-  Ziviz Patrizia  -  21/10/2013

LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE: LE CATEGORIE DEL FUTURO - Patrizia ZIVIZ

 

"Come si liquida il danno civile?"

Corso cod. P13058 – della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal 16 ottobre al 18 ottobre 2013

LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE: LE CATEGORIE DEL FUTURO[1]

Sommario:

a.         Le categorie del danno non patrimoniale

b.         La nozione unitaria di danno non patrimoniale. Critica

c.         La classificazione incardinata sui diversi tipi di illecito

d.         La classificazione per voci descrittive

e.         Le categorie del futuro

f.         Le tecniche di liquidazione per le nuove ipotesi di danno

 

  1. A. Le categorie del danno non patrimoniale

Gli interrogativi che pone il futuro del danno non patrimoniale appaiono molteplici e assai contrastati, in quanto vengono a dipendere – essenzialmente – dal piano prospettico attraverso il quale si guarda al risarcimento di tale voce di pregiudizio. Le domande che solleva, in particolare, la questione delle categorie – e dei possibili sviluppi cui le stesse andranno incontro nel prossimo futuro - assume coloriture fortemente differenziate a seconda del tipo di ricostruzione adottata.

Al momento attuale, il problema delle categorie del danno non patrimoniale viene affrontato, dagli interpreti, secondo due differenti tipi di visione. Da un lato, si prospetta la scomposizione del danno non patrimoniale in voci descrittive (danno morale, danno biologico, danno esistenziale); il che implica, per chi si interroghi sugli sviluppi futuri, verificare l"eventuale esistenza di profili pregiudizievoli inediti da prendere in considerazione nell"ambito di una classificazione di carattere ontologico, che distingue le singole poste in ragione della diversità di compromissioni risentite dalla vittima. Dall"altro lato, la classificazione prospettata seguendo un diverso tipo di opzione è quella che – una volta considerata come imprescindibile una visione unitaria del danno non patrimoniale - punta a distinguere le varie categorie di danni non patrimoniali in ragione del tipo di illecito dal quale essi risultano generati; e lungo tale versante, la questione che l"interprete si trova ad affrontare relativamente al prospettive future riguarda l"individuazione di ulteriori figure di illecito rispetto alle quali sia destinata ad emergere la rilevanza risarcitoria delle conseguenze non patrimoniali, alla luce della lettura costituzionalmente orientata dell"art. 2059 c.c.

La scelta tra i due differenti punti di vista comporta, naturalmente, notevoli ripercussioni per quanto riguarda le tecniche liquidatorie da adottare. Un"opzione incentrata sul collegamento del danno non patrimoniale ai vari tipi di illecito implica, infatti, la definizione regole di liquidazione legate alle peculiarità proprie di ciascuna figura di torto; le quali, non essendo fondate su una logica univoca, lasciano privo di riferimenti specifici l"interprete che si trovi a dover governare un"inedita ipotesi di illecito produttivo di conseguenze non patrimoniali. Diversamente, la prospettiva fondata sulla distinzione delle varie voci descrittive del danno – come tali destinate ad assumere un valenza trasversale rispetto alle varie ipotesi di torto - mette a disposizione indicazioni liquidatorie suscettibili di trovare applicazione, pur con i necessari adattamenti, a 360 gradi.

  1. B. La nozione unitaria del danno non patrimoniale. Critica

La scelta tra le opzioni appena illustrate sembra dover essere condizionata in maniera determinate dalle indicazioni che si ricavano nelle celeberrime sentenze delle Sezioni Unite del novembre 2008[2], tenuto conto del ruolo di "nuovo statuto del danno non patrimoniale" che alle stesse è stato attribuito dagli interpreti. All"interno di tali pronunce risulta, in effetti, apertamente esclusa la possibilità di procedere ad una classificazione del danno non patrimoniale fondata su una distinzione in categorie delle varie voci di pregiudizio. I giudici di legittimità vengono, infatti, ad affermare più volte la necessità di adottare una ricostruzione unitaria della nozione di danno non patrimoniale[3].

