che diventa competitivo lo fa solo per accontentare l'adulto di riferimento al fine di ottenere approvazione, riconoscimento, affetto e attenzione. Ma quello di cui un piccolo ha veramente bisogno è solo l'affetto, non servono trofei né riconoscimenti plateali o riconoscimento sociale e sportivo. I bambini in realtà desiderano solo giocare e non vivere frustrati da sentimenti di rabbia o di invidia nei confronti di altri coetanei. Sempre più spesso si osservano bambini che vengono stimolati a essere sportivi, artisti e, soprattutto, campioni in età sempre più tenera oppure a essere oggetto di pubblicità sui media o, peggio ancora, sui social. Ma ciò appaga esclusivamente l'adulto e non il bambino. Sport, arte, creatività sono estremamente educativi ma vanno affrontati con lo spirito adeguato che trova soddisfazione nel piacere di fare una certa attività e non negli interessi degli adulti. I bambini devono poter fare i bambini, giocare spensieratamente fino a quando è possibile. Ci sarà tempo per le responsabilità che, inesorabilmente, arriveranno quindi è un atto di crudeltà (mi si perdoni il termine un po' forte) privare un piccolo della propria infanzia, un vero e proprio momento magico e di scoperta che non tornerà mai più. C'è di più: i genitori che stimolano i loro figli a fare meglio paragonandoli e contrapponendoli ai loro coetanei o ai loro compagni di scuola fanno l'errore di istigare nei propri figli un sentimento che non è proprio di una fase evolutiva . Il bambino si trasforma in un competitore per rendere felici i propri genitori, per rendersi importante ai loro occhi e assecondarne i desideri. Ma meglio avere un figlio sano e sereno che avere un bambino che soffre di competizione quando dovrebbe invece pensare solo al gioco e alla gioia di essere un bambino. 




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