-  Redazione P&D  -  15/07/2015

LA DEDUCIBILITÀ DELLE PERDITE DEI CREDITI EX ART.101, CO.5, TUIR - Luca LEIDI

1.   Introduzione

La corretta valutazione dei requisiti per richiedere la deducibilità fiscale delle perdite sui crediti[1] da parte delle imprese, quindi la possibilità di dedurne il relativo costo, non può prescindere da una preventiva disamina delle disposizioni particolari che regolano il regime fiscale connesse ad esse.

Come ben sottolineato nelle considerazione generali della Circolare n.26/E del 1° agosto 2013 dell"Agenzia delle Entrate, la discrezionalità che caratterizza le vicende che interessano i crediti, sia in fase di valutazione che di gestione e realizzo, ha indotto il Legislatore tributario a introdurre disposizioni specifiche che disciplinano il trattamento fiscale dei componenti negativi che ne scaturiscono. Tali disposizioni sono contenute negli artt. 101, comma 5, e 106 del TUIR,[2] e successive modificazioni, che trovano la loro ratio nell"esigenza di introdurre maggiori condizioni di certezza nella determinazione del reddito imponibile, in un ambito caratterizzato da forti elementi di opinabilità.[3]

Le due norme introducono dei criteri ad hoc per regolare le modalità con cui gli oneri derivanti dalla gestione dei crediti commerciali (che derivano cioè da cessioni di beni e prestazioni di servizi di cui all"art. 85, comma 1, del TUIR) devono concorrere al reddito ai fini fiscali. Tali norme si applicano a due distinte ipotesi:

  • l"art. 101, comma 5, TUIR, indica i requisiti di natura probatoria al ricorrere dei quali sono deducibili, senza limiti, gli oneri derivanti dalla mancata esigibilità di crediti, o di parte di essi, divenuta "definitiva", cioè quei crediti di cui si possa escludere l"eventualità che in futuro il creditore riesca a recuperare, in tutto o in parte;
  • l"art. 106 del TUIR, invece, stabilisce una misura forfettaria, quindi approssimativa, di deducibilità degli oneri derivanti dalla inesigibilità dei crediti che, se pur probabile, si presenta ancora come meramente "potenziale", cioè in quelle ipotesi in cui sia possibile ritenere che l"inesigibilità del credito rappresenti una condizione solo temporanea, non sussistendo i requisiti di definitività ex art.101, co.5, TUIR.

Dal tenore letterario delle due norme, il Legislatore prevede così due meccanismi di deducibilità diversi a seconda del grado di certezza del componente negativo, rispettivamente, analitico in caso di inesigibilità definitiva, e forfettario in caso di inesigibilità potenziale.

Si vuole procedere con la disamina delle disposizioni contenute nell"art.101, comma 5, TUIR. Tale norma prevede che le perdite sui crediti sono deducibili solo se presentano, alternativamente, i seguenti requisiti:

  1. risultano da elementi "certi" e "precisi", da dedurre nell"esercizio d"impresa di competenza,[4] intendendosi per tale quello in cui si manifestano per la prima volta gli elementi certi e precisi dell"irrecuperabilità del credito;
  2. oppure, "in ogni caso" se il debitore è soggetto a procedure concorsuali, o, altrimenti, ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell"art.182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n.267.[5]

2. Gli Elementi "Certi" e "Precisi" ex art.101, co.5, tuir

Ci si deve chiedere, allora, quando i crediti rispondano ai requisiti di certezza e precisione ai sensi dell"art.101, co.5, TUIR. La norma pone una presunzione di tali caratteristiche in tre situazioni:

A)    Certezza e precisione sussistono "in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del pagamento del credito stesso". Per cui, la prima caratteristica – la modesta entità del credito – si considera rispettata qualora l"importo nominale del credito non sia superiore ad € 5.000 per le imprese che conseguono un volume d"affari o ricavi superiori a 100 milioni di Euro ("imprese di più rilevante dimensione"), oppure di € 2.500 per tutte le altre. Seconda caratteristica, invece, attiene al termine di sei mesi che deve essere decorso dalla scadenza del pagamento stesso.