Si tratta, allora, di chiedersi se una scelta del genere appaia o meno condivisibile, alla luce delle criticità che appaiono stessa correlate.

Bisogna – in primo luogo - sgomberare il campo dall"idea che la necessità di adottare una nozione unitaria di danno non patrimoniale derivi dalla circostanza che tutte le voci non patrimoniali devono, diversamente dal passato, essere ricondotte sotto l"egida dell"art. 2059 c.c. Una volta affermato che la disciplina da applicare a tutti i pregiudizi non patrimoniali appare necessariamente univoca, ciò non implica per alcun verso che in termini univoci sia individuato il fenomeno da regolare. Nulla impedisce, infatti, che ad una regola unitaria vengano ricondotti pregiudizi diversificati l"uno rispetto all"altro. Questi - restando comunque tutti classificabili come conseguenze non patrimoniali dell"illecito, e rimanendo pertanto sottoposti al regime di cui all"art. 2059 c.c. – si prestano ad essere distinti, per quanto riguarda i relativi contenuti, secondo contenuti descrittivi differenziati.

Le sentenze delle Sezioni Unite hanno perorato l"accoglimento di una nozione unitaria di danno non patrimoniale quale unico strumento atto ad impedire duplicazioni risarcitorie: cui esse ritengono si pervenga, invece, laddove il medesimo profilo pregiudizievole si trovi ad ricondotto entro distinte categorie, assumendo denominazioni diverse. Ora, è ben evidente che devono essere rigorosamente evitati i tentativi di veicolare il medesimo tipo di compromissioni sotto etichette diverse, determinando così un ingiustificato arricchimento della vittima. Il punto è che un risultato del genere non può essere ottenuto imponendo – alla stregua di quanto affermano le Sezioni Unite – l"accoglimento di una nozione unitaria di danno non patrimoniale. A ben vedere, è proprio un"opzione di quest"ultimo tipo a favorire, semmai, una deriva di carattere duplicatorio. Il ricorso alla generica etichetta di danno non patrimoniale priva, infatti, il giudice di qualsiasi riferimento nella gestione del magma indistinto delle allegazioni prodotte dal danneggiato, sicché il medesimo profilo pregiudizievole potrebbe essere ricondotto entro una varietà di formule, destinate inevitabilmente a riflettersi in un incremento della liquidazione del danno.

L"utilizzo esclusivo della nozione di danno non patrimoniale non permette, in definitiva, all"interprete di chiarire quale sia la natura del fenomeno da regolare. Dando per scontato che ad essere prese in considerazione debbano essere una serie di conseguenze negative (risentite dalla vittima dell"illecito), non emerge all"interno di tale definizione alcun dato utile ad individuare le caratteristiche che concretamente le stesse vengono ad assumere nella realtà empirica[4]. Laddove l"unico dato descrittivo riguarda una qualità individuata in termini negativi, non è possibile trarre nessun genere di indicazione concreta circa i riflessi negativi da prendere in considerazione in capo al danneggiato.

  1. C. La classificazione incardinata sui diversi tipi di illecito

L"adozione della nozione unitaria di danno non patrimoniale obbliga – d"altro canto – l"interprete ad adottare una distinzione tra categorie di danno non patrimoniale fondata esclusivamente sulla diversità della fonte che ha dato origine al pregiudizio stesso. Si tratterebbe, quindi, di individuare tante voci di danno non patrimoniale quante appaiono le figure di illecito suscettibili di determinare compromissioni di carattere non patrimoniale in capo alla vittima; il che porta a una classificazione in cui si distinguono il danno non patrimoniale da lesione della salute, il danno non patrimoniale da reato, il danno non patrimoniale da illecito trattamento dei dati personali, e via dicendo.

