Una recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione V penale, depositata il 28 Marzo 2012 n.11621 affronta il tema dell'ingiuria e delle minacce in rapporto al diritto individuale all'onore e al decoro personale.
Il fatto, in breve: il Giudice di Pace di Salerno aveva ritenuto non offensiva e/o ingiuriosa la frase: "Lei non sa chi sono io, la pagherà!" rivolta dall'imputato all'individuo poi costituitosi parte civile.
Il Procuratore Generale della Corte d'Appello della città campana, però, proponeva tempestivo ricorso di fronte alla Cassazione, fondandolo essenzialmente in due punti cruciali:
La querela, però, come spiegano gli ermellini, non è mai un atto minaccioso tale da provocare ira; fondata o meno, è primo mezzo processuale che ognuno, sentitoti leso, può esperire.
Inoltre, se in ipotesi si riconoscesse come esistente lo stato d'ira come attenuante, questo dovrebbe essere contestuale e precedente al reato dell'imputato. Non si può considerare uno stato d'ira permanente: questo, infatti, attenua la pena se costituisce un "movente psichico" del successivo, immediato, reato.
La Cassazione accoglie in pieno i due punti del suindicato ricorso e ordina il rinvio della sentenza al Giudice di Pace di Salerno.
I giudici di Piazza Cavour tornano a punire la (odiosa) frase "Lei non sa chi sono io" (già condannata nella sentenza 138/2006) considerandola sintomo di arroganza, maleducazione e prevaricazione.