B)    Ulteriore ipotesi sussiste nei casi in cui il diritto alla riscossione del credito è prescritto (ad esempio, 5 anni nel caso di credito del proprietario di un appartamento a ricevere dal conduttore il pagamento del canone di affitto; termine decennale, invece, per la prescrizione ordinaria ex art.2946 c.c.).

C)    Terza situazione, introdotta con modifica apportata dall"art.1, co.160, lett. b), della legge 147/2013 (legge di Stabilità per il 2014),[6] si ha qualora sia intervenuta la cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili. Per tale ultimo comma, la Cassazione ha disposto che, in realtà, "la scelta imprenditoriale di rinunciare al credito vantato nei confronti di un proprio cliente non rende indeducibile la perdita conseguente, in quanto il Legislatore considera solo l"oggettività della perdita stessa e non pone alcuna limitazione o differenziazione a seconda della sua causa. (…) Di conseguenza, sono deducibili ex art. 101, co. 5, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, anche le perdite derivanti da crediti ai quali l"imprenditore abbia volontariamente rinunciato per mantenere buoni rapporti commerciali con i clienti debitori e, dunque, non solo le perdite che dipendano esclusivamente dall"assoluta irrecuperabilità dei crediti stessi.".[7]

3.  Oneri probatori in merito alla certezza e precisazione del credito

Dalla disamina ut supra descritta, ci si deve chiedere quali sono le conseguenze sul piano probatorio che gravano sul creditore nel caso di presenza di un credito risultante da elementi certi e precisi. Il Legislatore ha voluto porre a carico del contribuente l'onere di allegare e documentare gli elementi "de quibus", che non possono tautologicamente esaurirsi nella pattuizione di un corrispettivo inferiore al valore nominale del credito ceduto, ma devono riguardare le "ragioni che hanno consigliato l'operazione ed il conseguente recupero solo parziale, dovendosi escludere, al di fuori dell'ipotesi del debitore assoggettato a procedure concorsuali, l'esistenza di qualsiasi automatismo di deducibilità delle perdite.".[8]

Ma anche qui bisogna distinguere a seconda che le perdite sui crediti siano determinate attraverso un procedimento estimativo interno, vale a dire attraverso un procedimento di stima, ed invece quelli non derivati da un procedimento intermo ma, bensì, da atti realizzativi, ovvero che producono il realizzo o l"estinzione del credito (come ad esempio un atto di rinuncia del credito, una transazione o, ancora, una cessione del credito). Si deve porre l"attenzione sul primo dei casi appena enunciati, quello delle perdite su crediti derivanti da processo valutativo interno.

Si è già detto che in questo caso la valutazione viene effettuata attraverso un criterio di stima. In tale contesto, la "definitività" della perdita può essere verificata solo in presenza di una situazione oggettiva di insolvenza non temporanea del debitore, riscontrabile qualora la situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore sia tale da fare escludere la possibilità di un soddisfacimento della posizione creditoria (è il caso, ad esempio, in cui vi sia un decreto accertante lo stato di fuga, di latitanza o di irreperibilità del debitore, ovvero in caso di denuncia di furto d"identità da parte del debitore ex art. 494 c.p., o nell"ipotesi di persistente assenza del debitore ai sensi dell"articolo 49 c.c.). Al di fuori dei casi particolari appena enunciati in parentesi, possono considerarsi come sufficienti elementi di prova ai fini della deducibilità della perdita, tutti i documenti attestanti l"esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo), sempre che l"infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva.[9]

Un altro utile elemento di prova, a corredo di ripetuti tentativi di recupero senza esito, può essere rappresentato dalla documentazione (infruttuoso invio di diffide ed intimazioni ad adempiere; avvenuto protesto dei titoli stato; irreperibilità accertata del debitore; verbale di pignoramento negativo o di esito infruttuoso delle aste del pignorato; dichiarazione di rinunzia all"eredità da parte degli eredi del debitore defunto; casi di truffa dichiarata e conclamata) idonea a dimostrare che il debitore si trovi nell"impossibilità di adempiere per un"oggettiva situazione di indisponibilità finanziaria ed incapienza patrimoniale e che, pertanto, è sconsigliata l"instaurazione di procedure esecutive.