Si va incontro, in tal modo, ad una classificazione categoriale del danno non patrimoniale potenzialmente indeterminata. E" ben noto, infatti, come – alla luce della rilettura costituzionale dell"art. 2059 c.c. – le ipotesi di rilevanza dei pregiudizi non patrimoniali appaiono ricollegate a tutti i casi di lesione di interessi della persona costituzionalmente garantiti. Quale che sia il tipo di interpretazione che si voglia dare a tale formula, ci si trova davanti ad un elenco aperto dei casi di torto destinati ad assumere rilevanza sul versante non patrimoniale del danno; il che si traduce nella determinazione di un corrispondente elenco aperto di categorie di pregiudizi non patrimoniali.

La prospettiva che individua un legame tra danno non patrimoniale e figure di torto individua una serie di voci di danno (differenziate a seconda della fonte genetica) ciascuna delle quali fa riferimento alle generiche ripercussioni non patrimoniali scaturite da quel determinato tipo di lesione. Ciò posto, appare evidente il rischio di incorrere in una duplicazione risarcitoria ogni volta che una determinata fattispecie concreta appaia riconducibile a più d"uno dei casi cui rimanda l"art. 2059 c.c. ; in effetti, se – a fronte di un determinato caso – viene accertata la sussistenza dei presupposti di una pluralità di illeciti, ecco che per ciascuno figura di torto potrebbe farsi luogo alla liquidazione di una distinta posta di pregiudizio, essendo il danno non patrimoniale identificato esclusivamente sulla base della relativa causa generatrice.

Sul piano della liquidazione, la distinzione fondata sulle diverse categorie di illecito determina la necessità di elaborare regole ad hoc suscettibili di convogliare la valutazione equitativa entro schemi che consentano ai giudici di rispettare quell"omogeneità valutativa ritenuta coessenziale alla nozione di equità[5]. In buona sostanza, si tratterebbe di costruire – sul modello di quanto avvenuto per il danno non patrimoniale cagionato da lesione alla salute (e di danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale) – tabelle di riferimento utili a determinare la conversione in denaro delle compromissioni non patrimoniali correlate a ciascun tipo di torto. Resta – peraltro - da chiarire quali siano i criteri destinati ad influenzare i valori compresi nelle tabelle: i quali, in vista dell"indeterminatezza che connota la generica nozione di danno non patrimoniale, rischiano di essere incentrati sulle caratteristiche che assume l"illecito, piuttosto che sulle conseguenze dallo stesso determinate.

Va segnalato, poi, come un sistema del genere implica uno sviluppo autonomo quanto alle tabelle di liquidazione applicabili a ciascuna categoria di danno non patrimoniale. Lo stesso appare, quindi, privo di qualunque correlazione (e conseguente proporzionalità) tra le varie figure di illecito. Può accadere allora, in una prospettiva del genere, che il danno non patrimoniale determinato dalla lesione della riservatezza di un noto calciatore possa essere liquidato in misura tripla rispetto al pregiudizio non patrimoniale risentito dai genitori per la perdita del figlio[6].

La strutturazione del danno non patrimoniale distinta sulla base delle categorie di illecito determina, infine, un vuoto di riferimenti per quanto concerne la gestione delle nuove figure di illecito (intese sia come casi di emersione di interessi in precedenza non rilevanti in termini di ingiustizia e, più frequentemente, come ipotesi in cui ad emergere sia la rilevanza delle conseguenze non patrimoniali delle stesse). In casi del genere, si tratta di risolvere un duplice problema.

La prima - e fondamentale - questione riguarda l"accertamento circa la rilevanza della fattispecie nell"ambito del sistema limitativo previsto dall"art. 2059 c.c.[7]. Sotto questo profilo, le nuove frontiere lungo le quali è chiamato a cimentarsi l"interprete riguardano la lesione di quelle posizioni che, pur rivestendo carattere patrimoniale, appaiono altresì intessute di una forte valenza personale: da questo punto di vista, la giurisprudenza si è trovata ad affrontare, secondo prospettive non univoche, il problema del mancato godimento della casa di abitazione[8] e quello riguardante la perdita dell"animale d"affezione[9].

