-  Redazione P&D  -  13/09/2012

LA MEDIAZIONE CIVILE OBBLIGATORIA TRA IDOLI FALSI E PROBLEMI VERI – Roberto NATOLI

La giustizia civile è in crisi.

Il debito giudiziario italiano cresce costantemente.

Nonostante le ripetute riforme i tempi del processo civile continuano ad allungarsi.

Le condanne per irragionevole durata del processo sono in costante crescita.

Si è giunti al paradosso di condanne inflitte per irragionevole durata del processo sulla irragionevole durata del processo.

L'ultima risposta offerta dal legislatore italiano è nota.

Il 21 marzo del 2011 è entrato in vigore la mediazione obbligatoria per un'ampia serie di controversie civili e commerciali. L'intento dichiarato è di deflazionare il contenzioso civile innanzi ai giudici statali, togati e no.

L'idea sottesa è che, filtrando l'accesso alla giustizia civile statale, le esigue risorse di cui l'amministrazione della giustizia dispone possano essere utilizzate in modo più efficace. Lo slogan potrebbe essere questo: trattare meno, trattare meglio.

Occorre chiedersi, però, se il mezzo sia congruo rispetto al fine. Se l'intento di rendere più rapida ed efficace la giustizia civile - si potrebbe dire con una sola parola: più giusta - possa essere raggiunto attraverso un procedimento di mediazione obbligatorio previsto quale condizione di procedibilità.

Di là dell'ottimismo della volontà, la ragione, che per natura inclina al pessimismo, risponde di no. E la risposta riposa su considerazioni non banali.

La prima considerazione è di ordine culturale. Fin dagli anni Sessanta del secolo scorso il concetto di ADR fu tematizzato, di qua e di là dell'Oceano, come una risposta al bisogno di giustizia dei cittadini che, per censo cultura razza, incontravano ostacoli nell'accesso alla giustizia statale. Non a caso il tema delle ADR si colorò, negli Stati Uniti, di forti impronte sociali, perché fu studiato come uno dei mezzi per favorire l'integrazione razziale in un paese la cui popolazione è storicamente ibridata. In Europa - e, in particolare, in Italia, grazie all'opera di Mauro Cappelletti e del suo Florence Access to Justice Project - il tema delle ADR fu invece tematizzato (insieme al gratuito patrocinio e alle azioni di classe) quale tappa necessaria per il perseguimento degli obiettivi dello Stato sociale, tra i quali campeggia un diritto alla giustizia per tutti e a costi ragionevoli.

In nessun caso, comunque, la storia culturale delle ADR lascia intravedere un loro uso in funzione deflattiva del contenzioso civile.

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 L"Autore è professore associato di diritto privato presso l"Università degli Studi di Palermo

 




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