Qualora il creditore/imprenditore valuti eccessivamente oneroso attivare una procedura esecutiva per il recupero di un credito rispetto all"entità dello stesso,[10] sarà pertanto legittimato a portare in deduzione dal reddito la conseguente perdita.[11] Sarà allora necessario per il creditore dimostrare, sul piano probatorio, l"esistenza di un evento oggettivo che dimostri l"insolvibilità del debitore, ovvero la certezza della perdita. A tal riguardo, giova ripetere, risulta fondamentale la conservazione di documenti quali lettere di sollecito e di intimazione ad adempiere, nonché un parere scritto, da parte del legale, che, all"esito di un"analisi effettuata caso per caso circa la situazione del singolo debitore, sconsigli l"adozione di azioni legali le quali determinerebbero soltanto costi senza concrete speranze di soddisfacimento del credito. Consulenza legale che, se pure espressa da professionisti, non può che essere, a sua volta, fondata su circostanze di fatto obiettive,[12] le quali soltanto possono e debbono essere apprezzate dal Giudice di merito in relazione ai caratteri di certezza e precisione richiesti dalla norma tributaria, e che se non allegate specificamente dal contribuente determinano il mancato assolvimento dell'onere probatorio, dovendosi escludere, al di fuori dell'ipotesi del debitore assoggettato a procedure concorsuali, l'esistenza di qualsiasi automatismo di deducibilità delle perdite.[13]



[1] Crediti che, per loro intrinseca natura, rappresentano il diritto a ricevere un determinato ammontare sulla base di un contratto o di altra fonte prevista dalla legge, e, come tali, soggiacciono al rischio di inesigibilità da parte del debitore. Tale circostanza, da un lato, ne influenza la valutazione ai fini di bilancio, che deve essere effettuata in modo idoneo a registrare tempestivamente situazioni di perdita per inesigibilità, dall"altro, influisce sulle scelte di gestione dei crediti stessi, ed in particolare sulla decisione di curare in proprio la riscossione o di affidarla a terzi, ovvero su quella di realizzare i crediti mediante la loro cessione. In quest"ultimo caso, il rischio di inesigibilità rappresenta un fattore determinante nella definizione del prezzo di cessione del credito.

[2] D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

[3] Aa.Vv., Il Fisco. Perdite sui crediti, Gruppo Wolters Kluwer, Milano, 2014, pp.85 e ss.

[4] Per individuare l"esercizio di competenza della perdita, la Sez.V della S.C., con sent.n.9218/2011, stabilì che "va accertato quando si verificano le condizioni di certezza dell'esistenza e determinabilità obiettiva dell'ammontare delle perdite su crediti. Il riferimento non può che essere alla regola valida per il bilancio civilistico, per il quale i crediti devono essere iscritti secondo il valore di presumibile realizzazione, a mente dell'art. 2425, n. 6 (ora art. 2426 c.c., n. 8)".

[5] Ai sensi del quale: "L'imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all'articolo 161, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini: a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione. L'accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.(…)"

 

[6] Applicabile dall"esercizio commerciale del 31/12/2013.

[7] Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 2 maggio 2013, n. 10256 in Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24.

[8] Cass., Sez. Trib. Civ., sent. 24 febbraio 2015, n.3630; Cass., civ., sent. 24 luglio 2014, n. 16823 in Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24.

[9] Circolare n.26/E, Agenzia delle Entrate, cit.

[10] E" il caso in cui le spese legali supererebbero l"ammontare recuperabile del credito stesso e non si palesano recuperabili.

[11] In caso di contestazione, il Giudice sarà tenuto a valutare solamente gli elementi indiziari - dunque obiettivamente apprezzabili - tali che, secondo una "coerente valutazione prognostica fondata su criteri di causalità probabilistica", rendano attendibile il rischio di una inesigibilità del credito. Sul punto, Cass., Sez. Trib. Civ., sent. del 19 dicembre 2014, n.27087.

[12] Cass. n.27087/2014, ult. cit.

[13] Cass., Sez. V, sent. del 24 luglio 2014, n.16823, cit.




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