Una volta sciolta in senso positivo la questione riguardante la rilevanza risarcitoria del danno non patrimoniale, il giudice si trova – poi - a dover applicare la regola della valutazione equitativa senza avere a disposizione alcun riferimento sulla base del quale poter individuare la somma ritenuta congrua a ristorare il pregiudizio non economico risentito dalla vittima. Se, infatti, ciascun danno viene identificato esclusivamente in ragione della relativa causa generatrice, l"interprete si trova costretto a elaborare autonomi criteri di quantificazione ogni volta che la fattispecie rivesta carattere di novità.

  1. D. La classificazione per voci descrittive

A fronte dei problemi che pone una classificazione del danno non patrimoniale incentrata esclusivamente sulle differenti tipologie di illecito, più opportuno risulta allora rivolgersi ad una classificazione per categorie basata sulla natura delle varie conseguenze non patrimoniali che debbono essere prese in considerazione.

Bisogna, anzi tutto, partire dalla constatazione che una rigorosa individuazione dei contenuti riconducibili a ciascuna voce descrittiva permette di respingere le obiezioni delle Sezioni Unite, sventando qualsiasi rischio di duplicazione. La precisa distinzione, sul piano dei contenuti, tra le varie componenti dell"area non patrimoniale è – anzi - l"unico sistema che permette di sfuggire alla trappola della moltiplicazione dei danni. In effetti, una volta chiarito che un determinato tipo di ripercussione appare riconducibile ad una – ed una soltanto – voce ben precisa, della sua incidenza si verrà a tener conto, sul piano liquidatorio, soltanto quando quest"ultima venga tradotta in denaro.

La distinzione delle varie componenti dell"area non patrimoniale - la quale appaia fondata sui contenuti da ricondurre alle varie aree (e prescinda, pertanto, dalla lesione che a quelle compromissioni abbia dato origine) - permette, d"altro canto, di individuare un sistema di liquidazione trasparente. Solo attraverso di essa, infatti, è possibile procedere ad una verifica quanto al rispetto di quel principio di integralità del risarcimento che le Sezioni Unite ritengono fondamento imprescindibile della liquidazione del danno non patrimoniale[10]. Soltanto ove si proceda alla distinta individuazione e valutazione delle varie componenti del pregiudizio è possibile, infatti, verificare che tutte le compromissioni patite dalla vittima siano state prese in considerazione e adeguatamente tradotte in denaro. Diversamente, la determinazione di una cifra onnicomprensiva non rende possibile conoscere il peso quantitativo attribuito ai distinti profili pregiudizievoli, onde verificare se la cifra individuata in relazione a ciascuno di essi appaia o meno congrua.

Una distinzione delle varie componenti descrittive dell"area non patrimoniale viene del resto operata dalle stesse Sezioni Unite del novembre 2008: le quali tuttavia hanno cura di precisare - al riguardo - che le distinte voci di pregiudizio assumerebbero valenza esclusivamente descrittiva, sicché ciò non implicherebbe "il riconoscimento di distinte categorie di danno". La portata di un"affermazione del genere non appare chiara, una volta osservato che, quando si parla di categorie, si intende riferirsi ad un complesso di cose raggruppato secondo un criterio di appartenenza ad uno stesso genere o specie o tipo. Ora, nell"ampio genere "danno non patrimoniale", si tratta di identificare varie specie di conseguenze, individuando altrettante categorie, tutte riportabili a quella più generale classificazione. In verità, ciò che sembra aver spinto i giudici di legittimità a negare la qualifica di categoria alle voci descrittive del danno non patrimoniale è il timore che un simile riconoscimento possa tradursi in un"automatica risarcibilità del corrispondente pregiudizio. Sotto questo profilo, allora, si tratta di sottolineare che un conto è distinguere e identificare una determinata categoria sul piano delle compromissioni che alla stessa fanno capo, mentre altro – e distinto – problema è quello relativo alla possibilità di procedere al relativo risarcimento; per ciascuna voce descrittiva, una volta accertata la concreta ricorrenza della stessa, si tratta infatti di verificare se ricorrano o meno gli estremi di rilevanza sanciti dall"art. 2059 c.c.

La distinzione sul piano descrittivo di varie voci non patrimoniali non determina – preme ribadire – il rifiuto della più generale categoria del danno non patrimoniale ovvero l"individuazione di poste alternative alla stessa. Si tratta, più semplicemente, di stabilire quali siano i fenomeni riportabili entro la generica nozione di danno non patrimoniale, per permettere al danneggiato di individuare quali di essi siano stati concretamente provocati dall"illecito, provvedendo a fornirne idonea prova alfine di ottenere il relativo risarcimento. La necessità di procedere ad una distinzione delle varie voci di danno è stata, del resto, riconosciuta a varie riprese dai giudici di legittimità: i quali hanno ad esempio affermato, in un"ipotesi di morte del congiunto, che – una volta accertata la ricorrenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto - il giudice di merito è tenuto ad una rigorosa analisi e ad una conseguente rigorosa valutazione tanto dell"aspetto interiore del danno (sofferenza morale) quanto del suo impatto peggiorativo sulla vita quotidiana (danno esistenziale) [11].

In una classificazione mirante a differenziare le varie categorie non patrimoniali sul piano descrittivo, emerge – allo stato attuale del dibattito – una tripartizione dell"area non patrimoniale del pregiudizio: che distingue danno morale, danno biologico e danno esistenziale. In questa logica classificatoria, interrogarsi sulle categorie del futuro significa, allora, chiedersi se possano essere individuate compromissioni non patrimoniali le quali non si prestino ad essere ricondotte entro le voci così individuate. Altro, e distinto interrogativo, è invece quello che – incrociando tale classificazione con quella mirante a individuare una distinzione dei pregiudizi non patrimoniale correlata alla relativa fonte genetica – valuti quali siano i nuovi ambiti in cui è destinata ad emergere la rilevanza del danno non patrimoniale.

  1. E. Le categorie del futuro

In una prospettiva del primo tipo, l"interprete è chiamato a interrogarsi quanto alla possibilità di individuare compromissioni non economiche, provocate dal torto, che non si prestino a essere descritte nei termini di danno morale, biologico oppure esistenziale.

La questione principale verte sull"individuazione di un pregiudizio configurabile nei termini di perdita di chances, laddove tale aspettativa riguardi profili che rivestono carattere non patrimoniale. Si tratta di una questione alquanto spinosa, dal momento che bisogna distinguere – all"interno di tale problematica - investe due distinti profili: quello relativo alle modalità attraverso le quali va ricostruito il nesso causale[12] e quello – del tutto diverso – che riguarda la determinazione del danno da risarcire. E" lungo quest"ultimo versante, allora, che si pone il problema dell"eventuale individuazione di una nuova categoria.

Il nodo, in ambito non patrimoniale, è stato affrontato essenzialmente sul fronte della perdita di chances di sopravvivenza ovvero di guarigione, provocate da errori od omissioni accertate in capo al medico[13]. Si tratta, allora, di chiedersi se questo tipo di perdita possa essere ricondotta entro lo schema generalmente applicato in ambito economico, ove la chance viene configurata come un"entità patrimoniale suscettibile di autonoma valutazione, in quanto corrisponda alla concreta ed effettiva occasione di conseguire un determinato bene della vita di carattere economico (es. possibilità di vincere un concorso).

Un modello del genere, a ben vedere, mal si presta a risolvere la questione del risarcimento a fronte di un illecito che abbia intaccato, in capo alla vittima, la possibilità di sopravvivere più a lungo o le sue opportunità di guarire, nella loro veste di risultati comunque aleatori anche in assenza del torto.

Le differenze sono molteplici. In primo luogo, è evidente che un pregiudizio del genere è destinato ad assumere rilevanza risarcitoria quale che sia la quota di probabilità favorevoli di cui godeva la vittima; così, bisogna ritenere senz"altro che debba contare, sul piano risarcitorio, la riduzione delle chances di sopravvivenza anche laddove queste siano ridotte, e comunque inferiori al 50%.

Più in generale, si tratta di considerare che – al di là delle assonanze definitorie – nell"ipotesi che si viene esaminando viene in evidenza non tanto un pregiudizio concernente la perdita di un possibile vantaggio, da considerare quale bene a sé stante; ad essere intaccata, invero, è piuttosto quella che potremmo definire come attitudine della persona. In buona sostanza, è l"attitudine del soggetto alla sopravvivenza (o alla guarigione) ad essere negativamente intaccata dall"illecito, e come tale deve trovare riscontro sul piano risarcitorio. Ponendosi in questa prospettiva, emerge allora la lesione di un bene che può ben essere ricondotto alla dimensione della salute dell"individuo.

Laddove la lesione venga configurata in questi termini, emerge – allora – la possibilità di ricondurre il pregiudizio subìto dalla vittima entro l"orbita del danno biologico; in accordo con quanto, a ben vedere, accade per quella menomazione che viene configurata quale compromissione della capacità lavorativa generica. Anche quest"ultima, infatti, non rappresenta altro che una privazione di chances, in quanto la lesione alla salute sia tale da impedire alla vittima di intraprendere determinati tipi di attività lavorativa, diversi da quella eventualmente in atto. Altra componente del danno biologico potrebbe, altresì, essere incarnata dalla sofferenza fisica, laddove l"errore diagnostico si sia tradotto in un ritardo nell"intervento palliativo, utile a ridurre o eliminare il dolore.

Oltre alla compromissione di un"attitudine fisica del soggetto, possono manifestarsi altri tipi di conseguenze non patrimoniali legate a tale tipologia di torto. In particolare, il pregiudizio può inverarsi in conseguenze di carattere morale ed esistenziale. Quanto al primo aspetto, è indubbio che la vittima di un errore od omissione medica che incidano negativamente sulle sue probabilità di sopravvivenza e, per ciò stesso, destinata a patire una sofferenza, correlata alla consapevolezza di veder pregiudicata la propria sorte in seguito alla malpractice medica. Del pari, a emergere può essere altresì una componente di carattere esistenziale del danno, laddove l"illecito non abbia consentito alla vittima una diversa programmazione della propria vita, destinata ad aver luogo laddove alla stessa fosse stata fornita una corretta diagnosi[14].

A fronte di tali considerazioni, non sembra allora opportuno fronteggiare la questione configurando l"esistenza - in capo alla vittima – di un"entità non patrimoniale incarnata dalle chances di sopravvivenza la cui compromissione possa essere rappresentata nei termini di pregiudizio risarcibile; piuttosto, si tratta di interrogarsi sulle conseguenze negative di carattere personale che l"illecito ha determinato nel caso concreto, le quali – come abbiamo avuto modo di illustrare – possono essere comunque ricondotte alle voci descrittive nella quali viene attualmente scomposta l"area non patrimoniale del pregiudizio.

Un ampliamento delle voci descrittive del danno non patrimoniale non si pone nemmeno a fronte della problematica dei danni punitivi. L"evoluzione del sistema risarcitorio, che ha visto abbandonare del tutto la funzione affittiva del ristoro del danno non patrimoniale, evidenzia come nessuno spazio per i pregiudizi di carattere punitivo possa oggi essere ritagliato all"interno del sistema aquiliano[15]. L"eventualità di riconoscere il ristoro di pregiudizi del genere si prospetta, pertanto, esclusivamente laddove sia il legislatore a sancire il ristoro di una posta di pregiudizio la cui determinazione non appaia legata per alcun verso alle compromissioni subite dalla vittima, e la cui quantificazione risulti fondata essenzialmente su parametri correlati al comportamento del danneggiante. Casi del genere vanno allora collocati fuori dal perimetro dell"art. 2059 c.c., e del sistema aquiliano nel suo complesso, essendo il relativo riconoscimento fondato esclusivamente su un"esplicita previsione legislativa.

  1. F. Le tecniche di liquidazione per le nuove ipotesi di danno

Resta, a questo punto, da chiedersi come debba orientarsi l"interprete quando il carattere di novità riguardi una fattispecie di illecito a fronte della quale emerga, in maniera inedita, la rilevanza del danno non patrimoniale.

Il problema della liquidazione delle poste di pregiudizio non patrimoniale connotate da un carattere di novità – che non si presta, come tale, ad essere risolto con la tecnica del confronto con i precedenti giurisprudenziali riguardanti casi simili – andrà sciolto alla luce delle indicazioni che, in generale, i giudici di legittimità[16] hanno formulato in ordine alle caratteristiche le quali devono connotare la valutazione equitativa. In particolare, si tratta di far capo a quel criterio di omogeneità di trattamento di casi simili dal quale discende, quale necessario corollario, la necessità di costruire una diversificazione – tra le varie fattispecie di illecito – la quale tenga conto del differente impatto che ogni tipo di torto comporta in capo alla vittima. La misura della liquidazione, pertanto, non dovrà apparire sproporzionata, alla luce del necessario confronto con le somme attribuite a fronte di fattispecie suscettibili di determinare compromissioni analoghe o di più vasta portata.

Un confronto del genere appare praticabile esclusivamente laddove il pregiudizio non patrimoniale risentito dalla vittima venga articolato nelle differenti voci descrittive, in quanto si tratta di individuare quale sia stata in concreto l"incidenza che l"illecito ha determinato rispetto alle varie aree del danno. Una volta individuato sul piano fenomenologico l"impatto negativo risentito dal danneggiato, la misura dello stesso potrà aver luogo attraverso il riferimento – attuato attraverso un confronto di carattere proporzionale - alle ipotesi in cui la giurisprudenza ha già elaborato, per la liquidazione del pregiudizio non patrimoniale, criteri di conversione di denaro che trovano generale applicazione.

 

 



[1] Relazione di Patrizia Ziviz, professore associato di Istituzioni di diritto privato presso l"Università degli studi di Trieste.

 

[2] Cass. Sez. Unite 11 novembre 2008, n. 26972/3/4/5, pubblicate e commentate nelle principali riviste giuridiche; un commento a più voci è contenuto nel volume Il danno non patrimoniale. Guida commentata delle decisioni delle S.U. 11 novembre 2008, nn. 26972/3/4/5, Milano, 2009.

[3] . Le Sezioni Unite affermano, infatti, che "il danno patrimoniale di cui all"art. 2059 c.c., identificandosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, costituisce categoria unitaria non suscettiva di suddivisione in sottocategorie. Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale) risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno".

 

[4]. Né una maggior chiarezza emerge facendo riferimento ad una definizione tratteggiata nei termini di "pregiudizio non suscettibile di valutazione economica".

 

[5] . V. Cass. 7 giugno 2011, n. 12408, in Resp. civ. prev. 2011, 2018, con nota di Ziviz; in Danno Resp., 2011, 939, con note di Hazan e di Ponzanelli. I giudici di legittimità, pronunciandosi in materia di danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla salute, affermano che la valutazione equitativa deve avere di mira un"omogeneità di trattamento con riguardo a compromissioni del medesimo tipo, salva restando la possibilità per il giudice di procedere alla personalizzazione del risarcimento in ragione delle peculiarità proprie del caso concreto.

[6] . V. Trib. Milano 3 settembre 2012, www.personaedanno.it, che liquida un milione di euro a un noto calciatore, rimasto vittima di intercettazioni telefoniche.

 

[7] . La questione appare, com"è noto, alquanto discussa, in quanto si tratta di stabilire la portata della regola che collega la rilevanza del danno non patrimoniale all""ingiustizia costituzionalmente qualificata": per un ragguaglio sulle posizioni assunte dagli interpreti in materia, si permetta di rinviare a Ziviz, Il danno non patrimoniale. Evoluzione del sistema risarcitorio, Milano, 2011, 344 ss.

 

[8] . Sulla questione del mancato godimento della casa di abitazione, la giurisprudenza ha talora considerato risarcibile il danno in considerazione della rilevanza costituzionale dell"interesse colpito (Trib. Roma 8 giugno 2009, www.personaedanno.it; Trib. Firenze 21 gennaio 2011, in Danno Resp., 2011, 405). Ancorare la questione alla valenza di diritto fondamentale da riconoscere alla proprietà rischia tuttavia di apparire riduttivo, considerato che il godimento dell"abitazione può essere fondato anche su altri tipi di situazione, come accade nel caso di contratto di locazione (Trib. Roma 23 settembre 2009, www.altalex.com); senza contare che il pregiudizio corrispondente al mancato godimento dell"immobile ad uso abitativo può derivare anche da vicende quali la revoca illegittima di una concessione edilizia tale da implicare il ritardo nel rilascio del certificato di abitabilità (TAR Puglia 13 maggio 2009, www.personaedanno.it).

 

[9] . La perdita dell"animale d"affezione è questione assai controversa, tenuto conto anche del fatto che le Sezioni Unite del 2008 hanno elencato tale fattispecie tra le ipotesi di danno bagatellare. In senso diametralmente opposto si è pronunciata una successiva sentenza di legittimità, risarcendo il danno morale derivante dal decesso del"animale d"affezione affidato ad una clinica rivelatasi inadempiente con riguardo alla prestazione di cura (Cass. 25 febbraio 2009, n. 4493, in Resp. civ. prev., 2009, 1013). Anche la giurisprudenza di merito appare schierata su posizioni altalenanti, pronunciandosi ora a favore (Trib. Rovereto 18 ottobre 2009, www.personaedanno.it) ora contro (Trib. Milano 20 luglio 2010, in Danno Resp., 2010, 1068; Trib. Sant"Angelo dei Lombardi 12 gennaio 2011, in Danno Resp., 2011, 661).

 

[10] . In materia di danno non patrimoniale, l"applicazione del principio di integrale riparazione comporta la necessità di tener conto, ai fini risarcitori, di tutte le compromissioni non economiche scaturite dalla lesione ed evitare, nel contempo, di liquidare pregiudizi non accertati. Nell"applicazione di tale principio, il giudice è – perciò – tenuto a prendere in considerazione l"intero ventaglio delle ripercussioni provocate dal torto.

 

[11] . V. Cass. 30 novembre 2012, n. 20292, in Resp. civ. prev., 2013, 108. con nota di Ziviz. V. anche Cass. 3 ottobre 2013, n. 22585, www.altalex.com.

 

[12] . V. Cass. 16 ottobre 2007, n. 21619, in Resp. civ. prev., 2008, 323, con nota di Locatelli.

 

[13] . V., ad esempio, Cass. 4 marzo 2004, n. 4400, in Resp. civ. prev., 2004, 1040, con nota di Citarella.

 

[14] . Per una ricostruzione dei differenti tipi di compromissioni non patrimoniali scaturite da una ritardata diagnosi relativa ad una patologia ad esito infausto, v. Cass. 18 settembre 2008, n. 23846, in Danno Resp., 2009, 155, con note di Calcagno e Tassone.

 

[15] . Per l"esclusione della possibilità di inquadramento del danno morale quale danno punitivo v. Cass. 19 gennaio 2007, n. 1183, Foro it., 2007, I, 1460 con nota di Ponzanelli e in Resp. civ. prev., 2007, 1890. con nota di Ciarloni.

 

 [16] . V. Cass. 7 giugno 2011, n. 12408, cit.

 




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